di Sara Teghini
Quando non si può navigare davvero, ci si accontenta di navigare sul web: la differenza non è solo l’ambiente chiuso dell’ufficio e la mancanza di quella sensazione impagabile di vento in faccia, ma anche la costante ricerca di novità, di curiosità, di cose nuove, opposta alla bellezza del momento in cui, timonando o alzando gli occhi dal libro in pozzetto, vediamo che non c’è niente di inatteso all’orizzonte, nessun ostacolo, le vele sono regolate bene, e possiamo dirci soddisfatti: “alla via così”.
Considerazioni social-filosofiche a parte, dal web arrivano storie nuove e interessanti di chi naviga davvero, spesso senza una meta precisa, e decide per vari motivi di condividere quello che fa con il popolo dei navigatori momentaneamente in secco utilizzando Facebook, Youtube, Instagram e tutta la gamma dei social media. Ne seguiamo diversi, qui in redazione, di questi naviganti social, e qualcosa dalle loro storie abbiamo imparato.
Per ora sono a spasso in Mediterraneo: la Francia del sud, la Corsica, la Sardegna, la Spagna. E documentano tutto come una sorta di fotoromanzo su Instagram e su un blog, pubblicando foto, descrizioni dei posti, suggerimenti su cosa vedere, trucchi per la sopravvivenza alle diverse tradizioni locali, sensazioni, storie di avventure e disavventure. Da bravi anglosassoni storpiano un po’ i nomi (chiamano Lavezzi “Levazzi”, e Bonifacio “Bonefacio”) ma non stiamo a guardare il capello: nel complesso il blog è utile e piacevole da leggere. Non sembrano avere problemi di soldi: riducono le spese, evitano i marina, curano la barca da soli per evitare riparazioni costose, ma non parlano di come mantenersi. La barca è un Dufour 385 Grand Large del 2005, e ha le caratteristiche che C&C ritenevano fondamentali: riesce a ospitare il metro e novanta di lui, era abbastanza economica e vicina a casa.
Ci sono anche Elayna e Riley, che sono più famosi per il nome della loro barca, La Vagabonde, un Beneteau Cyclades 43.4 comprato a Monopoli nel 2014 e ormai arrivato fino ai Caraibi meridionali dopo aver navigato il Mediterraneo in lungo e in largo, traversato l’oceano e praticamente tutti i Caraibi da nord a sud. La storia dei due ragazzi australiani è molto diversa da quella di C&C: per prima cosa Elayna e Riley non avevano idea di come si navigasse, praticamente non erano mai saliti su una barca.
Storie diverse, che insegnano due cose fondamentali e forse un po’ inattese: per vivere su una barca girando il mondo non servono ne’ conti in Svizzera ne’ (udite udite) saper andare a vela. Quello che serve veramente è la voglia di farlo, e la disponibilità a mettersi in gioco in prima persona, quanto più possibile incuranti di chi sarà sempre pronto a criticare. Credete che a questi quattro ragazzi che vivono la vita che vogliono importi qualcosa se qualcuno, dalla banchina da cui raramente riesce a muoversi, gli dice che nei suoi 37 blasonati corsi di vela ha imparato qual è l’esatto angolo di regolazione del fiocco?
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