E’ stato un legittimo dubbio perché in mare non esiste, non ha senso ed è assolutamente inutile l’invocazione “frena”, eppure qualcuno l’ha pronunciata quando quel piccolo missile, poco più di una deriva si è infilato tra lo Swan di Manfredo e l’altra barca che, forse, poteva essere un Bavaria. Certamente ho memorizzato il 168: cioè il numero al mascone di questo intruso che s’era conficcato tra i due cabinati come una supposta, così pittorescamente l’aveva definito Patrizia, accorsa prontamente con un parabordo in mano.
L’ incidente è avvenuto virando la boa del cancello di Miramare in una mezza marmellata di barche disposte nel seguente ordine: il Bavaria a ridosso della boa di destra, lo Swan su cui ero imbarcato a ridosso del Bavaria e un piccolo Comet appiccicato a sinistra dello Swan, per cui il missile s’è infilato dove ha trovato l’unico varco, rimanendo incastrato tra le due barche più grandi.
Volete sapere se sono volate parolacce? Certamente sì tantissime e meritate da parte di tutti gli equipaggi coinvolti, ad eccezione di Lorenzo, il più giovane imbarcato sullo Swan che, dalla sua quadriennale esperienza di regatante in Optimist, ha apostrofato con garbo, ma con un tono molto deciso, “incompetenti, incompetenti, incompetenti“ i malcapitati ammutoliti per la vergogna.
Più volte, durante il primo lato, avevamo udito sul canale 9 del VHF la denuncia di qualche abbordaggio ed era inevitabile che ciò accadesse dopo una partenza, sul lato buono, abbastanza lanciati e tutti con mura a sinistra, costretti poi a recuperare la rotta con mura a dritta sul lato che dava scarso e attraversava il campo di regata.
Il dover lanciare spesso il grido di “acqua acqua“ mi aveva evocato i ricordi delle Barcolane d’altri tempi, quando la regata era meno competitiva e più festaiola, soprattutto fra i partecipanti che restavano in coda al gruppo dei migliori, e dove esplodeva la goliardia nautica.
Tra il suono di una fisarmonica e il coro di vecchie canzoni triestine, nell’immancabile marmellata di barche intorno alla prima boa (ancora non era stata inventata la boa di disimpegno), alle grida “acqua acqua“ qualcuno più pacato si limitava a rispondere “vin vin“, ma poteva capitare il buontempone che esaudiva la tua richiesta con una secchiata d’acqua di mare.
La Barcolana era nata, quasi contemporaneamente, al diffondersi delle “marce longhe“ e quindi si partecipava alla Coppa d’ Autunno con lo stesso entusiasmo più per condividere che per competere o, al massimo, bisognava “farghela vèder“ a quel presuntuoso dell’ormeggio vicino al tuo.
I barcolani subito dall’inizio si erano dati un gran da fare perché sotto sotto c’era il desiderio di rivalsa e l’intento di valorizzare questa insolita competizione velica che rompeva tutte le tradizioni e le consuetudini dell’establishment velico della “sacchetta“, con in testa il blasonato Yachting Club Adriaco, sede della FIV, che inizialmente aveva snobbato la proposta e aveva relegato all’ultimo appuntamento del calendario velico questa astrusa regata “aperta a tutti“.
Una rimembranza storica che mi riaffiora dopo mezzo secolo di progressi sudati e meritati, soprattutto oggi che l’originaria Coppa d’Autunno, ormai nota come la mitica Barcolana entrerà ufficialmente e a pieno titolo nel Guinness dei primati e nessuno oserà confutare che questa sia la regata più affollata del mondo.
Il primato assoluto per numero di partecipanti alla 49sima edizione ha consolidato l’anima di questa ineguagliabile festa della vela alla quale, se possiedi una barca a vela, devi partecipare per aver l’onore di poter dire c’ero anch’io.
Infine penso all’inarrestabile Mitja, con tutto il suo staff, che ha sfiorato l’ubiquità per promuovere l’edizione 2017, al quale non resta che augurare un meritato riposo, ma molto breve però, essendo già iniziato il conto alla rovescia per il cinquantenario della Barcolana. Buon vento