La brama di possedere uno yacht è sempre evidente fra il pubblico del Nautico, e MIA 63 recita il nome di un walk-around che già di per sé offre un senso di possesso esclusivo. A Genova, parlando in banchina con chi si mostra intenzionato ad averne una, ci viene detto: «nel paradigma d’intenzioni di un armatore, prima viene il desiderio, poi: “volere è potere”…». 

E MIA 63 sa bene come oggettivare tutto quel paradigma, fatto in altri termini di vanità, vezzi e vizi maggiori, a cui gli amanti della nautica di lusso mirano senza sosta. Però il MIA 63 oltre alla bellezza di uno yacht con una prua unica, con cui il design apre le danze di linee e curvilinee magistrali, vanta l’elevata tecnica nautica di Franchini Yachts, cantiere storico posto sul versante del Medio Adriatico. 

MIA 63 prua

Il progetto e la realizzazione

Massimo Franchini, architetto e titolare del cantiere, su impulso di un imprenditore anconetano (che finanzia il progetto), disegna la sua open boat con un piano di coperta concepito intorno alla postazione di comando. Questa è quasi tutta libera di sovrastruttura, non fosse per il T-top che ricalca verosimilmente il tetto di una tuga, quasi come se il disegno del MIA 63 volesse ispirarsi a un sail-yacht, ed è in effetti così. Le opzioni però prevedono anche un MIA 63 completamente “open”, o altrimenti in versione Hard-Top. Chi cerca di più il cielo, potrebbe invece orientarsi sulla versione Sportfly.

Nel MIA 63, l’unico già varato, la sinuosità delle linee dell’imbarcazione vira salutando l’onda stilistica della prua e irrigidendosi nel T-top, sempre protagonista. Questo trova ispirazione completa nel design automotive. Così si aggiungono le spigolature, geometrie taglienti, che restituiscono al MIA 63 modernità e futurismo. Il mix è perfetto e sigla l’incontro estetico fra un iconico speedster e uno yacht all’avanguardia.  

Gli spazi del ponte di prua sono ampi, quasi degni di un superyacht. Crescendo dalla plancetta di poppa le linee di fuga del tek corrono parallele come binari infiniti, ben protetti dalle murate che arrestano la loro corsa soltanto per lasciare spazio alla prua, dominata dai diedri diamantati come un’opera d’arte. È uno spettacolo. 

Franchini YachtsVa ripetuto, il MIA 63 non supera i 20 metri di lunghezza, ma emula molto di quanto offerto nei superyacht, per gli spazi ma anche per il livello di personalizzazione offerto dal cantiere.

Il lusso nelle tre cabine poi ne è la prova. La scelta dell’interior designer e architetto, Marco Veglia, verte sulla dominanza del noce americano, qualora l’armatore non scelga altro legname come il mogano, l’acero o il tek.

La cabina master a tutto baglio non è più piccola di un pied-à-terre metropolitano: 28 metri quadrati. La suite di prua, per gli ospiti speciali, ha invece un’area di 16 metri quadrati e altrettanta finezza dei dettagli e interni su misura. E c’è una cabina doppia, sempre di tutto rispetto.

Senza parlare dei servizi sottocoperta, grandi e davvero strepitosi.

Ma la scelta del layout prevede anche l’opzione fatta di due oppure tre cabine; cabina del marinaio oppure no; cucina in coperta o altrimenti ben inquadrata sottocoperta. Sono tutti sintomi inequivocabili di una «notevole flessibilità di personalizzazione», ci spiega l’architetto Massimo Franchini.  

L’ingegneria nautica è curata da Roberto Prever che pensa alle linee d’acqua della carena perché l’imbarcazione plani bene, come sa fare già a 16/17 nodi, raggiungendo una velocità massima di 30 nodi.

Il composito dello scafo è sviluppato con nanotecnologie di altissimo livello, e lo stampo nasce appositamente per accogliere i due motori Volvo IPS 725 CV, come quelli in dotazione al MIA 63 di Genova, o in opzione più potente fino a 1.000 Cv per motore.

Come si comporta il MIA 63 con una motorizzazione del genere? Benissimo e anche questo è verificato dalle nostre prove in mare.   

Conclusioni

Franchini Mia 63Intanto il primo modello è andato «a un gruppo di spagnoli» e il secondo modello di MIA 63 è già in costruzione. Franchini Yachts poi pare stia pensando a un ulteriore modello di MIA, più rastremato sui «15 metri di lunghezza». E c’è l’idea di armare «una navetta» più grande, circa 24 metri fuori tutto.

Tornando alla brama di possedere uno yacht di questa caratura, c’è un breve epilogo da fare. Alla fine, spogliato dagli artifici del materialismo, è l’istinto umano che vince su tutto in una necessità di dominanza del mare. Come i nostri avi che hanno navigato per secoli, non resta che scegliere con quale barca farlo. 

Il progresso dell’ingegneria nautica applicato sul MIA 63 porta a tanto e lo consente in tutta sicurezza. Due milioni e 300mila euro basterebbero, ma il MIA 63 si può personalizzare tantissimo e quindi il conto finale sarebbe diverso.

Lo yacht è in questo momento ormeggiato a La Spezia. E nell’ottica del “Volere è potere…”, passiamo la parola ai lettori.

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