“Che mi scusi, si può vedere questa barca in vendita?”. Sia a Genova che in qualsiasi altro boat show l’approccio è identico. Ho volutamente annotato molte di queste situazioni per aggiornarmi sul rapporto che oggi esiste tra gli utenti, gli operatori, i curiosi o i semplici spettatori della nautica da diporto.
Oggi e ancor più domani la vita del venditore è diventata sempre più difficile, poiché l’operatore incomincia a temere chi dimostra di avere le idee chiare sul cantiere e il modello desiderato. Questo è certamente il cliente più potenziale di chiunque altro, ma è rischioso per il confronto che lui si appresta a compiere con chi deve vendergliela.
Da mesi ha già “navigato“ e ha esplorato tutti i siti, è entrato nei blog in cui si scrive, si dialoga e si illustra il modello della barca che lui, ora finalmente al boat show, si appresta a verificare. Non c’è dubbio, lui conosce quel modello meglio di chiunque altro ed è pronto a sottoporre il venditore a una perfida INVALSI orale. Chi vende dieci o più modelli di uno stesso cantiere la sa lunga su ogni tipologia, ma il perfido esaminatore non gli da tregua e, pezzo per pezzo, confronta la sua scienza con la sapienza del venditore. Nell’acquisto di una barca se dovesse crollare la fiducia nel venditore naufragherebbe anche la vendita!
Ho spesso cercato di fotografare nella mia memoria queste scenette ricorrenti nei “boat show”, e posso testimoniare che anno dopo anno, si sono diradati sia i puri curiosi sia gli spettatori, ma sono sopravanzati gli esperti. Internet docet.
Le alternanze tra provvedimenti sbagliati e qualche riforma talvolta azzeccata con gli scenari economici sempre incerti hanno fatto sì che il mercato nautico continui ad essere ondulatorio, altalenante da momenti di ottimistica euforia a depressioni fallimentari.
Avevano tutti applaudito le riforme legislative che avevano reso più leggero lo scenario burocratico e finalmente s’era scoperto che chi andava per mare era emancipato e gestiva la responsabilità delle proprie scelte.
Se così fosse diventerebbe ancor più semplice cimentarsi sull’elemento liquido e, a piccoli passi, s’inizierebbe a esplorare non solo la propria costa, ma spingendosi sempre più in là con la propria barca, si esplorerebbero rotte più impegnative, lo scafo allora potrebbe apparire troppo piccolo e si frequenterebbero le mostre nautiche per cogliere “occasioni” più grandi.
Un occhio alla lunghezza delle barche e uno occhio al budget. Qual’è il giusto compromesso?
Ricordo che un giorno mentre stavo facendo carena, da solo, alla mia barca ed esattamente stavo grattando la vecchia antivegetativa prima di poter stendere quella nuova, mi si è avvicinato un vecchio marinaio che, vedendomi affaticato, pensò bene di trasmettermi il suo pensiero e mi disse: “quando è in acqua si vorrebbe fosse più lunga; all’asciutto, se si decide di far da soli, sarebbe meglio averla molto più corta“.
Buon vento.
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Gent. Sig. Coretti, leggo sempre volentieri suoi interessanti articoli. Oggi vorrei segnalare che la sua affermazione "quindi abolendo l’obbligo della patente", associata alla lunghezza dell'unità, non è corretta. L'obbligo della patente nautica non è legato alla lunghezza dei natanti e delle imbarcazioni.
Claudio.