Gulliver 57 è un 18 metri prodotto da Gulliver Sail, è stato progettato da Marc Lombard con Alessandro Valenti, che si è occupato di interni e coperta. All’origine di tutto c’è Carlo Gullotta un commercialista milanese e la sua passione per la vela, Carlo ha pensato la “sua” barca ideale per girare il mondo a vela: pratica, veloce e sicura. Ma, anche senza per forza dover salpare per affrontare tutte le volte una circumnavigazione dell’orbe terracqueo, l’idea base del Gulliver 57 è quella di una barca per lunghe crociere, che non disdegna le regate d’altura.
Così, dopo una lunga rincorsa preparatoria che ha coinvolto anche gli altri due progettisti, ha cominciato a prendere forma questo moderno blue water cruiser. Al Salone nautico di Genova era presente il secondo esemplare della, per ora, micro serie di imbarcazioni.
La costruzione in alluminio, materiale particolarmente amato dai giramondo per resistenza e affidabilità, ha limitato il peso a 15,6 tonnellate. La lifting keel, inoltre, riduce il pescaggio da 3,5 metri a 1,70 per incrementare a dismisura il numero dei porti e di baie dove ormeggiare. La doppia pala diventa qui necessaria sia per contenere il pescaggio, sia per garantire governabilità: data la larghezza poppiera del Gulliver 57, già a pochi gradi di sbandamento il timone sopravento comincia a uscire dall’acqua (condizione ideale per ridurre il maggiore attrito idrodinamico dovuto all’appendice in più).
Lo spigolo presente sullo scafo qui è quasi d’obbligo, se non altro per un discorso di filologia: per decenni i progetti di alluminio sono stati gli unici a fregiarsi di questa caratteristica, ripresa dagli yacht in composito solo nel primo decennio del XXI secolo. I vantaggi in termini di navigazione sono ormai patrimonio comune, con un aumento della stabilità e un guadagno dinamico sulle prestazioni fornito da uscite poppiere “più grandi” di quanto sarebbe lecito aspettarsi da una barca di queste dimensioni fuori tutto: in pratica si “illude” l’acqua che lo scafo che la sta attraversando è più largo e più lungo di quello che è in realtà, quindi può andare più forte.
La linea generale dello scafo attualizza un’altra creatura di Marco Lombard, il Cigale 16 di Alubat (che poi tornerà anche all’interno), per il bordo libero basso e filante, reso ancora più sottile a poppa dal già citato spigolo, e la lunga tuga filante che ingloba anche i paramare in cui sono alloggiati dei sottili oblò all’interno della banda vetrata scura.
La scelta di avere scafo scuro e alcuni dettagli arancioni, come la delfiniera, o i tientibene del timone, rende ancora più sfizioso l’asoetto estetico generale.
La coperta è pulita, e ricca di aperture luminose sono 21 tra oblò e osteriggi, tutti incassati a filo tranne il passauomo della cala vele, che all’occorrenza può essere trasformata in cabina marinaio. Altre sei finestrature, tre per lato, si trovano a murata all’altezza della dinette (e vedendo il Gulliver 57 solo da fuori questa affermazione sembra scorretta, vedremo poi perché).
Il piano velico stretto e allungato, o ad alta efficienza, e senza sovrapposizione tra vela di prua e randa ha consentito di avere anche le rotaie del punto di scotta del fiocco sula tuga per lasciare liberi i passavanti. Utilizza anche delle volanti non strutturali per la navigazione con la trinchetta. La superficie totale è di 193 metri quadrati a vele bianche, cui si aggiungono altri 295 metri quadrati di gennaker.
Tutte le manovre sono rinviate in pozzetto, che nonostante sfoggi nove winch (un numero che su barche di queste dimensioni si vedeva fino agli Anni 90), tre dei quali dedicati alla sola renda e concentrati in un’isola tra le due ruote del timone, risulta spazioso e piacevole da vivere. Colpiscono anche le panche in teak, realizzate a listelli per lasciare defluire l’acqua e mantenerle più asciutte e le numerose aperture, sia quelle che affacciano dai locali interni, sia quelle portaoggetti.
Sottocoperta, l’impatto visivo è quello provocato dal Cigale 16 di cui parlavamo precedentemente. Lo spazio sotto il pozzetto, infatti, invece di essere dedicato alle cuccette è utilizzato per la dinette (ed ecco dove fanno luce le sei aperture a scafo si cui si parlava prima). Nonostante l’altezza limitata, i 30 metri quadrati totali di quest’area la rendono piacevole e vivibile in un’atmosfera raccolta. La sua pianta inoltre ha previsto che due sedute del tavolo da pranzo espandibile potessero diventare altrettante cuccette di guardia. Lo stile è essenziale, con poche concessioni al legno, lasciato soprattutto come elemento decorativo e di finitura: praticamente incornicia tutti gli arredi e diventa padrone totale solo nel tavolo da pranzo
A mezzanave, il lungo carteggio sulla murata di sinistra, 2,5 metri, fronteggia la cucina di uguali dimensioni. La scassa della deriva mobile è ben integrata negli arredi che sfoggiano oltre 135 tra gavoni, stipi e cassetti per le necessità di stivaggio (cui si aggiunge anche la profonda sentina che può assolvere allo scopo di fornire altro volume utile).
La cabina armatoriale è a prua, con la cuccetta matrimoniale spostata sulla sinistra. Vista la predilezione per le navigazioni non troppo affollate, le cuccette sono state limitate a sei, comprese le due per l’equipaggio, più le due di guardia. Le altre due sono sistemate nella cabina ospiti messa a proravia della paratia maestra e di fronte al pratico locale tecnico in cui sono alloggiati impianti e servizi.
Tra le altre chicche, molte si trovano nell’attenzione a gestire le necessità quotidiane, bello il dettaglio presente nel bagno, dove è stato ricavato lo spazio dove sistemare gli stivali bagnati, discertamente nascosti da un piano pivotante posto, ovviamente, accanto alle cerate appese.