Ellen Macarthur, o delle cose sorprendenti che si imparano navigando in solitario intorno al mondo

Nel 2005 Ellen Macarthur, minuta navigatrice britannica, si aggiudicò il record per la più veloce navigazione in solitario intorno al mondo (71 giorni, 14 ore e 18 minuti per coprire oltre 27.300 miglia – 15,9 nodi di media), strappandolo a Francis Joyon. Subito dopo fu nominata Dama dell’Ordine dell’Impero Britannico, una delle più alte onoreficenze per i navigatori inglesi, ma lei già pensava ad altro: l’oceano le aveva dato l’ispirazione per la sua nuova impresa. In questo Ted talk Ellen Mac Arthur racconta sì il suo sogno di circumnavigare il globo a vela, spiega la fatica, le soddisfazioni, le condizioni estreme, ma racconta soprattutto la sua ispirazione:

È difficile da spiegare, ma si è in una modalità diversa là fuori. La vostra barca è tutto il vostro mondo, e quello che portate con voi quando partite è tutto ciò che avete. Se vi dicessi ora: “Andate a Vancouver e prendete tutto il necessario per sopravvivere per i prossimi tre mesi”, sarebbe un’impresa ardua. Vi servono cibo, carburante, vestiti, perfino carta igienica e dentifricio. Ecco cosa facciamo, e quando partiamo gestiamo tutto fino all’ultima goccia di diesel e all’ultimo pacchetto di cibo. Nessun’altra esperienza avrebbe potuto farmi capire meglio la definizione della parola “finito”. Quello che portiamo è tutto ciò che abbiamo. Non c’è altro. Improvvisamente ho unito i puntini. La nostra economia globale non è diversa. Dipende completamente da materiali finiti che abbiamo solo una volta nella storia dell’umanità.

Questa idea, maturata in solitaria negli oceani, l’ha portata a costituire una una fondazione che si occupa di lavorare con scuole e imprese per favorire la transizione dei nostri sitemi produttivi verso un’economia circolare. Come in barca quando si naviga in altura, dice Ellen, anche nell’intero nostro pianeta abbiamo a disposizione delle risorse finite. Ma mentre in barca stiamo attenti a non buttare via niente, a usare e riusare tutto fino all’ultima goccia, nel mondo i processi produttivi sono pensati per produrre scarti inutilizzabili. Che sia un modello insostenibile lo sappiamo già, ma, secondo Elle Macarthur, è anche modificabile. E lei l’ha già dimostrato una volta che anche le imprese più difficili sono realizzabili.

“In mare dovevo capire sistemi complessi. Dovevo prendere numerosi input, dovevo processarli e dovevo capire il sistema per vincere. Dovevo dargli un senso. Mentre esaminavo l’economia globale, mi resi conto che anch’essa è un sistema, ma non è un sistema a lungo termine. E mi sono resa conto che sono 150 anni che perfezioniamo quella che è di fatto un’economia lineare, in cui estraiamo un materiale, ne creiamo qualcosa e poi infine quel prodotto viene gettato via, e sì, parte lo ricicliamo, ma alla fin fine è un tentativo di recuperare il possibile, non è intenzionale. È un’economia che fondamentalmente non può avere lungo termine, e se sappiamo di avere materiali finiti, perché costruiamo un’economia che di fatto consuma le cose, che crea rifiuti? La vita esiste da miliardi di anni e si adatta continuamente per usare al meglio i materiali. È un sistema complesso al cui interno, tuttavia, non c’è spreco. Tutto è metabolizzato. Non è affatto un’economia lineare, ma è circolare.”

Come sarebbe allora questa economia circolare applicata ai nostri sistemi produttivi?

“Forse non compreremo lampadari, ma pagheremo per l’uso della luce, e i produttori recupererebbero i materiali e cambierebbero i lampadari quando abbiamo prodotti più efficienti. E se gli imballaggi fossero non tossici, e si potessero sciogliere in acqua e potessimo berli? Non diventerebbero mai rifiuti. E se i motori fossero ri-fabbricabili, e potessimo recuperare i componenti e ridurre significativamente la richiesta di energia? Se potessimo recuperare i componenti delle schede elettroniche, riusarli, e recuperare quindi i materiali interni tramite una seconda fase? E se potessimo raccogliere i rifiuti alimentari, umani? Se potessimo trasformarli in fertilizzanti, calore, energia, rimettendo in contatto i sistemi nutritivi, e ricostruendo il capitale naturale? E le macchine — vogliamo spostarci. Ma non abbiamo bisogno di possedere i materiali interni. Potrebbero le macchine diventare un servizio e fornirci mobilità in futuro? Tutto ciò sembra straordinario, ma non sono solo idee, sono reali oggi, e sono l’avanguardia dell’economia circolare. Dobbiamo espanderle ed ingrandirle. 

Sara Teghini

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