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L’ufficio in barca: il coworking galleggiante

Avete letto bene. Il sogno è diventato realtà.

Da qualche mese, se il vostro impiego vi permette di lavorare in remoto, potete affittare uno spazio ufficio condiviso (e una cabina) su Coboat, un catamarano di 25 metri, attrezzato come un ufficio perfettamente funzionante che naviga per il mondo.

L’idea è venuta a un gruppo di freelance riuniti (ovviamente) su una spiaggia tropicale, in Tailandia, e mette insieme un bel po’ di tendenze che ormai sono diffuse in larga parte del mondo occidentale. Il coworking, ovvero l’utilizzo di spazi di lavoro condivisi per la riduzione dei costi e la messa in comune di idee e servizi, ma anche la ricerca di un contatto più diretto con la natura, di sistemi di produzione più ecologici. La barca è sembrata ai fondatori il luogo ideale per unire le due cose, e il progetto è decollato.

A partire da 980 Euro a settimana potete prenotare il vostro ufficio condiviso navigante. Il prezzo comprende sistemazione in cabina doppia, colazione pranzo e cena, connessione internet illimitata, tasse portuali e costi dei marina, nonchè l’utilizzo dei water toys disponibili a bordo. Il catamarano può alloggiare fino a 20 ospiti, più le tre persone di equipaggio (skipper, cuoco e community manager), e ha un programma di navigazione che prevede nientemeno che il giro del mondo. Potete decidere di lavorare a febbraio alle Maldive e a maggio in Turchia, a settembre in Corsica e a ottobre in Marocco.

Bisogna essere realistici però: chi si può permettere di spendere 1.000 euro a settimana per lavorare da una barca? Non certo i comuni blogger (!), anche se essere “nomadi digitali” è  un prerequisito fondamentale per lavorare in remoto. I fondatori di Coboat si sono evidentemente fatti la stessa domanda e puntano soprattutto su chi vuole cambiare la propria vita e ha bisogno di un deciso cambio di prospettiva, o sugli iper-creativi che possono sicuramente trarre molti benefici dall’ambiente insolito offerto dalla navigazione. È un investimento su se stessi, dicono i fondatori di Coboat, che vorrebbero che il loro progetto contribuisse a “creare un mondo migliore, dove le persone cercano di trasformare le proprie vite e quelle degli altri”.

Altro punto che merita un approfondimento è la tecnologia di bordo: se i problemi di connessione internet sottocosta sono ormai davvero pochi, in alto mare l’utilizzo di tecnologie satellitari non può ancora garantire il 100% di funzionalità. Insomma, se vi imbarcate su Coboat aspettatevi di avere dei momenti di disconnessione. E magari saranno quelli a darvi gli spunti per le idee migliori.

 

La rotta di Coboat

 

Sara Teghini

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