Cattivo tempo, mettersi in cappa : quando è tanto brutta che navigare è questione di sopravvivenza

Cattivo tempo, mettersi in cappa .

Abbiamo visto, in condizioni di cattivo tempo, quali siano le cose da fare per preparare la barca e, successivamente, come governare sulle onde. Come spesso ripetiamo, soprattutto nel caso di governo sulle onde, si tratta di norme generali, soggette a variabili che dipendono dal tipo di barca, dalle reali condizioni meteomarine, dalla zona di navigazione.

In tutti i casi,abbiamo preso in considerazione situazioni in cui è comunque possibile navigare seguendo  la nostra rotta. E anche nel caso in cui la burrasca sia così forte da consentire solo di fuggirla – a condizione che sottovento non ci sia costa – stiamo comunque governando la nostra imbarcazione seguendo un’andatura con vento e mare al giardinetto.

Ma ci sono condizioni, fortunatamente rare, in cui non è possibile mantenere alcuna andatura. Condizioni in cui l’obiettivo primario è quello di sopravvivere alla tempesta cercando di salvaguardare l’integrità della barca e quindi la sicurezza dell’equipaggio.

Cappa Filante. La barca mantiene a riva un minimo di vela, con la tormentina bordata sopravento e la rada ridotta al massimo. in questo modo scarroccia avanzando lentamente e creando una remora sopravento dove i frangenti sono meno duri e tendono a ridursi

 

In queste condizioni ci si mette in cappa, ossia si mette la barca nelle condizioni di galleggiare subendo il meno possibile i colpi del mare. Teoricamente se ne distinguono di due tipi: la cappa filante e la cappa secca. In realtà, se si è costretti a mettersi in cappa, di solito si tratta proprio di quella secca, ossia senza alcuna vela issata.

Quella filante invece prevede che la randa sia ridotta, con tre mani di terzaroli e trattenuta sottovento, mentre la tormentina, oppure la trinchetta, siano bordate a collo, ossia che subiscano la pressione del vento con la scotta cazzata sopravento . Infine il timone deve essere fissato leggermente all’orza.

In questo modo la barca riceve il mare al mascone mentre procede molto lentamente scarrocciando sottovento, non completamente nella direzione del vento, ma un poco a proravia del traverso. Questa andatura assunta dalla barca, creerà una remora sopravento che contribuirà ad attenuare i colpi di mare sulla murata esposta della barca.

Se invece siamo in condizioni di prendere una cappa secca, vuol dire che sianmo davvero nei guai. Personalmente non mi è mai capitato di dovere ricorrere a questa manovra, né in Mediterraneo, né in Oceano. Ma è accaduto a molti navigatori che in comune hanno avuto la necessità di sopravvivere a una tempesta che non permetteva di fare altro se non ammainare tutto e chiudersi all’interno dell’imbarcazione.

Cappa secca. La barca è a secco di vele, il timone fissato all’orza e scarroccia sottovento creando una remora che contribuisce a ridurre i frangenti sopravento. In alcuni casi, per mantenere il mascone alle onde, si possono filare dei cavi a prua sopravento

Comne detto, la cappa secca si realizza ammainando tutta la velatura e portando il timone all’orza. In questo modo, la barca scarroccia esattamente nella direzione del vento, ma ha il mare al traverso, seppure i suoi effetti soano attenuati dalla remora che la barca realizza scarrocciando. Per riuscire a tenere maggiormente il mascone verso il mare, molti navigatori hanno sparimentato con efficacia la tecnica di filare dei cavi da prua sul lato sopravento. In altri casi, ha funzionato la messa in acqua di un’ancora galleggiante filata a una distanza di 30 40 metri sempre da prua.

Si tratta, anche in questo caso, di una tecnica descritta in termini generali, con le variabili legate al tipo di barca, al suo peso, all’altezza delle murate, alle sue linee d’acqua.

Una volta assunto questo assetto, l’equipaggio non ha molto da fare in coperta, e solitamente si rifugia all’interno. Ma vale la pena ripeterlo: una cappa filante o secca che sia, è possibile prenderla solo nel caso in cui non ci sia costa sottovento. Anche in condizioni di cattivo tempo, è la terra a rappresentare il pericolo maggiore. Non farsi sorprendere, seguire le previsioni meteo e la loro evoluzione prima di salpare e anche durante la navigazione, con una lettura periodica dei dati di pressione temperatura e umidità, allontanarsi per tempo dalla costa se non siamo vicini a ridossi sicuri, sono misure indispensabili per potere affrontare con maggiori margini di sicurezza una burrasca forte.

Panna. Non si tratta di un’andatira per cattivo tempo ma di un assetto che si realizza con tutta le vela a riva, rada in bando e fiocco a collo. In questo modo la barca si ferma, scarrooccia sottovento avanzando lentamente. E’ utile per fermarsi, anche per prendere una mano di terzaroli, ma non in caso di tempo veramente cattivo

Per concludere il discorso sulla cappa, segnaliamo che impropriamnete viene chiamata cappa anche l’assetto in cui la barca ha tutta la vela a riva, randa completamente lasca e fiocco a collo con timone all’orza. Viene chiamata anche cappa inerte, ma più precisamente il suo nome è panna. Anche in questo caso la barca scarroccia sottovento avanzando pochissimo e creando una remora sopravento. Ma non è certo una’andatura da cattivo tempo. Spesso la si adotta solo per fermare la barca in condizioni di tempo buono o discreto, anche per prendere una mano di terzaroli, o semplicemnete per prepararsi uno spuntino.

 

Nico Caponetto


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Nico Caponetto
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