Traina di altura: cosa è la scia e come funzionano le esche .
Quando si arriva sugli spot di pesca, spesso dopo aver percorso un bel numero di miglia, la cosa che più ci freme è quella di tirar fuori la borsa delle nostre esche e filare le prime canne. Prima però di fare tutto ciò, un pescatore intelligente deve cercare di leggere la scia della propria barca e cercare di capire dove è meglio filare determinate esche.
Quindi, arrivati nella zona di pesca, sarà meglio rallentare fino a una velocità media di pesca di 6-7 nodi, e cominciare a osservare la scia dietro di noi e la nostra “Strike Zone”, di cui abbiamo già parlato nel precedente articolo, ovvero quell’area tra lo specchio di poppa e la fine della scia dell’elica o della turbolenza creata dallo scafo della barca. Insomma, la zona dove sarà più facile ottenere degli strike, ovvero catturare delle prede.
Volendo analizzare la nostra scia, vedremo che nell’area centrale di questa c’è la turbolenza dell’elica, quindi un concentrato vorticoso di acqua bianca, che influenza la stabilità delle esche qualora venissero calate in questa turbolenza principale.
Questa scia dell’elica è più profonda sullo specchio di poppa, con la profondità massima sulle eliche, arrivando molto vicino alla superficie a breve distanza. Anche se può sembrare acqua bianca molto compatta, è abbastanza traslucida consentendo ai predatori di trovare le esche al suo interno.
Ai lati di questo flusso centrale, ci sono corsie di acqua più pulita dalla schiuma e con poca turbolenza, a volte quasi nulla. Questa è un’ottima area per filare un’esca, poiché risulterà altamente visibile e quindi sarà in pesca in una zona senza turbolenza, che influenzerebbe invece il suo corretto nuoto.
C’è anche da notare che l’acqua bianca che esce dai lati della barca è molto superficiale e quasi trasparente, costituita principalmente da bolle superficiali. Un’esca filata in quest’area è probabilmente più visibile che in qualsiasi altra area, poiché la superficie bianca e schiumosa metterà in risalto la sagoma dell’esca, ma se risulta caratterizzata da troppa turbolenza potrebbe influire sulla stabilità dell’esca stessa.
Quello che però c’è da tenere a mente è che non si possono mai fare discorsi generici, ci sono molte variabili da calcolare e, inoltre, ogni barca ha una sua propria scia, che cambierà in base alla velocità, in base alle condizione di mare e in base alla direzione di spostamento nei confronti della corrente superficiale. Ad esempio, la scia è più lunga andando contro corrente, invece è più corta navigando a favore di corrente. Dovrai quindi allungare la distanza dell’esca da poppa andando contro corrente, e accorciarla scendendo a favore di corrente.
La strike zone cambia continuamente e per ottenere i migliori risultati dovrai cambiare le posizioni, le altezze e le distanze delle esche al variare delle condizioni.
Cosa fondamentale da prendere in considerazione all’interno della Strike Zone sono le onde che seguono la barca. Si tratta di onde di pressione sollevate dalla barca e di dimensioni diverse a seconda delle dimensioni dell’imbarcazione e del tipo di scafo. La distanza tra le onde di pressione corrisponde circa alla lunghezza al galleggiamento della barca. Queste onde sono una delle cose più importanti nella traina d’altura con le esche di superficie. lInfatti, sarà fondamentale, qualora possibile, posizionate le esche trainate sulla faccia principale dell’onda (ovvero la parte d’onda che guarda la barca).
Osservando queste onde di pressione dietro alla tua barca, noterai che sono più alte e larghe verso lo specchio di poppa, ma poco a poco diventano più basse e più stretti andando indietro nella scia, fino a svanire verso la fine della scia dell’imbarcazione. La faccia dell’onda, che guarda verso la barca, è molto più visibile per un pesce che viene da dietro che non il dorso dell’onda. In genere posizionare l’esca trainata sul terzo inferiore della faccia dell’onda è ideale, in termini di visibilità per il pesce, per un buon ritmo di nuoto dell’esca, e in termini di facilità per il pesce nell’attaccarla nuotando nell’onda.
Alcune barche non hanno quasi onde di pressione, o sono poco percepibili, quindi in queste circostanze il posizionamento delle esche deve seguire meno questi criteri. Più il mare è agitato e scomposto, più è difficile distinguere dove si trovano le onde di pressione (a volte quasi impossibile), ma anche in questo caso con l’esperienza imparerai come le onde appaiono o comunque influiscono sulla scia e, dunque, in quale punto della strike zone le esche si comportano correttamente.
Nessuno mai potrà dirci con certezza il perché un’esca riesce ad ingannare un pesce predatore, però certo è che alcune esche funzionano perché innescano ottime risposte di predazione o comunque di aggressione.
Sappiamo che nel mondo animale tutto ciò che si muove, e in questo caso che nuota, e che può essere catturato è una possibile preda, quindi fonte di cibo. Ovviamente più questo oggetto che nuota assomiglia a una comune preda, e più questa apparirà in difficoltà, oppure malata o ferita, più è probabile che un predatore impegni la sua preziosa risorsa energetica in un attacco. Questa è una risposta naturale all’istinto di predazione. Un qualcosa di intrinseco negli esseri viventi che nascono possedendo tale istinto.
