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La barca improvvisamente sbanda sopravento, parte alla poggia, la velocità aumenta, sbanda sempre di più. In pochi secondi parte una stambata involontaria, il boma spazza la coperta e, se non ha colpito nessuno, va a fare danni con tutto il suo peso. La barca intanto si travesa al mare e al vento, le vele restano sotto pressione, lo spinnaker si riempie d’aria e tiene la barca schiacciata sul mare, con il tangone in acqua che fa pressione sulle sartie. La tenuta dell’albero è in serio pericolo.
Chi ha vissuto una strapoggia, difficilmente se la può dimenticare. La strapoggia è la sorellina più cattiva, molto più cattiva, della straorza. Si tratta sempre di perdere il controllo della barca. Ma se con la straorza, ne abbiamo parlato sulle nostre pagine il mese scorso, il rischio più grosso, tutto sommato, è quello che qualcuno finisca in mare, ma poi la barca finisce con la prua al vento e si ferma, con la strapoggia tutto è molto più violento e la possibilità di fare danni seri è altissima.
Visti gli effetti, cerchiamo di capire le cause. E fissiamo due concetti base: la strapoggia, nel 99 per cento dei casi, la si subisce quando si naviga in poppa e non è causata da una raffica, ma dallo sbandamento sopravento della barca. Eventualmente la raffica contribuisce a sbandare la barca, ma è il moto ondoso, magari associato a un calo di concentrazione del timoniere, a causare lo sbandamento sopravento e a far perdere il controllo della barca.
Ora senza scomodare teoremi e teoria dei fluidi, che pure sono alla base di queste dimnamiche, posssiamo dire che la nostra barca immesra nell’acqua, avanza in perfetto equilibrio se è dritta. L’acqua si divide a prua e si ricongiunge a poppa scorrendo sui due lati alla stessa velocità. Ma ecco che si inclina, e lungo la parte più immersa l’acqua deve percorrere più strada per ricongiungersi con quella che scorre sull’altro lato, deve quindi aumentare velocità e per questo motivo si crea una depressione che risucchia questa parte dello scafo innescando una rotazione.
E’ il punto di non ritorno di una strapoggiata. Questo sbandamento sopravento può essere causato facilmente dal moto ondoso, oppure – ricordiamoci che stiamo navigando molto laschi altrimenti il rischio di strapoggiare praticamente non c’è – da un passaggio del vento sulle altre mure causato da un salto o da un errore del timoniere.
Che possiamo fare dunque? Innanzitutto non mettersi nelle condizioni di rischio. Se c’è vento fresco si deve navigare un po’ più all’orza, evitando come la peste la poppa e rinunciando allo spinnaker. In questo modo abbiamo eliminato un bel po’ di ingredienti.
Se in crociera tale comportamento equivale a pagare questa maggiore sicurezza con un po’ di strada in più, ci rendiamo conto che in regata questi “sono sacrifici” impossibili da chiedere. In questo caso entra in gioco l’esperienza e la sensibilità di tutto l’equipaggio e del timoniere in particolare.
E’ la classica situazione in cui la barca la si deve “sentire con il culo”. Chi è al timone deve avvertire fisicamente l’effetto del vento e il sopraggiungere delle onde, mantenendo, con piccole correzioni, l’equilibrio fra la tendenza orziera della randa e quella poggiera dello scafo quando sbanda sopravento. Anche se si è in regata, si deve cercare di evitare di navigare con lo spi completamente quadrato, ossia con il tangone tutto aperto verso poppa, stando un po’ più orzati. Infine i pesi vanno distribuiti in modo corretto, per mantenere la barca il più possibile piatta.
Ma nonostate l’esperienza e la sensibilità, la situazione ci sfugge di mano.
In questo caso il timoniere deve cercare di andare in modo deciso all’orza. Non avrà probabilmente un grande effetto ma è l’unica cosa che può fare.
Il randista deve controllare la randa che ha una ottima possibilità di strambare e, cosa fondamentale, bisogna mollare il braccio dello spinnaker e filare anche qualche metro di drizza spi per depotenziare la vela di prua.
L’equipaggio, se l’inferno non si è già scatenato a bordo, può spostarsi sottovento cercando di equilibrare l’assetto.
Se la strapoggia è partita, queste misure probabilmente non la fermeranno, ma almeno serviranno a uscirne sperando che i danni siano ridotti al minimo. Quindi per tutti noi che amiamo la crociera, le tre regole d’oro sono: navigare fra il lasco e il traverso, ridurre naturalmente vela, evitare la tentazione di dare spi o usare gennaker.