Certo che le barche non sono tutte uguali, direte voi. Ci sono barche a vela, a motore, di legno, di vetroresina, con un albero, due alberi, etc etc… Io sto parlando di un’altra cosa pero’.
Qualche giorno fa, arrivando in una rada affollata, riconosco da lontano un profilo inconfondibile: due stralli a prua, la poppa disegnata da German Frers, linea slanciata e bassa sull’acqua. C’erano decine di barche, e io ero impegnata a cercare un posto dove dare ancora, ma anche solo con la coda dell’occhio ho riconosciuto la barca con cui ho fatto la traversata dell’oceano Atlantico da Est verso Ovest un paio di anni fa.
E’ forse l’unica barca a cui sono affezionata tanto quanto a quella su cui lavoro adesso, perche’ e’ la barca che “mi ha portato di la'”. Ne conosco i rumori, gli angoli a cui stare attento quando cammini per non farti male, i bozzelli che sporgono, i punti in cui le calze delle cime cominciano ad essere consumate. So come ci si deve incastrare in cuccetta quando l’onda oceanica ti fa rollare per bene per non ritrovarti dall’altra parte del letto, so come sistemare le cose in cucina per preparare qualcosa di caldo anche mentre fuori piove e il vento soffia forte. So come scende giu’ dall’onda e quanto orza, so qual e’ il posto piu’ comodo per godersi un po’ di solitudine sopravento, qual e’ la cuccetta piu’ fresca e dove stanno tutte le viti e gli attrezzi.
E’ stata la mia casa per un mese abbondante, l’ho curata, pulita, accudita, come lei ha accudito me attraverso tutto l’oceano. Quando siamo arrivati ai Caraibi non volevo assolutamente scendere… si’, una doccia e una lavatrice, una cena ben seduti potendo scegliere da un menu’, ma poi via di nuovo, sulla barca che ormai e’ un guscio che protegge, un rifugio, un microcosmo in cui e’ solo l’essenziale a contare, in cui tutto e’ ordinato, tutto ha un posto e un compito, tutti collaborano e si aiutano.
Anche solo vedendola di sfuggita non ho potuto trattenere un sorriso pensando ai compagni di viaggio, alcuni dei quali sono diventati come fratelli, alle battute, alle canzoni cantate per riuscire a stare svegli durante i turni di notte, alla prima alba di luna, alle stelle cadenti, ai rimproveri del comandante, all’emozione indescrivibile di vedere terra dopo venti giorni di mare aperto.
Eh no, decisamente le barche non sono tutte uguali…