PROVA. Grand Soleil 46 LC. Ecco perché è una barca “azzeccata”

di Luca Sordelli

 

Ma come, un Grand Soleil con il roll-bar? Ha addirittura il prendisole col tendalino a prua. Ma siete matti?
Un marchio legato a doppio filo col mondo della velocità, dei cruiser-racer e delle regate “ridotto” a fare scafi per la famigliola in vacanza? Camminerà, o è solo un contenitore per lavastoviglie, boiler e freezer?

Se c’è una barca che lungo le banchine sta facendo molto parlare di sé, è il Grand Soleil 46 LC. Un  po’ perché è una delle più succulenti novità di una stagione non ricca di anteprime ma, soprattutto, per quella “LC”, che campeggia in fondo alla sigla. Sta lì per dire Long Cruise, parla di lunghe navigazioni,  tante miglia lasciate a poppa, sicurezza e comfort. Per i Cantieri del Pardo è qualcosa di strano e in termini di marketing quelle due letterine hanno un valore molto forte.
La nuova sigla nasce per differenziare la serie da crociera pura da quella da crociera veloce, da adesso denominata Performance.  Ecco il perché di tanta curiosità: questo 14 metri segnerebbe l’ingresso di Grand Soleil in un nuovo mondo e fa sorgere molte domande, prima fra tutte se si stia o meno snaturando un marchio.

 

Direi che i “Pardisti” possono dormire sonni tranquilli.
Prima di tutto perché è una rivoluzione più mediatica e a suon di sigle, che non di sostanza. Chi ha un po’ di memoria sa come in passato non tutti gli scafi del Pardo fossero proprio dei missili. L’epoca dei fratelli Jacopin, su tutte, sta a ricordare che in passato Grand Soleil  ha abbondantemente sacrificato il suo fervore corsaiolo-romagnolo al Dio della comodità. E anche ai tempi dell’ IMS e di Marcelino Botin, quando i GS vincevano tutto  sui campi di regata, la produzione di serie era roba ben diversa da quella ottimizzata per correre tra le boe. Insomma, in fondo, nessuna rivoluzione.

Ma i Pardisti possono stare tranquilli soprattutto perché i Grand Soelil 46 LC viaggia, e viaggia bene. L’abbiamo provata in una giornata di poco vento, circa 10 nodi, e mare appena mosso da una fastidiosa onda lunga. Come dire, un vero campo minato per una barca da 12 tonnellate di dislocamento a vuoto, per 14 metri di lunghezza. Ma sono anche le condizioni tipiche dei nostri mari.
I numeri però ve li raccontiamo più avanti. Ora parliamo della carena, e cerchiamo di capire perché funziona.

In realtà è venuta fuori anche un po’ diversa, più “tirata” di quello che mi aspettavo – ci ha detto Marco Lostuzzi, il progettista – se la guardi dall’alto la vedi magra nella zona d’entrata. Lo stesso se la osservi lateralmente, è abbastanza piatta e le uscite tese. Al centro ovviamente è necessariamente “piena”, perché è una barca da crociera e ha bisogno di volumi, va riempita di tutto quello che serve in vacanza. Alla fine anche sul dislocamento abbiamo lavorato comunque bene, non è una barca leggera, ma assolutamente non abbiamo esagerato“. Per essere uno scafo da crociera è quindi molto “lavorato”… “Assolutamente sì. Abbiamo fatto “girare” sui programmi circa 40 carene diverse, prima di arrivare a quella definitiva. Un lavoro che si avvicina di più alla progettazione di una barca, da regata, o da piccoli numeri di produzione. Credo che il primo punto di forza di barca sia proprio questo: non abbiamo fatto rivoluzioni, non abbiamo inventato nulla di storico, ma ogni dettaglio è studiato, lavorato, non manca niente “.

 

 

Gli interni
Anche qui il lavoro fatto è parecchio… la mano è quella dello Studio Nauta, i Grandi Signori di questa epoca nella progettazione di interni delle barche.  Colori chiari, linee rigorosamente orizzontali,  forme pulite, tanta luce. Il marchio di fabbrica è questo.

