“…Un’idea finché resta un’idea è soltanto un’astrazione, se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione…” Poche cose, come l’attacco di questa canzone di Giorgio Gaber, rendono l’idea di cosa sia la bolina, ossia l’andatura più stretta rispetto alla direzione del vento. Un concetto astratto, che lo skipper può tradurre in un fatto concreto in acqua, pronto a cambiare tutto pochi istanti dopo essere stato sicuro di avere preso la bolina migliore della sua vita.
Anche le polari, quelle curve elaborate dai cantieri per stabilire che angolo e che velocità può fare una barca rispetto a un certo vento, sono pura teoria. Basta una minima variazione, e il mare e la barca sono il regno delle variabili, e gli schemi saltano.
Eppure, perdonateci il paradosso, poche regole per prendere la migliore bolina possiamo fissarle. Regole generali, aperte alle variabili di mare e vento. Questo sì che è un dogma.
Prima regola. Considerando che teoricamente un angolo di bolina medio (di una barca da crociera di serie) è di circa 45 – 50 gradi rispetto alla direzione del vento vero, la prima cosa da fare è quella di orzare per prendere questo angolo.
Vele cazzate come per la massima bolina possibile, iniziamo a orzare lentamente osservando randa e genoa. Quando gli indicatori di flusso iniziano ad andare in turbolenza, poggiamo quei pochi gradi per riportare la barca sull’angolo ottimale.
A questo punto la seconda regola è ottimizzare. Ossia agire sul carrello della randa e sul vang e carrello del genoa in modo da rendere al meglio il profilo delle vele. Queste azioni aprono il ventaglio delle variabili perché dipendono dalle condizioni del vento e del mare.
In linea di massima: con vento fresco cazzeremo vang, se possibile paterazzo e porteremo, se necessario, il carrello sottovento quel tanto che basta a rendere la barca equilibrata. Per verificare che ci sia una corretta svergolatura possiamo prendere come riferimento la stecca più alta della randa e fare in modo che sia parallela al boma. Sul fiocco si lavora nello stesso modo, cercando di smagrirlo arretrando il punto di scotta.
Se il vento è leggero, inizialmente abbiamo bisogno di vele più grasse. Quindi tesa base della randa più lasco, carrello del fiocco più avanzato e drizza meno cazzata. Una volta che la barca ha preso velocità, avremo anche un vento apparente maggiore e quindi possiamo smagrire un po’ le vele per recuperare qualche grado all’orza. Ma senza esagerare: quando c’è poco vento, quindi poca energia, è inutile se non dannoso cazzare a ferro le manovre e cercare di stringere al massimo l’angolo al vento.
Ora possiamo portare sopravento il carrello della randa per diminuire lo svergolamento soprattutto nella parte alta. Di quanto, come sempre, ce lo dice la barca. Un riferimento di massima è quello di portare il boma all’altezza del paterazzo. Ma in molti casi lo si può anche sopravanzare per svergolare ancora di più la randa.
Con la barca in equilibrio e sul nostro miglior angolo di bolina ora non ci resta che seguire le variazioni di direzione del vento o correggere le imprecisioni del timoniere. In questo caso sono molto utili i filetti mostra vento, o indicatori di flusso. Una regoletta mnemonica dice che bisogna fare accostare la barca dalla parte opposta rispetto a quella in cui va in turbolenza il filetto. Se si “agita” quello sottovento si orza, se si agita quello sopravento si poggia.
Ora, una piccola annotazione sulle sensazioni. Può accadere che navigando con vento fresco o forte, con la barca tutta sbandata e ben invelati, si posso avere la sensazione di andare molto forte. In realtà di certo stiamo scarrocciando molto, visto che fra l’altro così sbandati abbiamo meno resistenza allo scarroccio opposta dalla deriva sollevata lateralmente, quindi stiamo scadendo rispetto alla nostra rotta, e di certo stiamo rendendo la vita di bordo un inferno.
Quindi una buona bolina, terza regola, è quella che si tiene con uno sbandamento non superiore ai 20 – 25 gradi.
Per contenerlo, occorre lavorare sul grasso delle vele prima, aumentando la svergolatura e appiattendole cazzando base, drizza, arretrando carrello del genoa e cazzando vang e paterazzo, e se non basta, riducendo vela.
E’ possibile che se stiamo navigando di bolina si abbia anche onda al mascone. In questo caso, mantenere la bolina significa lavorare con il timone: orzare dolcemente quando si sale sulla cresta dell’onda, e poggiare quando si scende nel cavo, per evitare di sbattere e per guadagnare quella velocità che ci servirà per risalire.
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Ora possiamo portare sopravento il carrello della randa per diminuire lo svergolamento soprattutto nella parte alta. Di quanto, come sempre, ce lo dice la barca. Un riferimento di massima è quello di portare il boma all’altezza del paterazzo. Ma in molti casi lo si può anche sopravanzare per svergolare ancora di più la randa. ????
non c'è una contraddizione?
Grazie per la segnalazione, si è trattato di un refuso. Naturalmente la svergolatura della randa, portando il carrello sopravento, diminuisce come scritto all'inizio del periodo.
Agendo solo sul carrello randa non si cambia lo svergolamento, ma l'angolo di incidenza; per incidere anche sullo svergolamento si deve intervenire sulla scotta. Il vang di bolina, a parte le derive e i piccoli cabinati con alberi flessibili, è opportuno non cazzarlo, appunto per avere l'opportunità di svergolare quando richiesto, tanto il boma in questa andatura è controllato dalla scotta.
E' corretto portare il carrello sopravvento per aumentare lo svergolamento, ma contemporaneamente si deve lascare la scotta.
ciao
Direi che ha ragione Claudio.
Dipende da barca e armo, un frazionato va gestito diversamente dal "palo del telefono"
dei crocieroni, e forse un principiante farebbe bene a macinare qualche miglio al timone
con le vele banalmente a segno prima di confondersi con finezze che arriveranno poi.
Capire lo scarroccio e non piantarsi su ogni ondina è il primo esercizio.
BV!