Lungo la “ferrata” che sovrasta il rifugio Cantore, quasi in cima alle Tofane, sono stato fermato: prima da un Carabiniere, poi da un Finanziere e poi da una Guardia Forestale; tutti volevano verificare la regolaritร delle mie dotazioni di sicurezza: “avete una radio per invocare aiuto?”, “avete una bussola per orientarvi?”, “avete una cassettina di pronto soccorso?”, “avete sottoposto le scarpe alla revisione quinquennale?” e poi altre domande ancora per finire con la richiesta: “avete il salvatesta omologato?”.
Allibito da tali domande, ho replicato con cognizione di causa che solo chi va per mare รจ notoriamente un incapace e perciรฒ lo Stato paternamente lo tutela con sempre rinnovate leggi; chi invece affronta la montagna, indossando le scarpette della “festa”, oppure chi sfreccia sciando veloce fra bambini a spazzaneve e modesti sciatori della domenica, sono tutti escursionisti emancipati e talmente sicuri di se da non necessitare di alcun controllo e prescrizione.
La mia fiction di esordio รจ volutamente tirata per i capelli, ma credetemi rispecchia le diverse attenzioni del legislatore verso chi sceglie di passare il proprio tempo libero al mare piuttosto che sui monti e aggiungerรฒ inoltre che, specialmente sugli sci, nel caso d’incidente, le valutazioni di responsabilitร non sono affatto semplici poichรฉ la dinamica deve essere ricostruita ed interpretata sulla base del Codice della Strada attualmente vigente.
Proprio dal parallelo “strada”-“mare”, il mio amico e grande esperto di sicurezza Umberto Verna, in un suo libro uscito tanti anni fa e intitolato “Dotazioni di Emergenza” afferma che “andar per mare รจ per fortuna una delle cose meno regolamentate che ci siano” e poi aggiunge “pensate a quante regole e convenzioni esistono per viaggiare sulle strade. Per contro, si subiscono piรน controlli ed esistono piรน controllori in mare che sulle strade”. Affermazioni quasi antitetiche che, a mio avviso, sottolineano il baillame che sovrasta questa materia e che induce poi tutti noi a concludere articoli, libri e tavole rotonde con il corale auspicio che ci vuole … piรน informazione e piรน cultura nautica.
Spero di non tediare troppo i miei tre affezionati lettori, se ripeterรฒ solo per gli altri due occasionali, un episodio emblematico capitato molti anni fa in una sfortunata regata nellโAlto Adriatico. Lโimbarcazione “Condor” dellโarmatore Bucker, e giร si intuisce che era condotto da un equipaggio tutto teutonico, nel bel mezzo del Quarnaro, in piena notte, con onde quasi estreme in quella circostanza, disalbera e rischia di affondare trascinato dallโabbondante velatura ancora inferita che si rigonfiava d’acqua.
Lโimbarcazione si salva e ce la vediamo arrivare il giorno dopo nel porto di Rovigno, molto simile a un sommergibile, spinto da un minuscolo fuoribordo che rassomigliava per rumore e intensitร di giri a un vecchio frullatore della gloriosa “Girmi”. Caro Verna, nel tuo libro non รจ contemplato e ti garantisco che non trovi nemmeno traccia nelle leggi, nei regolamenti e nelle ultimissime normative che venga citata lโ insospettata “dotazione” che ha salvato il “Condor” dal naufragio.
I vituperati navigatori dโOltralpe, originari di una nazione lacustre e senza mare, avevano dosato tutti i pesi a bordo, risparmiando anche sul motore, ma non hanno omesso di caricare sotto coperta una potente troncatrice, quelle grandi con i manici rossi e lunghi un metro, che ha consentito allโequipaggio, in pochissimi minuti di recidere tutte le sartie e gli stralli, affondando e perdendo l’armamento, ma salvando sia la barca sia gli uomini a bordo.
Personalmente ritengo che tutte le dotazioni prescritte dalle normative siano utili per garantire la “sicurezza” e per fronteggiare “l’emergenza”. Distinguendo questi due obiettivi si assimila il primo alla diligente “prevenzione” dei problemi e il secondo alla “cura” degli stessi.
Nel trattare questa annosa materia non mi sento affatto sminuito se mi unisco al coro di molti opinionisti nautici che da sempre invocano una crescita culturale che, in un Paese con otto mila chilometri di costa, dovrebbe iniziare giร dall’insegnamento scolastico, come avviene per l’educazione stradale inserita nei progetti formativi solo pochi anni fa.
Un’attenta campagna di sensibilizzazione, in Svezia ad esempio, ha fatto lievitare il numero dei diportisti e ha ridotto il numero delle vittime d’incidenti in mare. Francia e Italia si distinguono per la nautica piรน rigidamente regolamentata a differenza di tutti i paesi nordici e degli anglosassoni in particolare che hanno un miglior approccio con la sicurezza.
Non disperiamoci, poichรฉ ho notato che, nonostante i regolamenti mi pare che ancora non lo sanciscano, molti diportisti si sono provvisti dell’asta autogonfiabile per segnalare l’uomo a mare, dimostrando una positiva tendenza all’autodotazione.
Ma aspetto ancora di vedere spuntare in qualche barca la famosa tenaglia troncatrice dei provvidi austriaci: penso sia una attesa vana se qui sulle strade si nota ancora qualcuno che viaggia senza cinture, oppure rifiuta dโindossare il casco in moto in un Paese discolo e fantasioso in cui si รจ arrivati persino a produrre le T- Shirt con il disegno delle cinture di sicurezza.
Buon vento.