 

 

Sull’LC 46 per aumentare la luminosità hanno studiato da un lato la soluzione della stretta finestratura sulla parte frontale della tuga per dare luce alla dinette (oltre a quella che arriva dagli altri 14 punti luce naturali);  dall’altro hanno creato due grosse pareti luminose sempre sulla tuga, ma sulla parte verso poppa. Qui la luce, tanta, arriva nelle due cabine che, potendo contare sul “sacrificio” dei gavoni in pozzetto, sono enormi. Luce più volumi: sono veramente due locali notte armatoriali.

Per quanto riguarda la cabina di prua, questa ha dimensioni e volumi (soprattutto di stivaggio) nella media della categoria. Nulla di grandioso, ma è il giusto prezzo da pagare se si vogliono scafi con volumi di ingresso contenuti (a tutto vantaggio delle prestazioni).

 

Ci è piaciuta molto anche la cucina, prima di tutto perché è fatta per essere usata anche in navigazione, con 190 litri di frigorifero e 3,3 metri di piano di lavoro.

 

Le prestazioni
Come vi anticipavamo, la barca si è comportata moto bene, in una giornata non facile di poco vento e onda fastidiosa. I numeri già dicono molto, con 10 nodi di vento reale viaggiavamo sui 6,7 nodi di bolina. Velocità che riuscivamo a tenere alte anche poggiando, issando il gennaker: 6,8 al traverso, circa 5,5 e 4,5 al lasco e in poppa. Sono cifre molto simili a quelle delle polari e sono numeri eccellenti. Il meglio però il GS 46 l’ha dato per tutto quello che riguarda la parte non quantificabile numericamente, parliamo della sensazione “alla guida”. La barca è piacevole da timonare, leggera sulla ruota, agile. Roll-bar o non roll-bar (che per la cronaca è in carbonio e pesa 40 kg), LC o non LC, cammina e cammina bene. Ci è piaciuta anche in uscita dalle virate, con una discreta accelerazione, ricordando che il genoa è solo al 106 % (c’è anche la possibilità di avere l’autovirante al 98%). La postazione del timoniere è comoda, e non viene per niente voglia di mollare il comando, anche perché da qui si fa tutto, visto che le manovre sono tutte raccolte su quattro winch a poppa. Quindi anche tiare a riva il gennaker e poi gestirlo, è piuttosto semplice. La coperta non è certo organizzata per la regata, ma è talmente ampia e sgombra che muoversi è molto facile. L’assenza del carrello del genoa non si fa sentire troppo grazie al paterazzo idraulico e al vang ben rinviato, ala fine a lavorare sulla balumina di randa si riesce.

 

 

Ok, nell’insieme tutto bene,  ma ora partiamo con cosa non ci è piaciuto.

Prima di tutto manca un vero tavolo da carteggio. “Chiccosa” e furba la soluzione scelta da Nauta, con un tavolino che si abbassa e diventa un normale ripiano, o anche la base per un’eventuale cuccetta singola. Una soluzione che ingombra poco e che soprattutto non interferisce con il design del salone.

 

 

 

Ma un carteggio vero, ancor più su una barca che si propone come Long Cruiser, ci vuole e, secondo noi, ci vorrebbe su ogni barca. Si può ripartire col solito ritornello che ormai ci sono l’elettronica e i plotter, sopra e sotto coperta, ma una barca si vive (soprattutto) in navigazione, non solo all’ancora. Magari non ha più senso un carteggio come quello del vecchio Sun Odyssey 45.2. (vedi foto sotto) una sorta di plancia di comando dell’Enterprise…  ma un luogo sacro e inviolabile del comandante, un luogo franco dal caos di creme e occhiale da sole ci vuole. Non è solo un simbolo da capitano Achab, è anche una questione di sicurezza.

 

Non ci sono piaciuti neanche i gradini per scendere sottocoperta. Anche qui vince il principio estetico (bello e coerente con il resto della barca) di avere solo linee perfettamente orizzontali che garantiscono una sensazione di profondità e ampiezza, ma di bolina, magari coi gradini umidi, servono necessariamente quelli sagomati ai lati. E ancora, bene le cabine di poppa grandi, ma hanno rubato spazio prezioso ai gavoni in pozzetto, volumi ce ne sono ma tutti verso poppa. C’è, a nostro avviso, anche un po’ troppa folla in pozzetto dove arrivano le code delle manovre.

 

 

Un male comune praticamente a tutte le barche moderne: “E’ vero, non è bellissimo – ci ha confermato Lostuzzi – è tutto molto “denso” ma ormai si sceglie di lasciare più spazio possibile alle panche e alla zona conviviale, meno a chi deve manovrare. Visto soprattutto che di manovre se ne fanno veramente poche”.

