Come comportarsi al timone quando c’è cattivo tempo

Cosa e come fare al timone con il cattivo tempo: concentrazione, prudenza e niente panico

Prima di tutto è importante definire cosa s’intende per “cattivo tempo in mare”. Certo, ha poco a che vedere con il sole o la pioggia. Una maestralata piena di sole con otto metri di onda da Nord Ovest al largo, per chi sorseggia un caffè sulla terrazza ridossata di un hotel a Marsiglia è una giornata splendida.

Per chi naviga le cose stanno in maniera diversa e nel caso specifico se si trova nel mezzo del golfo del Leone sono parecchio complicate.

Cattivo tempo mentre siamo al timone per noi è quella situazione per la quale la navigazione diventa dura per barca e equipaggio.

Ne consegue che un valore assoluto di intensità di vento, per quanto rappresenti una informazione indispensabile per chi naviga, non è tutto per definire il cattivo tempo. Dipende ad esempio dalla zona in cui si naviga, e quindi se abbiamo costa sopravento e poco mare, oppure sotto vento con mare molto mosso e potenziali rischi di finire in costa, ma anche dal tipo di barca e di persone a bordo.

Pur considerando che oggi, con le informazioni di cui disponiamo, farsi sorprendere dal cattivo tempo è sempre meno probabile, non possiamo dimenticare che andando per mare, soprattutto nella stagione invernale, incontrare condizioni difficili e dure appartiene alla sfera del possibile.

Detto questo, che fare di fronte a una burrasca? Quella di fuggirla, ossia di mettersi vento e mare al giardinetto, è spesso la soluzione migliore se è praticabile, ovvero se sottovento abbiamo acqua libera e non costa a poche miglia. Nel caso in cui invece si debba per forza allontanarsi da una costa pericolosa senza ridossi o possibilità di rifugio, dovremo cercare di risalire il vento e il mare.

Vediamo il caso in cui si debba e si possa fuggire la burrasca. Di fronte ai tanti vantaggi che comporta questa scelta – meno stress per barca ed equipaggio, poco sbandamento, mare a favore e non contro – c’è lo svantaggio della maggiore instabilità data soprattutto dal moto ondoso.

Le onde che sopraggiungono al giardinetto imprimono una pressione tale da spingere la barca all’orza. Questa spinta ad andare verso il vento sarà maggiore con barche dalla poppa stretta. Se siamo al timone di una barca di questo genere, il nostro lavoro sarà davvero duro ma soprattutto dovremo ricorrere a tutta la nostra esperienza e sensibilità.

Una barca dalle linee molto classiche, con slanci e poppa e prua risucchiate, una volta che parte all’orza in andature di poppa con mare formato, è molto difficile da riprendere. Occorre quindi giocare di anticipo e avere quella sensibilità che cii permetta di prevenire una spinta che, se non contrastata, può traversare facilmente la barca al vento e al mare.

Con barche più moderne, con poppa più larga e più portante, il lavoro del timoniere è identico ma probabilmente meno pesante e la possibilità di recuperare la giusta andatura è maggiore.

In tutti i casi, la sensibilità di chi governa è fondamentale. Anticipare la spinta all’orza significa lavorare in anticipo con il timone portandolo alla poggia gradualmente quando si inizia a intuire l’arrivo dell’ondaQuando si inizia a scendere nel cavo bisogna invece riportare la barra all’orza realizzando un continuo lavoro di poggia e orza per mantenere andatura e rotta.

Altro elemento importantissimo è la velocità. Se siamo troppo veloci e le onde oltre che ripide sono corte, il rischio è quello di infilare la prua nell’onda che ci è appena passata sotto. Viceversa, se si è troppo lenti, l’acqua che corre con l’onda è più veloce della barca e il flusso sulla pala del timone si inverte, ossia l’acqua non lo investe più da prua verso poppa ma al contrario, annullando la sua efficacia con gravi problemi per il mantenimento della direzione. Scesi dalla cresta e finiti nel cavo, la velocità già scarsa, diminuisce bruscamente, esponendo il pozzetto alla possibilità di qualche frangente che rompa al suo interno.

