Il porto più grande del Tirreno non esiste. Fiumara Grande, la foce naturale del Tevere dove sono ormeggiate circa 4 mila barche, dove sorgono cantieri, club nautici, marina privati, ristoranti, non è mai stato riconosciuto come un porto canale.

I fanali di ingresso sono stati installati da un consorzio di privati, benché autorizzati tecnicamente dall’Istituto Idrografico della Marina Militare, ma nessuno è tenuto a dragare la foce per rendere agibile l’imboccatura perchè si tratta di una foce naturale.

Una parola chiara e definitiva viene dal comandante della Capitaneria di Porto di Roma, il capitano di vascello Fabrizio Ratto Vaquer, che ci ha incontrati per dare una risposta alle domande che avevamo posto nella nostra breve inchiesta della scorsa settimana: Fiumara è ufficialmente un porto? Chi ha la responsabilità della sicurezza della navigazione? Chi deve intervenire per rendere sicuri accesso e uscita?

“Fiumara Grande non è un porto canale – ci ha spiegato questa mattina –  è semplicemente la foce di un fiume navigabile, in cui la navigazione è considerata marittima fino all’aeroporto dell’Urb e la cui sicurezza della navigazione è disciplinata dalla Guardia Costiera di Roma. L’unico porto canale riconosciuto in questa area è quello di Fiumicino paese, rientrante nell’area di competenza dell’Autorità portuale. Lo strumento normativo di riferimento è costituito dal piano stralcio PS5, emanato dall’Autorità di bacino del fiume Tevere, autorità competente unitamente alla Regione Lazio. Esiste, come noto, un piano non ancora del tutto avviato dall’Autorità portuale per la realizzazione di un grande porto turistico e commerciale nel Comune di Fiumicino”.

”.

Come abbiamo visto la scorsa settimana, i fondali alla foce sono ridotti al minimo da una barra che si è creata per l’effetto combinato delle mareggiate, della corrente che porta a valle sabbia e detriti, e dell’assenza di piogge e di relative piene capaci di spazzarla via. Una situazione che chiude letteralmente dentro il fiume migliaia di barche anche solo con un po’ di mare lungo da libeccio o da ovest, ma che soprattutto rende pericoloso l’ingresso anche in condizioni meteo favorevoli, con un serio rischio di insabbiamento delle barche perché la situazione, variabile, è comunque profondamente diversa da quanto indicato dai portolani, che anche nell’ultima edizione concordano nell’indicare 3,20 metri di fondale al centro dell’imboccatura.

Il dato ufficiale sulla quota all’imboccatura di Fiumara Grande è quello dell’ultimo avviso ai naviganti emesso dalla Capitaneria a metà gennaio: un metro e sessanta centimetri.

In teoria non c’è possibilità di ingresso né di uscita per nessuna barca che peschi di più. In pratica, in condizioni favorevoli, seguendo una rotta nord est molto sotto il fanale verde, è rimasto un canale percorribile per poi accostare per est e infilarsi nel fiume. Per il momento e fino a quando i fondali non si muoveranno. E solo per chi conosce il posto, per chiunque altro è meglio evitare.

Al paradosso del porto più grande che non è mai esistito, si associa quello delle attività e insediamenti che sorgono sulle sue sponde. E’ l’autorità di Bacino che le governa, attraverso un piano cui appartiene la cartina che vi mostriamo qui sotto. Le sponde colorate di rosso sono quelle su cui non deve esserci nulla perchè a rischio.

Tevere-foce-insabbiata

Nei primi due tratti rossi, a destra e a sinistra per diverse centinaia di metri, sorgono in realtà due grossi agglomerati abitati da centinaia di famiglie, totalmente abusivi, ma dove i comuni di Fiumicino e Roma hanno portato luce, acqua e fogne. Insomma, una presa d’atto dell’esistente.

Nello stesso modo, si dovrebbe prendere forse atto del fatto che un grande porto esiste e trarne le conseguenze realizzando le opere di manutenzione e messa in sicurezza necessarie.

Ma se il riconoscimento dello status di porto è una iniziativa che spetta alla politica, cosa si può fare immediatamente per non lasciare solo alla speranza di una piena la possibilità di ridare fondali decenti alla foce? Si possono muovere i cantieri, il consorzio, i marina per fare eseguire periodicamente azioni di dragaggio anche a loro spese?

“Certamente possono chiedere alla Regione – ha spiegato ancora il comandante Vaquer – un intervento il cui iter però è tutt’altro che breve. Il dragaggio è una operazione molto complessa, che richiede prima l’analisi dei materiali da asportare e l’individuazione del sito dove portarli. Oggi Fiumara Grande non è nel piano delle attività di dragaggio, quindi i tempi non sarebbero brevi”.

Qualunque soluzione si prenda in esame sembra profilarsi su orizzonti lontani. Quella più seria e coerente con la realtà dei fatti sarebbe un riconoscimento della foce come porto canale, attraverso la convocazione di una conferenza di servizi e l’avvio dell’iter. Oppure con la scesa in campo dei privati, che oltre ad accollarsi le spese dovranno anche affrontare la macchina burocratica.

Al momento, quella più concreta sembra affidata alla speranza di una pioggia intensa e l’apertura della diga di Castel Giubileo a nord della Capitale, che possa spazzare via la barra.

Intanto si profila un altro fine settimana di passione per il circolo velico di Fiumicino che ha già annullato cinque giornate del suo campionato a causa dell’impossibilità per decine di barche di uscire dalla foce. Sabato sono previsti forti venti da sud e domenica meno intensi ma dalla stessa direzione. Per i 104 equipaggi impegnati, si profila un’altra sosta forzata.

 

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