Ebbene se dovesse cadere in acqua, Lei naturalmente, si presume che il Lui, con l’immancabile berretto da skipper, pantaloncini da skipper, la maglia, le scarpe e tutti gli accessori da skipper non ci “dovrebbe” mettere che pochi attimi per ripetere quella manovra che, in realtà, la prima e l’ultima volta che l’aveva provata era stata quando gli avevano concesso la sospirata abilitazione al comando di imbarcazioni da diporto, volgarmente chiamata patente.
Ammesso che il ricordo di quella manovra sia ancora nella sua mente, mi domando invece quanti Lui si siano posti l’arguta domanda: e se invece cado io?
Lei, l’eterna passeggera, che cosa farà? Se è sprovvista della prescritta patente e di qualsiasi nozione nautica ed è anche un po’ stufa di questo Lui, potrebbe sentirsi “ufficialmente” autorizzata a ignorare questa astrusa manovra; se invece nutre ancora un minimo affetto e non ritiene di profittare dell’occasione, oppure prevale l’umanità, sarà capace di salvarlo?
Il recupero dell’uomo a mare avviene, purtroppo e sempre, in circostanze difficili, cioè mai in piena estate e con il mare calmo, ma più spesso con grandi onde minacciose quando, senza il giubbotto salvagente e ignorando le previste cinture di sicurezza, si è dimenticato anche l’antico detto “una mano per sé e una per la barca”.
Ecco che in questa malaugurata circostanza inizia la lotta con il tempo e, senza perdere la testa, si debbono compiere le operazioni necessarie al recupero del malcapitato.
Scusate la pedanteria e come dicevano i nostri padri: repetita iuvant! Dopo aver gettato immediatamente l’anulare con la boetta luminosa, l’asta galleggiante o qualsiasi altro oggetto ben visibile in superficie, il timoniere memorizza la rotta per invertirla esattamente, mentre, se a bordo ci sono altri componenti l’equipaggio, uno all’estrema poppa seguirà a vista il naufrago senza mai perdere il contatto. Se si ha la possibilità di usare il motore, si ammaineranno le vele e dopo aver invertito la rotta di 180° si manovrerà per porsi sopravento a chi sta in acqua e così proteggerlo dalle onde e dai frangenti. Importante è riuscire a fermarsi per scarrocciare lentamente onde evitare di peggiorare la situazione andandogli addosso.
A questo punto le tecniche di recupero si differenziano a seconda delle cause che hanno provocato la caduta e quindi se si tratta di un naufrago normale in piena forza, oppure di un traumatizzato da un colpo del boma o da altri oggetti. In quest’ultimo caso il mio istruttore mi aveva insegnato ad usare le vele per sollevarlo dall’acqua ed evitargli danni peggiori.
Riprendiamo il filo del discorso iniziale e quindi ti ho convinto che non devi sottovalutare il fatto che potresti essere proprio tu a cadere in acqua.
È giunto il momento d’insegnare anche a Lei da che parte viene il vento, come si lascano e si calano le vele, come si accende e si spegne il motore, come ci si deve accertare che l’elica sia ferma per non affettare chi sta in acqua. Pensaci! Mettila nelle condizioni di salvarti o, quanto meno, se non lo facesse, costringila a vivere il resto dei suoi giorni con un terribile rimorso!
Buon vento.
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