E’ inutile girarci intorno: in queste condizioni l’elemento essenziale per una conduzione sicura è l’esperienza dello skipper. Che non solo deve saper governare con sensibilità e anticipo la barca sulle onde, ma deve anche essere in grado di scegliere quanta superficie velica mostrare al vento. Una soluzione per evitare il rischio di straorze è quella di ammainare la randa e navigare con solo una piccola vela a prua. In teoria così facendo riduciamo un po’ di velocità. In questo caso, nulla ci vieta di farci aiutare dal motore. Una possibilità come detto, anche se nella pratica non mi è mai successo di dovere ricorrere al propulsore meccanico per avere una giusta velocità di fuga dalla burrasca.

Risalire una invece burrasca non solo è davvero dura, ma a volte non è proprio possibile. Ecco perché è di vitale importanza, quando si affronta una navigazione anche solo di media lunghezza, soprattutto nel periodo invernale, pianificarla bene, avendo in mano una buona previsione meteo e in testa una strategia alternativa ai nostri programmi.

Ma se siamo costretti a bolinare dobbiamo essere consapevoli del fatto che stiamo andando incontro alle condizioni più dure per la barca e per l’equipaggio.

Quando si è al timone con il cattivo tempo bisogna essere prudenti e conservativi va dunque benissimo ma non a scapito dell’equilibrio.

Avere un assetto corretto in termini di superficie velica e andatura è determinante. In cosa si traduce? Anche qui è la comunicazione che si instaura fra la barca e il suo comandante è fondamentale. E’ la barca a dirci cosa succede. Se vediamo che per mantenere l’andatura dobbiamo tenere sempre il timone alla poggia, vorrà dire che dobbiamo ridurre randa o addirittura ammainarla. E se siamo molto sbandati, e soprattutto con un beccheggio troppo accentuato, dovremo ridurre anche il fiocco e continueremo a farlo alla ricerca di un sempre migliore equilibrio.

Accennavamo prima alla possibilità di ammainare randa e procedere con solo fiocco anche di bolina.

No, non è un delitto di lesa maestà. Sperimentato più volte, soprattutto con onde corte e non troppo alte e vento teso, si è rivelato un buon assetto per ridurre fatica alle attrezzature e al timoniere pagandolo con un po’ di scarroccio in più.

In queste condizioni, ancora prima di capire come “lavorare” le onde, dobbiamo capire quanto possiamo stringerle. Anche qui è la barca che ce lo dice, e la possibilità che si debba poggiare un po’ più di quanto il vento ci permetterebbe, è sempre in agguato. Stabilita la nostra andatura, il timoniere avrà bisogno di concentrarsi sulla conduzione. Con mare formato e onde lunghe, dovrà orzare salendo sull’onda e poggiare scendendo dalla cresta in modo da evitare che lo scafo cada nel cavo.

Qualunque sia l’andatura scelta o possibile, chi è al timone con il cattivo tempo, una volta messa in assetto la barca, deve affrontare il lavoro più duro, non solo fisicamente. La concentrazione deve essere massima per evitare errori. Quindi se il timoniere è, come è possibile, anche lo skipper, deve essere certo che il resto dell’equipaggio, impegnato o meno in manovra, rispetti le poche basilari regole per la sicurezza: giubbini indossati e cinture armate e agganciate alla life line.

Redazione

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  • Si proprio tutto vero
    L'importanza di saper timonare è fondamentale come peraltro la conoscenza della barca che si sta conducendo. Il mio modesto parere è di non mettersi al comando di una vela se non si conoscono s perfezione tutti i suoi "segreti".
    Buon vento a tutti.

  • Trovo abbastanza corretti i suggerimenti in caso di maltempo anche se non trovo il consiglio di affidarsi al pilota automatico che diminuisce l'esposizione agli agenti meteo avversi diminuendo cosi i rischi di cadute in mare,errori di timonata dovuti alla stanchezza ed aumenta cosi le capacità e la lucidità di decisione con conseguente migliore reattività alle manovre

  • Non si è parlato della possibilità, estrema, di mettersi alla cappa. Ancora galleggiante o parabordo, legato ad una cima, o direttamente alla catena dellancora e metterla in mare per una ventina di metri almeno, la barca si metterà prua alle onde scarrocciando all'indietro in attesa che le condizioni diventino migliori.

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