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action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /var/www/html/wp-includes/functions.php on line 6114Al Salone nautico di Genova con Federico Falchieri e Simone Pavan, le due menti a capo di Teaknotek, azienda con sede nel bolognese, parliamo dell’impiego del legno sintetico di Flexiteek nella nautica del Diporto. L’argomento nasce attorno a un biliardino ben posizionato nello stand e rigorosamente ricoperto con il teck di Flexiteek. È «una rivoluzione green» che soppianta l’uso del legno a bordo e, di conseguenza, non partecipa al disboscamento delle foreste tropicali, ci spiega Simone Pavan, socio che segue la produzione di Teaknotek. «Flexiteek è sintetico ed è flessibile, come lo spiega il nome, in più si può realizzare in qualsiasi forma nell’ambito dell’utilizzo nautico: dalle coperte, ai tavoli, agli arredamenti interni».
La sfida, una volta installato, sta nel riconoscere il legname naturale dal Flexiteek. Infatti chiunque fra i responsabili dei cantieri che incontriamo al Salone, prova ormai imbarazzo a discernere il teck sintetico dal legno vero. La forte diffusione di questo materiale innovativo che non scalda, richiede meno manutenzione, si lavora più facilmente e «ha un ottimo grip», ne sono la prova definitiva. «I vantaggi del prodotto sono il peso ridotto che si attesta intorno ai quattro chilogrammi per metro quadrato, un’ottima resistenza nel tempo perché non ha necessità di essere trattato con prodotti specifici, non deve essere laminato e carteggiato se non, a scelta dell’armatore, a distanza di alcuni anni, semplicemente per ravvivare il colore. Colore che – continua Simone Pavan–, a differenza del legno non tende a sbiadire, anzi tende ad “abbronzarsi” leggermente».
Teaknotek è «importatore, distributore e installatore, da oltre vent’anni del prestigioso marchio svedese Flexiteek», di cui ha l’esclusiva sul territorio italiano.
Tantissimi poi i cantieri nazionali che si rivolgono a Teaknotek, incluso Cantiere del Pardo con i suoi marchi Grand Soleil e Pardo Yachts, ma anche Capelli e Zar Formenti scelgono questo materiale per armare le proprie imbarcazioni. Mentre all’estero il Flexiteek viene impiegato da cantieri del calibro di X-Yachts, Hanse, Moody, Delher, Fjord, Saffier, Fedship e Southern Wind. Il meglio della nautica si orienta su un marchio che si pregia di una «capacità produttiva importante» e, per esempio, nel 2018 ha visto la richiesta salire del 30 per cento. Vanta peraltro il brevetto 2G con cui, ci spiegano: «il teak sintetico di Flexiteek sembra trasmettere meno calore se messo a contatto prolungato con il piede».
Alla Teaknotek si rivolgono anche i privati che «rappresentano comunque una fetta importante della produzione». Spiega Simone Pavan aggiungendo che «con il privato seguiamo due strade: una è quella di farci mandare la dima e sulla dima realizzare il tappeto e poi spedirlo all’armatore, perché lui si occupi personalmente della posa. Oppure seguiamo direttamente il lavoro dalla A alla Zeta partendo con la dimatura dell’imbarcazione e la produzione dei tappetti e poi l’installazione in Marina dov’è fisicamente la barca».
Oggi Teaknotek impiega «20 persone», è ben presente sul territorio e mira al contempo a essere sempre più capillare. Ma Simone Pavan torna sull’argomento green fra un tiro in porta e un gol da centrocampo: «il fattore ecologico è fondamentale perché il materiale è riciclabile a fine vita, non si abbattono alberi per la produzione del Flexiteek. In più la politica aziendale è quella di donare, ogni dieci metri di prodotto acquistato, cinque dollari per la riforestazione».
Flexiteek infatti si era data un obiettivo per fornire finanziamenti per almeno 8.000 alberi tramite le vendite complessive del 2020. Una scelta davvero onorevole. Nel dettaglio ciascuna offerta di cinque dollari va «a favore del nutrimento, della semina e della protezione di un albero in un’area persa per deforestazione come nel Borneo e in Ecuador». Di più: «Come parte dell’industria marittima globale, dobbiamo essere consapevoli del nostro impatto sull’ambiente», a dirlo è stato il CEO di Flexitek, Tomas Gustafsson. E in quanti lo seguiranno?
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