È rimasta a Venezia, ormeggiata all’isola della Certosa fino alla festa del Redentore, per poi ripartire alla volta di Bari, Messina, Stromboli, Salerno, Montecristo, Elba, poi Saint-Tropez e Baleari.
Sono venuta apposta per vederla, questa barca speciale: Energy Observer è il catamarano a propulsione rinnovabile che sta facendo il giro del mondo per sensibilizzare sui temi ambientali ed energetici. Ma è anche una barca che ha fatto la storia.
Una barca nella storia
Progettata da Nigel Irens (autore di Idec, Sodebo, Banque Populaire 4 e molte altre), costruita da Canadair e varata nel 1983 col nome di Formule TAG, fu il catamarano da competizione più grande dell’epoca e il primo costruito in kevlar-carbonio. Misurava 75 piedi e batté con Mike Birch il record di velocità sulle 24 ore, coprendo 524 miglia in un giorno.
Fece altre regate con Mike Birch, poi fu danneggiata da un incendio e poi fu riparata e modificata e poi disalberò e poi fu messa in vendita.
Nel 1993 viene acquistata da Sir Peter Blake e Sir Robin Knox-Johnston per partecipare al Trophée Jules Verne. Diventa ENZA New Zealand e si riempie di frutta: il nome è l’acronimo di Eat New Zealand Apples («mangiate mele neozelandesi») e la barca è sponsorizzata dal New Zealand Apple & Pear Marketing Board, il consorzio delle mele e delle pere.
Al primo tentativo i due navigatori baronetti sono costretti al ritiro e il trofeo viene conquistato da Bruno Peyron, che abbatte il muro letterario del giro del mondo in 80 giorni.
L’anno successivo Enza viene ancora modificata con l’allungamento degli scafi e delle derive e l’aggiunta di una cabina. E vince il trofeo, battendo di nuovo anche il record sulle 24 ore.
Nel 1996 viene nuovamente modificata e acquistata dalla navigatrice Tracy Edwards che la ribattezza Lady Endeavour, poi Spirit of Endeavour, poi Royal & SunAlliance. Batte prima il record di traversata della Manica, poi quello di traversata del Nord Atlantico con un equipaggio tutto femminile. Poi parte per il giro del mondo, ma disalbera ed è costretta all’abbandono.
Nel 2000 cambia ancora proprietario, nome e aspetto: Tony Bullymore la ribattezza Team Legato e la allunga fino a 102 piedi.
Nel 2005 si chiama Daedalus e, sempre con Tony Bullimore, stabilisce il record di traversata dell’Atlantico meridionale.
Nel 2006 si chiama Doha. Nel 2010 si chiama Spirit of Antigua ma la sua fortuna cambia, perché si rovescia durante un trasferimento nel golfo di Biscaglia.
Giace a Brest, abbandonata in pessime condizioni, finché nel 2013 viene messa all’asta e recuperata da Fred Dahirel che a Lorient la trasforma in Neocit Observer, dotandola di una cabina e di due motori elettrici ad alimentazione solare, eolica e a idrogeno.
E’ il primo nucleo della spedizione attuale. Mancano i fondi, si cercano sponsor. Si trovano.
Al progetto si aggiunge un altro navigatore francese, Victorien Erussard che è l’attuale comandante di Energy Observer.
La nuova vita
Disalberata e riattrezzata con un motore a propulsione elettrica funzionante grazie a energie rinnovabili e a un sistema che produce idrogeno a partire dall’acqua di mare, il catamarano dei record gira il mondo dal 2017 e fino al 2022 divulgherà il messaggio rinnovabile, testando tecnologie d’avanguardia e interessandosi anche dei problemi ambientali e delle soluzioni locali dei luoghi dove attraccherà.
Non ha più le vele, ma ha due motori elettrici da 41kW ciascuno, 141 mq di pannelli fotovoltaici, due impianti eolici ad asse verticale, un dissalatore per osmosi inversa, un eletrolizzatore per scomporre l’acqua in idrogeno e ossigeno, un compressore di idrogeno a due fasi, due serbatoi di idrogeno da 332 litri, una pila a combustibile che converte l’idrogeno in elettricità, batterie a ioni di litio da 440 V e un kite per coadiuvare la propulsione. Ha anche un software di navigazione a intelligenza artificiale che tiene conto dei parametri ambientali e dei consumi a bordo.
Non si può visitare
Quando vedo le prime immagini dell’arrivo in Italia di Energy Observer, resto a bocca aperta: quegli scafi… Allora questa barca incredibile è qua, sotto casa, tra storia e leggenda. Devo andare a vederla.
Salire su barche che hanno fatto la storia, lo confesso, mi fa un po’ effetto: mi sento un po’ patetica, come quelli che vanno al Père Lachaise a strimpellare la chitarra sulla tomba di Jim Morrison. E però è emozionante, ammettiamolo, e non riesco a resistere.
Mi sono portata anche un’ingegnera per farmi aiutare con la faccenda dei motori, dato che di meccanica non capisco proprio niente.
La hostess ci indica lo spazio espositivo allestito in una tensostruttura. Ci mostra un video in realtà virtuale dove si vedono molti delfini e globicefali ma pochi motori. La mia ingegnera è delusa. E molto irritata da una foto tipo catalogo, con il comandante al timone. Non dobbiamo mica comprarla, dice. Magari.
Nell’esposizione c’è un modellino del motore a idrogeno e la hostess ci spiega che i 141mq di celle fotovoltaiche e i due generatori eolici servono solo ad avviare il motore e che l’idrogeno viene ricavato per elettrolisi dall’acqua marina e che quello in eccesso viene riunito all’ossigeno per creare nuova acqua che viene rimessa in mare. Ma dice che si capisce meglio guardando il sito.
Nella tensostruttura c’è un totem interattivo dove si possono vedere dodici foto della barca e dei suoi impianti, con le spiegazioni. Chiedo se si trovano le stesse informazioni nel sito o se c’è di più, la hostess mi suggerisce di fare delle foto al totem.
Ma la barca, si può vedere la barca? Sa, vorrei scrivere…
Purtroppo il catamarano, mi dice, non si può visitare e il personale al momento è impegnato con gli ospiti. Capisco, gli ospiti. Potrei parlare con un membro dell’equipaggio? Eh ma parlano solo inglese o francese. Inglese o francese fa lo stesso, per me non c’è problema. Ah mais aujourd’hui… pouvez-vous revenir demain? Merci, merci… au revoir.
Peccato. E io che volevo provarla per voi.