Foto di Aaron Vick Starnes
Il mondo e il web sono pieni di progetti e indicazioni per costruirsi una barca da soli, e ce n’è per tutti i gusti: dalle piccole canoe ai cabinati, dai catamarani ai piccoli motoscafi. Non tutte richiedono chissà quali abilità manuali (ad esempio quella che abbiamo visto a Düsseldorf), e alcune sono testate per andare ben più in là del giretto sotto costa (vedi i catamarani di ispirazione polinesiana di Wharram). E siamo sicurissimi che ogni barca autocostruita abbia dietro di sè una storia affascinante. Quella di una coppia di Tulsa, Oklahoma (stato degli USA che con il mare c’entra davvero poco) è decisamente fonte di ispirazione.
Doug e Betsy sono da anni completamente dedicati alla costruzione di una barca a vela in ferro di 70′ nel proprio giardino. Dopo aver provato le gioie del fai-da-te nautico costruendo un paio di sottomarini, Doug ha deciso di cimentarsi con la progettazione e la costruzione di Seeker, descrivendo così l’impresa: “Seeker non è solo una barca a vela, e nemmeno uno yacht. Seeker è una barca da lavoro e un sogno, uno strumento per far avverare i sogni. Ho sempre voluto fare qualcosa di grande e coraggioso, qualcosa che riempisse le mie passioni, non solo le mie ore o il mio conto in banca. È cominciato con la costruzione di sottomarini, e quando la mia fiducia in me stesso è cresciuta è diventato costruire Seeker. Quando sarà finita sarò capace di fare tutto ciò che servirà per mantenerla e lei avrà la forza per portarci in giro ad esplorare le meraviglie e i tesori degli oceani del mondo. Seeker sarà a disposizione di avventurieri, esploratori, oceanografi, subacquei, cacciatori di relitti, biologi marini e archeologi. Se volete farne parte, lasciate che vi dia il benvenuto a bordo“.
Passione, quindi, ma anche qualcosa di più: apertura. Doug e Betsy ospitano a casa tutti coloro che vogliono dare una mano a costruire la barca, documentano tutto quello che imparano, errori compresi, con video e dettagliati articoli sul loro sito. Ma soprattutto non sono “schiavi” del risultato. Doug spiega che affrontare il progetto ricercando la precisione organizzativa e di pianificazione non ha senso: fino a un certo punto si può organizzare, ma poi bisogna andare avanti con quello che è disponibile al momento, in termini di strumenti e conoscenza, imparare strada facendo e fare molta attenzione a quello che è il progetto stesso a richiedere. E così Doug, Betsy, e tutti quelli che accorrono da tutte le parti del mondo per aiutarli hanno imparato diverse cose, costruendo Seeker: a saldare e a modellare, certo, ma anche che trovare delle scuse per non fare qualcosa è molto più facile che farlo.
Doug va anche oltre e dice di amare Seeker ma aggiunge che potrebbe considerare l’opzione di lavorare su qualche altro progetto: “Amo quello che faccio, ma su che cosa lo faccio non ha particolare importanza. Fallire è sempre una possibilità, sono il re del fallimento“. E qui non si può non vedere un filo conduttore: dopo Capitan Liz, anche Doug ci dice che per fare le cose in grande è meglio lasciarsi trasportare dagli eventi che non forzarli – la questione si fa filosofica, e lasciamo a chi legge ogni considerazione.
Sono già sei anni che Doug, Betsy e la crescente comunità di persone che sostengono Seeker stanno lavorando. Le cose che hanno fatto sono tantissime, e sia che vi interessi costruire un’elica, saldare uno scafo, restaurare un winch o capire come è possibile mantenere una determinazione così forte su un progetto singolare, potete trovare abbondante materiale sul sito dedicato a Seeker – www.svseeker.com