Ci siamo. Comincia la stagione in cui (quasi) ogni velista mediterraneo comincia a guardare verso Ovest, sospirando al pensiero dell’oceano. La traversata oceanica a vela è un sogno di molti, moltissimi amanti della navigazione. Pochi lo realizzano, ma in realtà è un’impresa molto più fattibile di quanto si pensi.

Dicevamo che questa è la stagione della partenza dal Mediterraneo verso ovest. Perchè adesso? E come fare per partire? Si può traversare l’oceano con qualunque barca? Si trovano mare grosso e tempo brutto? Quanto tempo ci vuole? Ci si ferma di notte (domanda molto più frequente di quanto possiate pensare)? Dove si arriva? Cosa si fa quando si arriva “di là”?

Tutte domande che ci siamo posti anche noi che la traversata l’abbiamo fatta, e che ci sentiamo fare da chi la sogna. E allora abbiamo deciso di provare a dare delle risposte, raccontandovi la nostra esperienza, parlando con chi di esperienza ne ha molta più di noi, ricordando le emozioni e magari anche i piccoli escamotage che hanno reso le nostre traversate più agevoli.

Cominciamo dall’inizio. Se avete voglia di mettervi alla prova traversando l’Atlantico a vela dovete muovervi subito per cercare un imbarco. Ci sono diversi modi di farlo.

Il più difficile, ovviamente, è quello di partire con la vostra barca, e il tema si meriterà degli articoli a parte su come provvedere alla preparazione, quale rotta seguire, etc. Il modo più facile è quello di rivolgersi ai professionisti che ogni anno traversano l’oceano ed entrare a far parte del loro equipaggio. Vi servirà un po’ di esperienza ma non tantissima, ci saranno sempre loro ad intervenire nei momenti critici, a decidere la rotta, ad assicurarsi che la barca sia a posto.

Esiste anche una via di mezzo, diciamo cosí: cercare un imbarco “alla pari”, cioè senza esborsi o con esborsi limitati alle spese vive di gasolio e cambusa. Le barche che ogni anno si cimentano nella traversata sono moltissime, e una grande maggioranza lo fa iscrivendosi all’ARC – Atlantic Rally for Cruisers – con partenza da Las Palmas de Gran Canaria e arrivo a Rodney Bay, Isola di Santa Lucia. Sono tanti i ragazzi (di ogni età) che nella seconda metà di novembre, poco prima della partenza dell’ARC, affollano le banchine del porto di Gran Canaria offrendosi come marinai, cuochi e tuttofare a bordo per trovare un imbarco. E in molti lo trovano. Aldilà di qualche barca davvero impegnata nell’ARC come in una regata, infatti, la maggioranza degli iscritti sono amatori, famiglie, gruppi di amici che scelgono di iscriversi per traversare sotto un cappello organizzativo che offre corsi di formazione sulla sicurezza, supervisione, posti riservati in porto e altre agevolazioni. Jimmy Cornell, ideatore dell’ARC, ha di recente istituito un’altra traversata organizzata, l’Atlantic Odyssey, con partenza da Lanzarote e arrivo in Martinica. Le tranche di partenza sono addirittura due – a novembre o a gennaio – e le probabilità di trovare un imbarco sono quindi raddoppiate.

Ne abbiamo visti tanti in cerca di imbarco alla pari sulle banchine, e qualche consiglio su come migliorare le chance possiamo darlo.

Andate da soli – la compagnia di un amico può far piacere quando ci si lancia in certe avventure, ma i posti in barca sono limitati per definizione, ed è sempre più facile inserirsi in un gruppo da soli piuttosto che in due.

Studiate le lingue – o, se è troppo tardi per un corso accelerato di inglese o francese, rivolgetevi a barche italiane. Di solito si tendono a prendere a bordo persone con cui ci si può capire.

Imparate a cucinare in barca – i cuochi sono sempre ben accetti a bordo, e saper cucinare vi farà avere un vantaggio competitivo non indifferente. Certo stare sottocoperta a cucinare non è cosa per stomaci deboli con il rollio oceanico, ma ci si abitua presto. Preparatevi una decina di ricette che siano realizzabili nelle particolari condizioni della traversata e dotatevi di cerotti contro il mal di mare per i primi tempi.

Rispolverate le esperienze da baby sitter – le famiglie che traversano l’oceano con bimbi piccoli sono tante, e a loro una mano serve sempre. Raccontate di quando facevate da baby sitter a vostro fratello, a vostro cugino, ai figli dei vicini. E soprattutto non pensiate che sia facile: impegnare un bambino per venti giorni, in uno spazio limitato e solo con l’oceano intorno non è impresa da tutti. Le numerose apparizioni di balene e delfini vi daranno una mano.

 

 

 

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