Clamorosa decisione del ministero dei Trasporti e delle infrastrutture. Circa 30mila tra comandanti e ufficiali di bordo, della marina mercantrile e del diporto, non sono abilitati alla funzione direttiva. In pratica, non sarebbero in grado di fare i comandanti. Dovranno così tornare sui banchi di scuola per seguire corsi di formazione di 300 ore, se ufficiali di coperta, o di 500 ore, se ufficiali di macchina. Pena la non validità dei certificati che abilitano alla professione.
Una decisione che rischia di lasciare senza lavoro la maggior parte delle persone coinvolte compresi i circa 2000 impiegati nel diporto, il cinque per cento del totale mondiale dei professionisti legati agli yacht.
È quanto riportato nell’ultima circolare sui titoli marittimi pubblicata dal Comando generale delle Capitanerie di porto. Ribadisce quanto stabilito dal ministero guidato da Graziano Delrio: i certificati che abilitano alla professione non sono validi perché rilasciati dagli Istituti Tecnici Trasporti e Logistica (come si chiamano gli Istituti Nautici in seguito alla riforma Gelmini), scuole che non hanno superato le verifiche effettuate dall’European Maritime Safety Agency (Emsa).
In sostanza, secondo l’agenzia dell’Unione Europea per la sicurezza in mare, i titoli rilasciati dalle suddette scuole e utilizzati dai professionisti del mare per lavorare quotidianamente, non sono validi perché non conformi alle prescrizioni formative del codice STCW (Standards of Training, Certification and Watchkeeping for Seafarers, la Convenzione internazionale sugli standard di addestramento, abilitazione e tenuta della guardia per i marittimi).
Inoltre, ai tempi dell’ispezione europea mancavano sia la certificazione ISO dei due ministeri coinvolti nella questione – Trasporti e Istruzione, Università e Ricerca- e delle Capitanerie di Porto sia il periodico controllo di qualità, con scadenza quinquennale, effettuato da un ente terzo.
Nel 2013 è stata chiusa la procedura di infrazione che l’Emsa ha avviato nei confronti dell’Italia, stabilendo che da quel momento, ufficialmente, i certificati di competenza non avevano tutti i requisiti necessari, quindi per essere abilitati al comando e più in generale alla professione, i nostri diplomati debbano seguire ulteriori corsi di formazione.
“A questo punto non si capisce perché il Ministero abbia anticipato tale obbligo a tutti i diplomati dall’anno 2002 in poi”, si domanda il comandante Dario Savino, membro del consiglio direttivo di Italian Yacht Master, l’associazione italiana dei comandanti di yacht. Che continua: “Con fatica siamo riusciti ad avere delle informazioni dalla Commissione Europea, visto che il nostro ministero non dà nessuna risposta al riguardo. Non si fa menzione a una retrodatazione del provvedimento e la Commissione lo ha espresso in modo specifico in una comunicazione ufficiale”.
Invece, secondo la circolare delle Capitanerie di Porto, a dover seguire i corsi sono anche professionisti già nel mondo del lavoro da quasi 15 anni. “Corsi da frequentare a spese dell’ufficiale, con un costo che va dai due ai tre mila euro”, spiega il comandante.
“I Ministeri coinvolti – continua Savino – non hanno neanche cercato di correggere il vizio di base, per esempio modificando i programmi dell’Istituto tecnico per la logistica e per i trasporti, e non so se nel frattempo hanno ottenuto la certificazione Iso”.
Un diplomato con un certificato di competenza STCW dovrebbe essere tutti gli effetti abilitato ad una funzione direttiva, mentre oggi verrebbe a lavorare con un certificato di competenza fasullo benché emesso dallo Stato.“Oppure quando mi chiedono di tornare sui banchi di scuola o a dare ancora un esame lo fanno per altri interessi?”, chiede Savino.
La cosa poi rischia di avere un risvolto paradossale, fa notare il comandante, perché: “un domani il legale di un comandante di una nave passeggeri coinvolto in un grosso incidente potrebbe portare sul banco degli imputati il ministero dei Trasporti e il Comando Generale delle Capitanerie in quanto hanno rilasciato il Certificato di Competenza di quel comandante con funzioni direttive, pur sapendo, come dichiarano oggi, che non era in possesso delle competenze direttive. Mi pare ridicolo, ancora prima che preoccupante”.
Il risvolto ulteriore è che si chiede ai marittimi di effettuare il corso il prima possibile con il rischio di perdere gli imbarchi trovati per la stagione prossima. “Un provvedimento che va a colpire chi già lavora, anche in maniera miope: se lavoro da 10 anni senza incidenti è prevedibile supporre che le competenze richieste dal ruolo siano state acquisite. Eppure tutto ciò non è considerato dalla circolare. Le conseguenze – conclude Savino – potrebbero essere drammatiche per i nostri professionisti: perdere la stagione di lavoro estiva, specialmente per i diportisti, è equivalente a perdere un anno di attività. E poi, in campo internazionale, si rischia di screditarci: quale armatore vorrebbe avere un comandate la cui abilitazione rischia di non valere più da un momento all’altro?”
A sostenere la posizione dei comandanti anche Ucina Confindustria Nautica che si espressa attraverso le parole del presidente Carla Demaria: “Ci rammarica dover constatare che questo provvedimento tradisce scarsa sintonia con la situazione generale del Paese, le difficoltà degli operatori economici e ancor più, in questo caso, dei lavoratori”.
La speranza, insomma, è che il ministero riesca a trovare una soluzione che tenga conto dell’esperienza professionale acquisita nel tempo, che non penalizzi direttamente i lavoratori e che, nel frattempo, intervenga sulle scuole.