 

 

All’opposto ci è piaciuto moltissimo il posto scelto per l’autogonfiabile (vedi sotto) facile da raggiungere, ma ben protetto.  Restando in tema di plancia di poppa segnaliamo la buona dimensione, 250 x 75 cm, e la facilità di passaggio dal pozzetto: gradini bassi, passaggio largo. Altro punto a favore di questa barca  è poi certamente la larghezza e l’accessibilità dei passavanti, per una coperta che nel complesso è organizzata in maniera molto intelligente.

 

Riguardo alla critica che qualcuno ha sollevato sul fatto che l’LC 46 non è un vero Long Cruiser, o al 100 % un Blu Water Cruiser, non c’è nessun dubbio al riguardo, e lo dice lo stesso Lostuzzi: “Se si tratta di tratta di avere tanta autonomia, di poter fare lunghe crociere in assoluta sicurezza, non c’è nessun dubbio. Ma per fare il giro el mondo bisogna intervenire per attrezzarla in maniera specifica”. La realtà è che, al di quelle due letterine in fondo alla sigla, non vuole essere, un vero blue water cruiser. Provateci voi a bordeggiare nel Tigullio con un Exploration 45 (foto sotto). Con quella (e ci piacerebbe molto provarla veramente, l’abbiamo solo visitata ai saloni) ci prendi a testate gli iceberg. Ma forse non è proprio centrata sul nostro, affaticato, mercato. Scafi così, o ancora meglio l’Expedition 46 disegnato da Pier Paolo Ballerini e h3o Yacht Design (in arrivo per l’anno prossimo, sotto), puntano a piccole nicchie, sono affascinanti, ma non possono fare grandi numeri.

 

E i “Pardisti” più sfegatati stiano tranquilli, l’anno prossimo arriva il 58 disegnato da Umberto Felci, un altro come Lostuzzi che ha la velocità come fede. E a giudicare dai rendering, anche questa volta non ha tradito la sua religione.

 

 

Grand Soleil 46 LC la scheda tecnica
Lungh. f.t.: m 14,72
Lungh. scafo: m 14,00
Lungh. al galleggiamento: m 12,72
Largh. massima: m 4,41
Pescaggio: m 2,3
Peso imbarcazione a vuoto: kg 12.000
Peso zavorra: kg 4.200
Rapporto zavorra/peso imbarcazione:35%

Albero
Frazionato 9/10, due ordini di crocette acquartierate
Poggiato in coperta, in alluminio
Superficie velica randa: mq 54 (60 vers. race)
Superficie velica fiocco (106%): mq 47 (52 vers. race)
Superficie vela gennaker: mq 148
Superficie vela trinchetta: mq 21,5

Motore
Barca in prova: Yanmar 110 HP
Trasmissione: linea d’asse
Elica: pale abbattibili Flexofold
Capacità serbatoi acqua: litri 600
Capacità serbatoi gasolio: litri 3001
Categoria di progettazione CE: A
Portata omologata: 10 persone
Velocità a motore misurate: massima 9,8 nodi; crociera a 2.500 giri 8,8 nodi.

Progetto: Architettura navale, Marco Lostuzzi, Styling interni ed esterni Nauta Yachts
Cantiere del Pardo, Via Fratelli Lumiere 34, Forlì, tel. 0543782404, www.grandsoleil.net

Costruzione
Scafo e coperta sono realizzati in sandwich di vtr con resina vinilestere, anima in PVC. Laminazione a mano, struttura in composito con laminazioni in carbonio nei punti di maggior carico. Giunzione scafo coperta incollata e fascettata. Chiglia: lama in ghisa con scarpone finale in piombo. Disponibile la versione con pescaggio da 2,00 m. Timoneria: doppia ruota e timone singolo, sistema di rimando tradizionale a frenelli e settore. Pala e ruote del timone in composito. Interni: a scelta con finitura a rovere o teak.

Prezzi
Prezzo base: 369.000(IVA esclusa)
Prezzo della barca in prova: 450.000 Euro (IVA esclusa)
Principali extra sulla barca della prova: armo maggiorato, vele, avvolgitore maggiorato, teak sui passavanti, winch elettrici, elica di prua a scomparsa, tavolo in pozzetto,.

 

Luca Sordelli


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Luca Sordelli
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