Inchiku pesante : canne, mulinelli e recuperi

La scuola made in Japan ci indica per l’inchiku canne dal cimino sensibile, proporzionato chiaramente con l’esca, dal fusto però potente in caso ci trovassimo in canna una preda importante. Onestamente ne ho provate molte, e tanti attrezzi sono molto validi, dall’ottima parabolicità progressiva, con una grande potenza paragonata alla loro leggerezza. Però, in media, sono attrezzi che pur potendo sopportare buone sollecitazioni, non nascono specificamente per la pesca dei grossi predatori e, spesso, non sono consigliabili là dove c’è necessità di staccare velocemente “pesi massimi” dal fondo.

Per la pesca oggetto del nostro servizio, ovvero l’inchiku pesante, mirato ai maggiori predatori mediterranei, da cercare in profondità sia medio basse, 30/50 m, ma anche a grandi profondità che toccano i 130m, necessitiamo di attrezzi più robusti, in grado di manovrare con efficacia esche che in media pesano150/200 g, per arrivare ai 300 g in caso di alti fondali e correnti sostenute. Allo stesso tempo, attrezzi forti, in grado di aiutare l’angler a fronteggiare fughe potentissime e che possono permettere, se necessario, di forzare grandi prede da dover staccare dal fondo.
Come leggeremo tra poco, l’esca da inchiku, in base anche al modello e alla forma, è un artificiale che può essere manovrata in molti modi e a diverse velocità, con jerkate lunghe e lente, ma in alcuni casi anche molto rapide, in short jerking, conferendo all’esca un nuoto filante e animato riproducendo il nuoto di un qualsiasi pesce foraggio.

Per l’inchiku pesante, possono quindi essere ben adattate canne nate per il vertical jigging, con buona versatilità e quindi adatte ad ogni tipo di recupero, quindi diciamo con lunghezze tra il 1,70 e 1,85 m, con una potenza media intorno ai 300 g, con una buona sensibilità di vetta, ma allo stesso tempo con una potente schiena e con una grande capacità di rientro una volta sottoposte a forti sollecitazioni dal pesce.

Nell’inchiku classico si prevede un sistema di recupero lento, spesso caratterizzato da jerkate lunghe e morbide,  alternate ad alcune pause, a volte anche prolungate, seguite poi da delle riprese che non di rado si rivelano ottime, riuscendo a provocare quei pesci che, sennò, potrebbero inseguire l’esca senza attaccare. In tali circostanze è proprio la ripartenza improvvisa, e quindi quella sensazione che il pesce ha della possibile ed immediata fuga della preda, che lo porta a sferrare l’attacco violento.

Anche se la scuola giapponese indica questo tipo di recupero come il più adatto per animare queste attiranti esche, chi ha avuto a che fare in Mediterraneo con grossi predatori, sia bentonici che pelagici, si è accorto che, però, in alcuni momenti ed in certe giornate, gli inchiku possono garantire grandi risultati anche se animati in maniera molto vivace, rapida e con jerkate molto corte, tipiche generalmente dei recuperi da vertical jigging.

Secondo le mie esperienze in cerca di grossi predatori come dentici corazzieri,  cernie, dentici, pagri e ricciole, i movimenti in short jerking, sia che essi siano molto lenti o rapidi, sono più efficaci con quegli artificiali che hanno la possibilità di essere uniti al leader sia nella parte alta (più snella) che nella parte bassa (più grossa e pesante).

Se agganciati a quest’ultima parte bassa, infatti, alcuni di questi artificiali si rivelano particolarmente catturanti: in questa maniera sposteremo il baricentro dell’esca verso l’alto, e ciò renderà l’artificiali adatto ad essere animato in short jerking. Chiaramente, sarà buona norma alternare le modalità di recupero, tra più lente e più rapide. Però, non sarà una sorpresa se riuscirete ad avere numerosi attacchi anche recuperando il vostro inchiku in maniera veloce, similmente a come potreste animare un metal jig da short jerking.

Detto ciò, non dimentichiamo che pescare esattamente sulla verticale è il metodo migliore, però, in molti casi, montando gli inchiku come nella maniera appena descritta, ho potuto notare che i predatori attaccano freneticamente l’artificiale anche se recuperato in maniera piuttosto diagonale.

 

Non dico che questa debba essere una regola, però è un dato di fatto che ciò funzioni con molti pesci e di specie differente, perciò, è il tipo di soluzione che adotto quando, essendo solo in barca e in condizioni di forte scarroccio, non è facile recuperare e nel contempo correggere frequentemente l’assetto della lenza con dei colpi di retromarcia (cosa semplice invece quando si ha un membro dell’equipaggio sempre al timone e che si occupa di questo). Quando sei solo in queste circostanze, capita spesso che alcuni dei tuoi recuperi avvengano con la lenza ormai in obliquo: in questi casi questa soluzione è valida per ovviare a tale problema.

Nel recupero, la fase di stacco dal fondo è spesso micidiale con molti predatori bentonici, ma sarà buona norma sondare anche le fasce d’acqua superiori fino ad alcune decine di metri più in alto.

Facendo un accenno ai mulinelli per questa tecnica, i mulinelli rotanti nati per il jigging, spesso leggeri e molto potenti, hanno il vantaggio di essere molto maneggevoli e consentono molta sensibilità nel recupero oltre che, in molti casi, un max drag notevole spesso utile per contrastare grosse prede e per impiegare trecciati di un certo libbraggio. In ogni modo, se la scelta ricade su mulinelli a bobina fissa, nati per il vertical e dalla particolare robustezza e potenza, la cosa va più che bene.Se i nostri pesci target sono le grandi prede, le trecce da utilizzare in bobina sono quelle che comunemente impieghiamo per il vertical jigging in Mediterraneo, ovvero lenze tra le 40 e le 65 libbre.

È importante avere un certo quantitativo di treccia in bobina (diciamo 250/300 m) tenendo sempre conto che se impiegheremo trecce di  ottima qualità ad 8 fili, perfettamente tonde e lisce,  riusciremo ad avere un minor diametro a parità di libbraggio e, inoltre, riusciremo a tagliare l’acqua con grande facilità, pescando meglio sulla verticale e, chiaramente, stando in pesca a profondità elevate impiegando esche più leggere e più facili da manovrare.

Emiliano Gabrielli

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