Traversate atlantiche fuori dal comune: la storia di James Wharram

Se mai vi cimenterete in una traversata atlantica, sappiate che all’arrivo ai Caraibi qualcuno vi dirà certamente “la traversata di andata sono capaci tutti a farla, anche una noce di cocco, lanciata in mare alle Canarie, arriva ai Caraibi”. La cosa vi farà arrabbiare, ma c’è un fondo di verità…

E sono tante in effetti le storie di traversate realizzate con mezzi fuori dal comune, diciamo così: a remi, a nuoto, su un hobie cat. Oggi ve ne raccontiamo una in qualche modo storica, quella di James Wharram, il primo uomo a compiere la traversata atlantica sia verso ovest che verso est su un catamarano.

Il catamarano utilizzato per la traversata di andata nel 1955 era autocostruito, lo vedete nel video: si chiamava Tangaroa, era lungo 7,20 metri ed era costato in tutto 200 sterline inglesi. Wharram si era ispirato per la progettazione alle canoe polinesiane e ai libri di Éric de Bisschop, navigatore francese che per primo aveva creduto nelle potenzialità delle imbarcazioni tradizionali polinesiane.

Una volta arrivato ai Caraibi, Wharram costruì Rongo, un catamarano più grande, 40 piedi, e con carene a V invece delle carene piatte di Tangaroa, e fu il primo, nel 1959, a compiere la traversata di ritorno, da New York all’Irlanda, a bordo di un multiscafo (ndr. all’arrivo in Europa dopo la traversata di ritorno, nessuno vi dirà che sono capaci tutti a farla…).

È bene sottolineare con un pizzico di orgoglio femminile, nel giorno della bella vittoria di Giulia Conti e Francesca Clapcich, che a bordo con Wharram in quelle prime traversate c’erano due donne, Jutta Schultze-Rohnhof e Ruth Merseburger. E le ragazze rimasero con lui anche quando, incoraggiato dalla traversata tutt’altro che scontata dell’Atlantico del nord, Wharram decise di rendere popolari le proprie imbarcazioni e divenne un progettista di catamarani. I suoi però non potevano essere catamarani qualunque: anche nell’attività di progettista resta intatta la voglia di provare che barche poco costose, autocostruite e progettate secondo tradizioni non europee possono essere ottime barche.

Wharram decise quindi di vendere i progetti, con le istruzioni per l’autocostruzione, focalizzandosi sulla semplicità, la sicurezza e la capacità di tenere il mare dei propri catamarani. Dagli anni ’70 ad oggi migliaia e migliaia di catamarani Wharram sono stati realizzati in tutto il mondo e navigano per tutti i mari e gli oceani, dimostrando senza ombra di dubbio che James aveva ragione. Sono barche essenziali, spartane se si vuole, ma in realtà possono essere adattate a esigenze diverse (se vi serve il bagno o no lo potete decidere voi, ad esempio) e in giro nei porti di tutto il mondo se ne vedono molti, per lo più scelti da chi in barca ci vive e ci passa molto tempo.

Agli inizi dell’attività di progettista Wharram trovò molta ostilità negli ambienti tradizionali dello yachting, per di più britannico, che frequentava. Oggi quell’ostilità è forse svanita, ma i catamarani autocostruiti vengono ancora guardati un po’ dall’alto verso il basso, e Wharram se ne cura poco esattamente come allora: “Credo che le barche a vela moderne abbiano dei prezzi fuori mercato” dice, e propone progetti sempre nuovi di multiscafi “stile Ikea”, realizzabili grazie alle tecnologie di stampa 3D, convinto che il concetto avrà successo tra “gli avventurosi e gli spiriti liberi”.

Sara Teghini

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