Certamente la grande voracità predatoria che distingue il dentice corazziere fa sì che le tecniche buone per insidiarlo siamo molte.
Del tutto valida, efficace ed emozionante trovo che sia la traina con il vivo, che però nel cercare questi pesci a grandi profondità ha non pochi limiti. Infatti, quello che ancora non abbiamo detto, è che il corazziere, anche detto Dentice della corona, pur frequentando anche zone dal fondale non eccessivamente alto, diciamo 40/60 m, aree in cui senza troppi problemi riusciamo ad ispezionare le fasce vicino al fondo, magari con l’ausilio di un piombo guardiano, in realtà molto spesso lo troviamo in fondali molto più profondi, sia in inverno che in estate. Questo pesce nuota tranquillamente fino a fondali di 200 m e oltre e, secondo la mia personale esperienza, le zone con fondali tra gli 80 e i 120 m sono quelli che mi hanno dato maggiori risultati in termini di pesci di grande taglia e di giornate di pesca dalle numerose catture.
Pur essendo un pesce che in alcune condizioni di corrente, temperatura e presenza di pesce foraggio, si alza abbastanza dal fondo sulla colonna d’acqua, è comunque un pesce con abitudini piuttosto bentoniche e spesso gli attacchi avvengono molto vicini al fondo. Questa è la ragione per la quale la traina con il vivo, specie in situazioni di forte corrente che possiamo incontrare pescando a certe batimetrie, non è per nulla semplice.
Proprio per questo, credo che, parlando di dentici corazzieri, spesso è importante focalizzare la nostra attenzione verso altri tipi di pesca e, in particolar modo, verso quelle tecniche definite -Pesche in Verticale-. Per questi predatori, in termini di pesche verticali, sono certamente molte le possibilità sui cui un pescatore può optare. Il jigging con i classici jig, lunghi o corti che siano, da animare in base alle caratteristiche dell’artificiale, con recuperi più o meno veloci e con jerkate più o meno rapide, lunghe o corte, è una tecnica che ha dato molti risultati in passato ma che in alcune aree più pressate non sta rendendo come una volta. Sicuramente un’alternativa buona è l’inchiku, tecnica molto utilizzata qualche anno fa per prede minori, si è rivelato del tutto eccezionale per la cattura di grandi predatori, a partire da cernie, per arrivare a ricciole, dentici e grossi corazzieri appunto. Sicuramente per la ricerca di queste ultime prede, oggetto del nostro servizio, gli artificiali da inchiku dovranno essere muniti di adeguati assist e ami proporzionati alla dentatura e al palato di questi pesci dalla grande forza (e non certo impiegati con gli assist e con gli ami con i quali vengono messi in commercio!).
Detto ciò, l’inchiku in molte aree del Mediterraneo continua a dare ottimi frutti, anche se molte volte sono gli esemplari più piccoli ad attaccarlo con maggiore voracità. Ciò non toglie che sia un’alternativa sempre valida e che può regalare quando meno ce lo aspettiamo una cattura da sogno.
Qualche novità
Negli ultimi tempi, non posso certo nascondere però che sono state altre le tecniche e gli artificiali che mi hanno regalato il maggior numero di esemplari di grossa taglia e giornate di pesca con carnieri importanti.
Le tecniche che credo siano le più vincenti in termini di pesca verticale sono il kabura pesante e un’altra tecnica che pratico da qualche tempo, che prevede l’impiego di teste piombate abbinate a shad, ma di quest’ultima parleremo in un prossimo servizio.
Kabura pesante, le tante varianti
Per kabura pesante intendo una tecnica che impieghi artificiali di generose dimensioni da “farcire” con ami molto resistenti. Mai dimenticare che il corazziere si distingue per una bocca ampia e sia la sua mascella che mandibola sono munite di fortissimi denti conici, tra cui ne spiccano alcuni caniniforme e ben sporgenti nella parte anteriore dell’apparato boccale. Un corazziere di taglia, si pensi ad un pesce di 10 chili, per non parlare di uno di 20, possiede nella bocca una forza mostruosa, nulla di paragonabile a quella di un dentice o di altre comuni prede del Mediterraneo.
Personalmente ho visto più volte ami spezzati o aperti dalla potentissima dentatura di questi pesci, dunque, meglio non sottovalutare mai questo aspetto.
Dopo averne provati una grande quantità e modelli molto differenti fra di solo, sono arrivato alla conclusione che i kabura più efficaci sono esche che variano dai 150 ai 300 g, grammature che ci permettono con facilità di raggiungere anche profondità molto elevate in pochi attimi.
I kabura che più amo hanno una forma che ricorda la testa di un polpo, e delle alette laterale che gli rendono stabilità in acqua e una buona fluttuazione e nuoto che noi animeremo con la canna. Amo i kabura che si distinguono per la presenza di un voluminoso gonnellino nella parte bassa dell’artificiale realizzate in materiale gommoso molto morbido e mobile e da almeno un paio di nastri lunghi una ventina di centimetri che ricordano i lunghi tentacoli di un cefalopode.
Nel gonnellino, uniti saldamente agli appositi anelli in acciaio dell’artificiale, nasconderemo i nostri assist hook. Questi saranno realizzati con un cordino apposito. Meglio impiegare materiale molto robusto, specie se non abbiamo intenzione di cambiare i nostri assist ad ogni cattura. La dentatura del corazziere è molto forte e può rovinare cordini troppo fragili. Personalmente non impiego mai cordini da assist inferiori alle 180 lb. Gli ami, come già detto, si dovranno distinguere per una estrema robustezza, punta molto penetrante e curva ampia. Quest’ultima caratteristica permette spesso di bucare il palato del pesce in zone più profonde rispetto alla dentatura e quindi l’allamata è più semplice.
Recupereremo i nostri kabura in maniera lenta, facendoli strisciare e saltellare su rocce e fango, alzandoli alcuni metri dal fondo con del colpetti fatti in verticali con la vetta della canna, che ne animeranno il movimento in maniera accattivante specie se l’intensità data non sarà sempre la stessa.
Anche se non è la scelta più apprezzata dai puristi delle pesche verticali, in molti innescano (decisamente con successo) gli assist hook del kabura (o di artificiali simili) con delle striscioline di calamaro o seppia o, in alternativa, innescando sui due ami (impiegandoli come se fossero un amo trainate, il più alto, e un amo ferrante, il più basso) dei cefalopodi interi (morti o vivi). Anche in questo caso, le esche di maggior successo sono seppie e calamari.