Lasciare tutto, raggiungere la banchina e mollare gli ormeggi per ricominciare, chi, almeno una volta nella vita, non l’ha pensato?
Mollare tutto e ricominciare magari da una piccola isola del Mediterraneo, magari da due, magari da “33 isole”, questo il titolo dei due romanzi di Lucio Bellomo. E questa è esattamente la scelta che fa l’autore abbandonando la vita di professore associato all’università di Tolone. Un’esistenza che sta stretta al suo spirito libero. Immaginare una vita sempre uguale a sé stessa alza, in lui, muri di ansia che lo rendono prigioniero di giornate senza sole ma soprattutto senza mare.
Una decisione non proprio di pirandelliana memoria come nella novella “Il treno a fischiato” ma più cauta e diplomatica.
Gli ingredienti dei romanzi: una barca a vela improbabile, un’esperienza nautica traballante, una preparazione all’impresa minimale e tanta forza di volontà e passione. (“33 isole. Da Ustica a San Pietro” e “33 isole da Marettimo a Venezia”. Mursia editore.)
L’autore, dunque, lascia tutto e torna a Palermo con un progetto che germoglia nella sua mente: navigare in solitaria approdando sulle isole più piccole del Mar Mediterraneo e scrivere di chi le abita.
Non una vera indagine sociologica ma una curiosità sociale che si traduce in una domanda fondamentale: quale sia il futuro di queste piccole isole. Una domanda che lascia spazio alle tante storie di vita degli isolani.
Tanti i personaggi che fanno capolino dalle pagine dei suoi due romanzi, giovani donne e uomini impegnati nella difesa della “cultura dell’isola”, nel progetto di un “turismo dell’identità”, impegnati nella valorizzazione scientifica delle piccole isole, nell’evidenziare e perché no pubblicizzare i prodotti unici del loro territorio. Isolani che, probabilmente per ricambio generazionale, non appartengono più a quello stereotipo scomodo di gente dalla mentalità chiusa e restia all’innovazione.
Lucio Bellomo naviga a vista tra queste storie e tra le isole in un mare che non sempre è clemente, spesso al contrario minaccioso e imprevedibile, ma che ogni tanto regala notti calme e silenziose in cui l’autore assapora, come ci dice “La felicità di stare sul mare da solo”.
Lucio ha alle spalle una esperienza da mozzo su un’imbarcazione che attraversa l’Atlantico ma verrebbe da chiedersi se basti questa esperienza, la passione, la tenacia ed il rispetto del mare, di cui Lucio è certamente provvisto, per realizzare una traversata del Mediterraneo e dell’Adriatico. “Occorre metodo e perseveranza, ed occorre comunque una base solida di preparazione, non la preparazione perfetta, finale di anni, ma una basa solida”, ci risponde serio.
Il sogno di mollare tutto e vivere su una piccola isola per l’autore, dunque, non è più un sogno. “Ogni inverno in un posto diverso” ci sembra sorrida, orgoglioso della realizzazione del suo nuovo progetto di vita. Negli ultimi quattro anni lui e la sua compagna, infatti, hanno comprato una barca a vela di circa 45 piedi, vivono a bordo, hanno già trascorso un anno ormeggiati a Carloforte sull’isola di San Pietro e “il prossimo lo trascorreremo ad Ischia.”
L’unica difficoltà di vivere in barca su un’isola, continua Lucio Bellomo “è la bontà e la qualità del porto, d’inverno non ti puoi permettere di stare all’ancora […] ancora il Mediterraneo resta un mare stagionale” e aggiunge che per trascorrere i lunghi inverni su una piccola isola “occorre avere un progetto compatibile con l’isola in cui hai
scelto di vivere”.
Che il suo nuovo progetto sia editoriale? Forse, di certo i piani per le stagioni estive sono chiari “organizziamo per quattro mesi, settimane di charter all’insegna della subacquea” (lui e la sua compagna sono entrambi istruttori di immersioni N.d.A.). Gli itinerari: isola di Ustica, Lampedusa e Linosa e le isole Eolie a settembre.
Irene Nemirovsky ha detto: “Non si può essere infelici quando si ha questo: l’odore del mare, la sabbia sotto le dita, l’aria e il vento.”