Senza l’interior design e la possibilità di essere vissuta, la barca sarebbe un’opera a metà
Gli interni di una barca a vela sono qualche cosa di particolarmente affascinante. Quando si decide che un’imbarcazione a vela dovrà essere utilizzata anche come uno spazio in cui vivere, tutto il progetto cambia.
Le funzionalità esterne devono cominciare a dialogare con le necessità degli interni; lo scafo non assolve più solamente funzioni idrodinamiche, peraltro già abbastanza complesse, ma diventa contenitore: “guscio” necessario a creare gli spazi che diventeranno vitali e quasi domestici. In un certo senso, una barca senza la possibilità di essere vissuta anche all’interno è come un’opera incompiuta.
Dopo tutti questi anni passati a equilibrare tutti questi elementi in un progetto che sia un unicum, devo dire che è stato molto affascinante dover aggiungere ai problemi della barca a vela, “mezzo di trasporto” o addirittura “cavallo da corsa”, queste ulteriori funzioni di “casa”. Compito non facile perché le aspettative sono diverse per tutti. Quindi chi ama la vela non è tendenzialmente disposto a rinunciare a nulla di tutto ciò che possa avere una funzione esterna, o infici una prestazione assoluta, per dare una chance alla barca di essere vissuta diversamente.
Siamo nati anche noi così, regatanti sfegatati, velisti fino al midollo e addirittura funzionalisti di estrazione. Siamo cambiati; cambiato è il processo mentale, di vita e progettuale. Oggi viviamo l’oggetto barca a vela come un tutt’uno, la cui forma non è solo lo scafo, con le sue linee d’acqua e le sue problematiche e ci riconosciamo in forme esterne caratterizzate da curve tese, muscolature potenti e visibili, geometrie dinamiche.
Queste forme, quasi fossero un elemento che nasce autonomo da un semplice ponte, sono i volumi che rinforzano il carattere dei nostri scafi, che permettono di entrare e vivere all’interno in connessione con l’esterno, come in una casa con giardino. E il nostro giardino, il mare, è di tutti, e va curato e preservato. Questo è il nostro mantra.
Il lusso, tanto spesso decantato e associato ai prodotti del nostro settore non ci piace se fine a se stesso. Cerchiamo di non fare barche lussuose, ma eleganti, nella convinzione che si debba sempre operare scarnificando, semplificando, pulendo, sia fuori che dentro. Alla fine il modo più complesso di progettare, nella purezza delle linee e dei contenuti.
Lo sviluppo dell’interior design è una fase complessa. Il cliente può essere da stimolo e pungolo verso la ricerca dell’inedito e del gradino oltre, ma può anche trasformarsi in un limite alla riuscita e alla coerenza di un progetto. Quando il cliente, o meglio l’amico appassionato decide di affidarci il suo sogno e di farsi aiutare a realizzarlo, dobbiamo essere in grado di comprenderlo e sfruttare l’occasione per creare qualche cosa di grande, qualche cosa che possa rappresentare, nella sua purezza, un pensiero compiuto in sintonia.
Così è avvenuto con Massimo Lentsch, eclettico imprenditore bergamasco, armatore dell’ICE 60 Before the Storm. La sua visione, determinata e pulita della barca a vela, lo ha fatto approcciare a questo mondo con un occhio disincantato, distante da mode e tradizioni. Questo approccio ha fatto sì che nascesse un’intesa forte e che il risultato desse a tutti grande soddisfazione. La scelta di fondo è stata la simmetria completa, la semplicità e la funzionalità.
Dal punto di vista delle geometrie la filosofia di base è stata quella di cercare di nascondere il meno possibile. Quindi laddove la geometria lo consentiva, le strutture sono rimaste a vista, oppure gli arredi hanno mutato la loro forma tradizionale per avvicinarvisi. Materiali strutturali lasciati a vista, oppure scegliendo di utilizzarli in libertà come elementi di arredo. Quindi scelte consapevoli fatte in leggerezza, pena la rigidezza radicale che ne avrebbe “indurito” l‘effetto finale.
I colori interni, e i materiali, dialogano con il fuori. La decisione di Massimo per un colore forte, di rottura nelle barche vela, come il verde fluo, è riportato anche in qualche pannellatura “soft touch” degli interni, e dà forza al tutto.
In dialogo con il carbonio, materiale usato per tutta l’imbarcazione, che diventa materiale decorativo, oppure la principale paratia lasciata a vista, tagliata nella forma ideale per non comprometterne la massima efficienza dell’interior design, e ripresa nelle linee da molti elementi di arredo, come ad esempio i pensili alti, che richiamano le cappelliere di un jet. E poi ci sono i molti dettagli, tutti realizzati su progetto specifico che, oltre a finalità pratiche, sono anche elementi di decorazione, realizzati con lo spirito di tutto il progetto.
Abbinando materiali diversi, che dialogano tra loro, sono stati creati ad esempio i tientibene interni, in acciaio brunito e carbonio a vista, piuttosto che i maniglioni di chiusura delle cucina, realizzati da stampo in carbonio, fino ai tavoli che hanno la possibilità di trasformarsi da lounge a dinner, cambiando altezza e dimensioni. Tutto il layout segue il desiderio di simmetria, che non è facile da tenere, soprattutto quando si ricerca uno sfruttamento capillare degli spazi.
Le tre cabine e tre bagni permettono di tenere volumetrie da barca di lusso, con cabine e bagni senza restrizioni particolari, così come la cucina trasversale con isola centrale, degna di un appartamento con vista sul mare.
Nel complesso un progetto tout court, che trasversalmente tocca forma, materiali e funzioni, esattamente come da sempre ci immaginiamo debba essere un vero progetto. Il risultato finale dell’interior design è anticonvenzionale, forte e, secondo noi, efficace. La sua funzionalità lo renderà bello da utilizzare oltre che da vedere e il suo utilizzo farà certamente evidenziare gli sforzi di pensiero presenti in ogni dettaglio, parte del tutto.