Alla scoperta del Day Charter alla greca

Charter è una parola anglosassone multiuso che letteralmente è derivata dal verbo “to charter“ che vuol dire noleggiare. Quando poi la si usa per volare dubito che chi afferma: “vado in charter“ voglia confidarci che “ha noleggiato un aereo”, anzi ha cercato il modo meno caro per volare.

Per le imbarcazioni calza molto meglio, anche se poi ci sono i distinguo tra il noleggio e la locazione disciplinati dalla legge 172 del 2003.

Ma qui desidero parlare d’altro senza addentrarmi in disquisizioni giuridiche amministrative.

 

Per coloro che usano questo termine per andar per mare, il significato è molto più semplice: prendo una barca per una settimana pago l’affitto e, se ho la patente, me la conduco da solo, oppure ci aggiungo una cifra giornaliera e mi affidano a un “conduttore di imbarcazioni da diporto” che fa più figo chiamare skipper.

Fino a qui mi sembra tutto chiaro.

Con un altro neologismo anglofono è stato introdotto il “day charter“.E questo, da come mi era apparso scritto sui cartelli, appiccicati alla passerella o al pulpito di poppa, mi proponeva che avrei potuto scegliere tra quattro o cinque barche a vela che dondolavano ormeggiate alla banchina di Adamantas nell’incantevole isola di Milos.

Sognavo infatti di poter fare il giro di quest’isola e di vedere dal mare le spiagge irraggiungibili da terra, le coste scoscese che avevo visto nei depliants, le grotte, i faraglioni tra i quali quello del famoso “orso“ di pietra. Le barche adibite a questo servizio le avevo esaminate attentamente, era tutte di cantieri diversi, ma molto simili di lunghezza: intorno o leggermente sopra ai 45piedi, cioè dai 13 ai 15 metri.

Armate semplicemente con randa e genova, tutto abbastanza normale. C’era anche un catamarano, un po’ vecchiotto, ma anche questo della stessa misura dei monoscafi. Curioso mi sono informato subito dei prezzi e dei tragitti che avrebbero fatto.

Centodieci euro a cranio per il cat e settanta per il mono con colazione inclusa; la rotta sarebbe stata decisa alla partenza in base ai venti e quindi si sarebbe fatto solo mezzo giro dell’isola, a destra o a sinistra, sopra o sotto, comunque ridossati. In ogni caso l’escursione sarebbe stata sempre della stessa durata dalle 10 alle 17.

 

Talvolta la fortuna assiste anche i pigri. La sera prima non ho trovato un posto libero sia sui monoscafi sia sul catamarano e, con una certa delusione, ho ripiegato sul grande caicco dove per altro mi hanno chiesto solo 50 euro. Meraviglioso, splendido, non mi poteva andar meglio di così quando ho visto le altre imbarcazioni su cui non avevo trovato più posto. E ci credo!

Su ciascuna delle barche a vela avevano stracaricato circa una ventina di persone e quindi, come s’usa dire dalle mie parti, avevano “portà a spasso el pal“.

Aprire le vele? Figuriamoci! Ho apprezzato l’onesto caicco, con il quale sapevo che saremmo andati smotorando, ho avuto un ampio spazio per sedermi, distendermi, camminare e mangiare comodamente. Però non ho potuto far a meno di mettere in moto il pallottoliere e fare i conti in tasca ai “day charter“. E le ho contate.

La barca a vela, anche con 20 persone si cucca 1400 euro.

Il catamarano con 15 persone si cucca 1650 euro.

Il caicco con 40 persone si cucca 2000 euro.

Beh mi pare chiaro che il rapporto investimento-ricavi penda chiaramente a favore della barca “sedicente” a vela. Ecco chiarito e definito che cos’è il “day charter“: una intruppata più folta possibile a bordo per una smotorata ma …… in Italia si potrebbero caricare 20 persone a bordo di una barca a vela di 13 metri per portarle a vedere, per esempio, Venezia oppure i faraglioni di Capri?

In Grecia e a Milos ciò è possibile: non sarà bellissimo, ma rende il “day charter“.

Buon vento

Gennaro Coretti


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