Sempre più raro in Mediterraneo, il dentice corazziere continua ad avere dei buoni focolai del suo areale nel sud Italia, in special modo in alcune aree della Calabria e della Sicilia e lungo le coste nord dell’Africa. Ancora piuttosto numeroso nella zona dello stretto di Gibilterra, dove è preda molto ricercata, è anche presente in molte aree dell’Atlantico, tra il Portogallo e l’Angola.
Il nome latino è Dentex gibbosus, nome datogli dalla tipica gibbosità ossea nella zona frontale che caratterizza molti degli individui adulti. Pesce dalla livrea di rara bellezza, gli esemplari giovani si distinguono per alcuni raggi spinosi delle pinne dorsali, che possono essere molto allungati e caratteristici, e per un rosa molto acceso. Questo rosa, negli esemplari adulti, si trasforma in un rosso vino che sfuma nel grigio macchiettato, in maniera più o meno evidente, da piccole chiazze nere: dato il loro colore e considerata la loro ben nota rarità, potremmo forse definirli, a buon ragione, i rubini del Mare Nostrum.
Piuttosto, credo, sia importante dedicare molto tempo nella ricerca di spot poco conosciuti dagli altri pescatori e che possono regalare ottimi carnieri. Molto spesso i corazzieri si muovono in branchi ed è frequente avere numerose catture una dietro l’altra, non appena localizzato il luogo dove sono in attività.
Questi posti possono essere piccole secche poco battute, pietre isolate che richiamano pesce foraggio in un’area fangosa, o interessanti risalite del fondale magari trascurate da altri pescatori.
E’ un pesce ermafrodita, dalla biologia molto complessa e intorno alla quale c’è ancora molta ignoranza. Dopo un recente confronto con il mio amico Marco Seminara, Prof. di Idrobiologia presso l’università Roma 1, posso asserire con certezza che sul suo ermafrodismo ci sarebbe da parlare molto, infatti, studi fatti in aree diverse, riportano dati in conflittualità tra loro, indice che questa specie, chiamata pink dentex in inglese, non ha uno stesso comportamento biologico nelle varie zone del suo areale.
Un corazziere cresce in maniera piuttosto lenta, secondo studi comparati effettuati in varie zone del Mediterraneo e dell’Atlantico, si è notato che per raggiungere la lunghezza di circa 90 cm, un corazziere impieghi 16 anni! Insomma, capite bene che una volta che tali pesci vengono eradicati in maniera massicci da una data area, la possibilità che nell’arco di poco tempo si possano ripescare grossi esemplari è del tutto remota.
I corazzieri, come anche i dentici comuni, sono spesso soggetti all’estroflessione dello stomaco legata allo sforzo durante il combattimento che si abbina al barotrauma che subiscono durante la risalita. Perciò, qualora non fossimo costretti a forzare il pesce in maniera esasperata, a causa di rocce taglienti sul fondo o relitti, possiamo optare per recuperare qualche pesce in maniera più cauta e lenta riuscendo a salpare qualche esemplare che non presenta l’estroflessione dello stomaco. Se ciò dovesse avvenire, credo non sia affatto sbagliato restituire lui la libertà, magari dopo aver scattato una bella foto ricordo.
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