Antiterrorismo: la Croazia inasprisce i controlli Shengen. Prime multe per chi non dichiara l’uscita dall’Italia

La notizia sta circolando da qualche giorno nei marina friulani. Un diportista è salpato da una darsena di Lignano verso un porto croato e dopo qualche settimana dal suo rientro a Lignano si è visto recapitare una multa di 350 euro per non avere notificato alla polizia marittima italiana l’uscita dal nostro Paese verso uno stato extra Shengen.

Un caso destinato a rimanere isolato? Purtroppo non sarà così. Dal 15 marzo scorso infatti, l’Unione Europea ha approvato un nuovo regolamento antiterrorismo che prevede un controllo sistematico, e non più a campione, di tutti i cittadini che attraversano i confini verso territori non compresi nell’area Shengen. Fra questi, oltre Irlanda, Inghiletrra, Bulgaria, Romania e Cipro, c’è anche la Croazia, una delle mete più gettonate dalle migliaia di barche che attraversano con la bella stagione l’Adriatico per andare a zonzo fra le isole dell’altra sponda.

Schengen controlli Croazia AntiterrorismoL’obbligo di dichiarare alla polizia marittima l’uscita dal nostro Paese verso un paese non facente parte dell’area Shengen, esiste da tempo. In pratica, la destinazione che ha sempre fatto scattare questo obbligo per la gran parte dei diportisti italiani, è proprio la Croazia, a un tiro di schioppo dalle coste italiane e di grande attrattiva per velisti e motoristi. Veramente esigue le cifre che riguardano le crociere verso Inghilterra e Irlanda, partendo dalle nostre coste, o Cipro.

Una norma che, dobbiamo ammettere, è sempre stata disattesa dai più perchè sconosciuta. La prassi consolidata, è sempre stata quella di salpare verso un porto frontiera Croato, fare le pratiche di ingresso e, a fine vacanza, quelle di uscita.

Sino ad oggi, la dichiarazione di uscita dall’Italia veniva fatta dai pochissimi al corrente della norma, ligi al dovere, e da qualche società di charter. Ma le migliaia di diportsti italiani, siamo pronti a scommetterlo, non sono nemmeno a conoscenza di questo obbligo di legge, la cui violazione sistematica però, non ha mai prodotto nessuna ripercussione.

Fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento antiterrorismo. In virtù del quale, la Croazia, o meglio i funzionari che ricevono le nostre richieste di ingresso nei porti dogana, sono obbligati a scansionare i documenti dell’imbarcazione e equipaggio, e inviarli a tre diverse banche dati: quella del Sis, il sistema informativo Shengen, quella dell’Interpol e quelle nazionali relative ai docuimenti rubati o smarriti. E’ attraverso l’incrocio di questi dati che probabilmente salta fuori, agli occhi delle autorità italiane, la violazione delle disposizioni di polizia di frontiera e l’innesco della procedura di sanzione.

Entrata- uscita dal territorio nazionale 2017 Schengen controlli Croazia Antiterrorismo

Dalla questura di Milano ci confermano che la non dichiarazione di uscita dalle acque italiane verso un paese extra Shengen comporta una infrazione amministrativa con relativa sanzione. Diverso, e molto più grave, il caso in cui non si faccia la pratica di ingresso in uno stato extra Shengen perchè configura il reato di immigrazione clandestina.

Dall’ Albatros, società di charter di Rimini, e da World Wide Charter di Caorle, ci confermano che loro la norma la osservano avvertendo la polizia marittima per ogni loro barca che a noleggio esce dalle acque italiane verso le coste croate. Ma non nascondono il fatto che ben pochi diportisti ne sono a conoscenza. Inoltre, una volta fatta la comunicazione, in teoria, e a Rimini succede sistematicamente anche nella realtà, gli agenti della polizia marittima devono presentarsi sul molo per verificare la rispondenza dei dati dichiarati realativi alla barca e alle persone imbarcate.

La situazione già complessa – immaginiamo per un momento cosa potrebbe accadere nel primo fine settimana di luglio con le prime partenze di massa delle crociere – si complica su più fronti. Il primo riguarda il fatto che le funzioni di polizia marittima la può adempiere sia la polizia che il corpo dei carabinieri. Attraverso una logica che sembra sfuggire alla nostra comprensione.

Abbiamo fatto qualche telefonata lungo la costa adriatica. Così da scoprire che chi ha la barca nei marina intorno a Monfalcone, questa dichiarazione di uscita la deve presentare alla polizia di frontiera dell’aeroporto di Trieste. A Grado invece, ci pensano i carabinieri, che hanno anche un modulo da compilare. Ad Ancona invece i carabinieri non ne sanno nulla, se ne occupa la Questura. A Rimini ci pensa la polizia di frontiera in aeroporto, a Marina di Ravenna i carabinieri ci dicono che non hanno mai sentito parlare di questo obbligo, forse se ne occupa la polizia.

Ma se e quando, ognuno di noi dovesse individuare il referente giusto scandagliando porti, aeroporti e caserme, si apre un secondo fronte di incertezza. Come consegnare la dichiarazione? A mano? Si in molti posti lo richiedono. Via mail? Qualcuno l’accetta ma devi avere una posta certificata, altri si accontentano di una mail normale. Su carta libera o compilando un modulo? Dipende, la Legione Carabinieri del Friuli Venezia Giulia, ha predisposto un modulo.

Questa la situazione, da cui discende il fatto che dobbiamo occuparci noi di individuare la procedura di invio della dichiarazione, a quale corpo, dove e attraverso quale modalità. Tutto sommato, ammettiamolo, il problema non è la natura della norma europea, che comunque ribadisce una legge che va rispettata, ma la fraginosità con cui in Italia l’applichiamo. L’unica cosa davvero chiara rimane il rispetto della norma dettata dal mare: a prescindere dalla nostra destinazione, quando salpiamo per una crociera, non dimentichiamo di comunicare la nostra meta e la nostra rotta anche soltanto alla torre di controllo del marina o alla direzione del porto se non alla guardia costiera.

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