Il drifting al tonno per i neofiti, ecco i primi passi
L’aumento del numero di tonni rossi (in alcune aree si potrebbe parlare anche di ritorno della specie), favorito certamente dalle leggi restrittive che ne disciplinano la pesca e, quindi, dal breve periodo in cui questa specie si può trattenere a bordo, ha spinto molti pescatori sportivi a voler imparare le tecniche di pesca dedicate a questo predatore.
In realtà, il tonno rosso si può insidiare in molti modi, tra cui la pesca a spinning, la traina d’altura, la traina con il vivo ma, certamente, la tecnica più classica con cui possiamo avere alte chance di cattura è quella del drifting. Quest’ultima, se effettuata nel giusto modo può dare ottimi risultati, garantendo il successo in moltissime occasioni e durante lunghi periodi dell’anno. Insomma, se si vuole diventare dei buoni pescatori di tonni, il drifting è certamente un’ottima base da cui partire.
In questo servizio cercheremo di capire insieme quale è l’ “abc” di questo approccio di pesca, cercando di dare alcuni imput che il neofita troverà (ci auguriamo) interessanti e che, quindi, potranno essere di stimolo per poi approfondire questo argomento.
Il primo punto su cui ragionare è certamente la pasturazione. Infatti, una volta arrivati nell’area di interesse (dove si presume ci sia presenza di tonni), scopo principale del drifting è riuscire, tramite una costante pasturazione a base di sardina (ma anche di alacce, alici etc), a far avvicinare i pesci nei pressi della propria imbarcazione dove, appunto, verrà svolta l’attività di pesca vera e propria.
Arrivati sullo spot scelto, possiamo scegliere di pescare all’ancora o a scarroccio. Deciso l’approccio di pesca e una volta effettuati gli inneschi, in genere a base di sarda (ma posso essere realizzati pure con alacce, alici, sugarelli, sgombri, lanzardi e, in alcuni casi, anche con esche vive), si inizia a calare le lenze in acqua. Per fare ciò, è indispensabile impiegare delle zavorre e dei galleggianti.
Una volta che si ha tutto a portata di mano, si parte col filare in acqua la prima lenza, facendo sempre attenzione: il tonno potrebbe abboccare portandoci via il filo dalle mai durante questa prima fase, quindi, mai attorcigliare la lenza intorno al palmo della mano (può essere molto pericoloso). Altra cosa da non fare è lasciare la frizione del mulinello completamente in free, infatti, questo potrebbe comportare un imparruccamento del filo se ci dovesse essere una partenza improvvisa del pesce. Quindi, operare con frizioni morbide ma mai completamente aperte.
Calato il finale, in genere lungo 8-9 m, e iniziando a filare in acqua la lenza madre (le varie congiunzioni tra finale e lenza madre verranno affrontate in un altro articolo) applicheremo su quest’ultima un piombo tramite un elastico legato al filo con una bocca di lupo. Impiegheremo piombi più grandi per le lenze che affonderemo a maggiore profondità e utilizzeremo zavorre più leggere per affondare lenze ed esche che rimarranno, invece, più alte lungo la colonna d’acqua. Per affondare le lenze si può utilizzare un unico piombo o, invece, utilizzare una piombatura “spezzata” impiegando due e tre piombi applicati lungo la lenza.
Posizionata la zavorra, si filerà in acqua filo fino al raggiungimento della profondità desiderata. A questo punto, si applicherà sulla lenza madre un galleggiante. Per questa finalità, gli oggetti più utilizzati sono delle bottigliette o dei palloncini che vengono poi fissati alla lenza tramite un elastico. Lo step successivo è quello di allontanare in corrente il galleggiante dalla barca, tenendo presente di quanto l’esca corrispondente a quel galleggiante sia affondata. La distanza ottimale del galleggiante dalla barca è quella che permetterà all’esca corrispondente di pescare all’interno della scia di pastura, ovvero, alla stessa quota dei pezzi di sarda che scendono verso il fondo.
Nel filare le canne in acqua è consigliabile iniziare dalla canna che posizioneremo più in profondità e che andrà più lontana dalla barca, per poi posizionare quelle più vicine e che pescheranno più in superficie. Generalmente si pesca con più canne (diciamo 3/5).
Facciamo un esempio pratico
Per far capire meglio a chi inizia, possiamo ipotizzare di avere un assetto di pesca con quattro canne. Potremmo immaginare quindi di avere una canna più profonda, posizionata (con il corrispettivo galleggiante) a 40/45 m dall’imbarcazione, una seconda a 20/25 m, una terza a 10/18 m e un’ultima canna messa a svolazzo (come si dice in gergo) senza galleggiante.
Questo è solo un esempio, ovviamente. Starà poi all’equipaggio, in base alle condizioni di mare, e quindi di corrente, decidere quale sia l’assetto di pesca più vantaggioso da adottare in quella specifica giornata dedicata al drifting al tonno.