Provate a tirare una pallina davanti a un cucciolo di cane o di gatto, e vedrete che istintivamente questo è portato a rincorrerlo. Una cosa del tutto simile avviene quando davanti ad un predatore in caccia viene fatta correre un’esca. Però, poi, affinché un predatore arrivi ad attaccarla contribuiscono vari fattori, come le sue dimensioni, il colore, il nuoto, la forma, le vibrazione emesse, l’influenza dell’amo e del leader e, cosa assolutamente fondamentale e spesso trascurata, è la zona dove questa viene posizionata dietro alla barca.
Lasciando per altri articoli l’analisi di artificiali come i minnow, le esche di cui comunemente parliamo in traina d’altura sono le esche di superficie, che possiamo definire skirted lures.
Tutti questi tipi di esche, quando vengono trainati nella nostra strike zone, lavorano, o comunque dovrebbero lavorare, con un ritmo preciso in un ciclo che si ripete. Una valida esca da altura dovrebbe funzionare secondo il seguente ritmo: sale in superficie, cattura l’aria (come sia dice in gergo “respira”), rientra in acqua lasciando dietro di sé una lunga scia di bolle d’aria (in gergo si dice che “fuma”) e quando smette di “fumare”, deve risalire per catturare di nuovo aria, quindi per un altro “respiro”.
Quanto sopra spiegato rappresenta un ritmo corretto, ma può succedere che l’esca continui a nuotare sott’acqua avendo finito l’aria intrappolata, quindi senza produrre più una scia di fumo per un certo periodo di tempo, che viene definito periodo “pigro”. Al contrario, invece, l’esca potrebbe tornare in superficie troppo spesso, avendo ancora aria da liberare per la scia di “fumo” sott’acqua, andando invece a espellere l’aria rimasta durante la respirazione successiva.
Sicuro è che ogni esca, di diversa forma e dimensione, seguirà questo ciclo con dei propri tempi. I tempi possono essere molto diversi da un’esca all’altra e con differenti risultati in base alle situazioni.
Possiamo portare l’esempio di alcune esche che hanno tempi di ciclo di respirazione piuttosto lunghi, di 10-15 secondi, come le esche con testa tagliata (più o meno in maniera angolata, vedi foto), ovvero le sliced headed lures, alcune delle quali hanno ritmi anche di 20-25 secondi tra un respiro e l’altro, e che sono piuttosto apprezzate in acque oceaniche.
Io personalmente ho sempre prediletto esche molto attive, con ritmi più veloci.
Infatti sono queste che mi hanno dato sempre i massimi risultati anche in situazioni di pesca piuttosto apatiche, tanto in Mediterraneo che in altri mari. Non a caso le esche che personalmente disegno e sviluppo, come per esempio la collezione studiata per una importante azienda internazionale, da il massimo risultato se fatte lavorare con un ciclo di respirazione tra i 4,5 e i 5,5 secondi.
Queste sono per lo più esche con testa simmetrica, con faccia a coppa più o meno profonda, dette cupped faced lure o cupped nose lure. Queste esche, che possiamo definire anche chugger head, se ben sintonizzate nella scia, studiando il punto di posizionamento, come anche l’angolo di incidenza sull’acqua del filo che collega l’esca, avendo un ciclo della durata di circa 5 secondi, regalano molto soddisfazioni riuscendo a provocare i pesci in maniera vincente.
Ovvio che non tutte le esche funzionano nello stesso mondo, infatti ci sono esche che vengono in superficie e respirano con pochi schizzi sull’acqua prima di immergersi, altre al contrario fanno esplodere la superficie con forte rumore e sollevando acqua e spruzzi. Alcuni si immergono in maniera rettilinea, altre con sbandate, altre esche ancora si tuffano descrivendo un arco profondo e progressivo, altre immergendosi si scuotono di lato, muovendo la testa o lo skirt. Inoltre abbiamo una diversa scia lasciata dietro di sé dall’esca in base al suo modello, quindi la scia di fumo può essere molto sottile come molto vistosa.
Vi chiederete quali fattori sono quelli che influenzano questa cosa, e possiamo dire che ciò dipende principalmente dalla forma della testa dell’esca, quindi dalla sua faccia e dalla sua lunghezza, come pure dalla velocità di traina. La frequenza con cui un’esca esegue il ciclo di lavoro può variare in base al mare, più o meno mosso, dalla posizione dell’esca nella strike zone, dalla velocità della barca, dalla direzione di traina a favore o contro corrente, dall’angolo di entrata della lenza in acqua, dal peso della lenza e dunque dal diametro e dal peso del leader utilizzato.
Un’esca che lavora bene riuscirà a scatenare il predatore che la colpirà con maggiore aggressività e, in questo caso, se l’amo starà lavorando in maniera corretta, lo strike sarà assicurato.
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