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Insabbiati e incagliati sugli scogli. C’è una bella differenza fra l’essere finiti su un basso fondale sabbioso e un incaglio in mezzo alle rocce. Prima di tutto per i possibili danni. Spesso praticamente nulli nel primo caso, a volte anche molto pesanti nel secondo. E poi per le diverse possibilità di uscita: alte da un insabbiamento, molto più difficili se intrappolati fra gli scogli.

Iniziamo a considerare la condizione dell’insabbiamento.

La prima cosa da fare è anche la più banale: togliere marcia avanti.

Quindi, se abbiamo infilato la chiglia in un banco di sabbia, solo in un caso possiamo, come primo tentativo di soluzione, dare retromarcia, ossia nel caso in cui la chiglia non finisca con un siluro o addirittura un bulbo dotato di alette. In questi casi infatti, la retromarcia finirebbe solo con il farci insabbiare ancora di più nella direzione opposta.

Se dando retro non accade nulla, o se non possiamo farlo perchè l’appendice della barca non ce lo consente, la cosa migliore da fare è quella di sbandare la barca.

Un metodo è quello di aprire tutto il boma in modo di farlo uscire lateralmente dalla coperta il più possibile e mettere tutto l’equipaggio sulla falchetta dallo stesso lato. Quindi dare retro.

Molto più efficace è il sistema che prevede l’utilizzo del tender. In questo caso si porta sul tender l’estremità di una drizza che passa dalla testa d’albero, la si fissa su un supporto robusto, e si inizia quindi a esercitare una trazione laterale in modo da inclinare la barca e nello stesso tempo trascinarla in acque libere.

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Spesso però il motore del tender è poco potente e non in grado di sbandare la barca o addirittura di trainarla. In questi casi si può utilizzare l’ancora. La si imbarca sul tender con la drizza fissata all’occhio del fuso. Quindi la si affonda lateralmente alla barca alla massima distanza possibile. Per massima distanza si intende il più lontano possibile ma in acque relativamente non profonde altrimenti la capacità di tenuta dell’ancora sarebbe minima.

Una volta dato fondo si inizia a dare trazione usando un winch e aiutando la barca a sbandare spostando tutti i pesi sullo stesso lato dell’ancora.

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Nel caso in cui l’incaglio sia nelle rocce, la situazione è molto più complessa. Condizioni meteo permettendo, ci si dovrebbe immergere per verificare eventuali danni non visibili dall’interno e verificare la situazione del fondale per capire in quale direzione si possa tentare di uscire.

Se l’incaglio non è troppo profondo, possiamo tentare di utilizzare i sistemi visti nel caso dell’insabbiamento. Se viceversa siamo bene incastrati nelle rocce, cercare di sbandare la barca sarà uno sforzo inutile e probabilmente dannoso.

In ogni caso, se un tentativo è possibile, non si deve sottovalutare la presenza di una eventuale corrente per cercare di sfruttarla e non lavorarci contro.

Un grande aiuto sono le maree. Se il guaio l’abbiamo combinato con la bassa marea, l’arrivo dell’alta potrebbe essere la soluzione.

Se non siamo riusciti a venirne fuori da soli occorre chiamare soccorso. Se ci da una mano un diportista come noi, e lo spirito è quello della solidarietà, una bottiglia o una cena offerta sono il minimo. Ma il codice della navigazione regolamenta, pur se con norme approsimative, la questione del compenso per un traino. Non ci sono tariffe fisse e la questione si affronta come una trattativa fra privati. Una volta accordati sul compenso, passare le nostre cime al soccorritore significa nei fatti accettare l’accordo e l’ammontare del compenso da versare.

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Nel caso in cui intervengano dei professionisti, la situazione è, teoricamente, più chiara. Formalmente ci sono tariffe che fanno riferimento e dipendono dalle dimensioni della barca, dal tipo di soccorso e dalle miglia necessarie a portare il natante in salvo. Ci sono società che offrono anche formule di abbonamento, una sorta di Aci del mare. In ogni caso le cifre da sborsare non sono certo basse. Basta andare su internet e digitare “traino in mare” per rendersene conto.

Infine, se interviene la guardia costiera, ricordiamoci che fra i compiti del corpo c’è quello del soccorso della vita in mare e non del recupero del natante.

 

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