Le imprese impossibili del Comandante Straulino

Il post più apprezzato nella giornata di oggi all’interno del gruppo Velisti in Facebook è senza dubbio quello che racconta le imprese impossibili del Comandante Straulino, nello specifico l’uscita a vela dal porto di Taranto.

Ci sembra superfluo aggiungere qualsiasi commento, di seguito trovate il testo integrale del racconto.
Nel 1965 Straulino assume il comando dell’Amerigo Vespucci, e qui iniziò la sua seconda vita, quella da ammiraglio. “Gli inglesi – scrisse Paolo Venanzangeli – ancora raccontano di quando risalì a vele spiegate il Tamigi, fino a Londra”.

Ma la manovra più nota è certamente l’uscita a vela dal porto di Taranto, con pochi metri a disposizione sui due lati dello scafo. Una manovra pazzesca che ricordava ogni volta con enfasi e commozione. “Una manovra – ha raccontato Venanzangeli – che, a quanto si dice, fruttò al Comandante due lettere dell’ammiragliato, una di encomio, per la splendida manovra, a cui aveva assistito attonita tutta la città ed una che annunciava dieci giorni di arresti, per aver infranto il regolamento”. Andò in pensione da contrammiraglio, e nel 1988 partecipò alla sua ultima regata. Ovviamente vincendola.

Qui raccontata da Giancarlo Basile:
“Alle otto in punto salivo sul barcarizzo del Vespucci, ormeggiato alla banchina torpediniere in Mar Piccolo. C’era già un gran trambusto a bordo per i preparativi: in particolare il nostromo era indaffaratissimo con un’ancora di speranza rizzata da sempre al coronamento, che il Comandante aveva voluto pronta a essere data fondo, con un grosso cavo torticcio ben abbisciato sul cassero, ciò che mi meravigliò non poco. Soffiava una forte e gelida tramontana che credo sfiorasse i trenta nodi. Mentre pensavo a cosa mai il Comandante volesse fare con quell’ancora, di colpo mi si accese una lampadina: ma certo, con quel vento che spirava dritto in poppa in uscita dal Mar Piccolo, Agostino Straulino non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di attraversare il canale navigabile a vele spiegate. E un’ancora data fondo di poppa poteva servire nel caso qualcosa non fosse andata come previsto. Me lo confermò subito dopo lui stesso, quando lo incontrai in Sala Consiglio, dove era apparecchiato per la prima colazione, alla quale mi invitò a fargli compagnia. Aveva un suo piano studiato nei minimi particolari, che volle confidarmi, cosa di cui mi sentii molto onorato: era la conferma che gli stavo ‘simpatico’, per usare il suo aggettivo preferito”.

Durante la colazione il Comandante comunica a Basile che toccherà proprio a lui l’incarico di ufficiale di guardia nella prima parte della navigazione. “Presi a ripassare mentalmente gli ordini che bisogna saper dare per governare un veliero stracarico di manovre correnti, cercando di ricordare ciò che avevo appreso da allievo e da aspirante guardiamarina nel corso di tre campagne addestrative su quella nave, una decina d’anni prima”.

Con molto anticipo sull’orario di apertura del ponte girevole, viene battuto il posto di manovra. “Furono mollati i cavi d’ormeggio di poppa e si iniziò a virare l’argano per salpare l’ancora, che tuttavia risultò incattivata. Il Comandante aveva evidentemente previsto anche questa evenienza, ecco perché aveva cominciato le operazioni con tanto anticipo. Dovettero intervenire i palombari per mettere in chiaro l’ancora, ci volle un’ora buona. Mancava ancora più di mezz’ora all’apertura del ponte quando, finalmente liberi, ci portammo a motore più sopravento possibile, a qualche decina di metri dalle colture dei mitili di cui il Mar Piccolo abbonda. Venne battuto il posto di manovra alla vela. In men che non si dica i gabbieri salirono a riva su per le griselle del trinchetto e mollarono i gerli di tutte le vele, dal controvelaccino al trevo. La nave era così pronta a essere invelata all’ordine e si presentava perfettamente allineata col canale navigabile”.

Ma il ponte è ancora chiuso. “Con le vele del trinchetto imbrogliate ci si avvicinava a quattro nodi, in dieci minuti saremmo stati lì… E se fosse rimasto chiuso? Ce l’avrebbe fatta l’ancora di speranza preparata a poppa a fermare le quattromila tonnellate del Vespucci? Ma ecco che il ponte cominciò ad aprirsi. In quel preciso momento il Comandante ordinò di mollare gli imbrogli e cazzare le scotte delle vele del trinchetto, che furono bordate tutte insieme in non più di quindici secondi, con i pennoni in croce. Contemporaneamente vennero alzate quattro bandiere del codice internazionale dei segnali che vogliono dire “Ho le macchine in avaria”. E sì, perché il transito a vela per il canale navigabile è vietato anche a un dinghy, figuriamoci al Vespucci. Con la tramontana che soffiava forte non ci volle molto perché la nave si abbrivasse fino a otto nodi. Con nostra meraviglia, appena il ponte fu aperto completamente, dal castello arrivò a lampi di luce il messaggio “Accelerate la vostra manovra”! Può darsi che fosse uno scherzo, ma Straulino andò su tutte le furie… Non passarono più di cinque minuti ed eravamo nel canale navigabile, con i pennoni più bassi che sovrastavano le due strade gremite di gente festante, tutte le vele del trinchetto piene da scoppiare, i baffi sotto i masconi: doveva essere uno spettacolo fantastico il Vespucci visto da terra”.

Al balcone dell’Ammiragliato, sulla sinistra verso la fine del transito attraverso il canale navigabile, l’ammiraglio saluta entusiasta. “Rispondemmo al saluto ed eravamo già in Mar Grande, mentre il ponte si richiudeva dietro di noi. Continuammo così, in fil di ruota sotto il solo trinchetto completamente invelato fino alle ostruzioni del Mar Grande, superate le quali il Comandante mi affidò la nave, come mi aveva preannunciato. Venni all’orza, accostando a sinistra, in rotta per costeggiare il Salento fino a Santa Maria di Leuca, facendo al contempo bracciare i pennoni e bordando prima le gabbie e il trevo di maestra, poi anche il velaccio, ma tenni il controvelaccio e le vele della mezzana serrate, ricordando la forte tendenza orziera del Vespucci a quell’andatura. Avevo fatto alzare la trinchetta, il fiocco, il gran fiocco e il controfiocco e la nave governava con la barra al centro. La fiamma in testa d’albero di maestra indicava il vento esattamente al traverso, il Vespucci era ben inclinato, con gli oblò più bassi di sottovento chiusi perché andavano sott’acqua. La velocità era salita a 9,5 nodi. Mi dispiacque quando venne a rilevarmi il tenente di vascello preposto ai marinai, sarei rimasto a godermi lo spettacolo sul banco di quarto di sopravento per tutta la notte… Cenai col Comandante che si congratulò con me per come avevo svolto il servizio di ufficiale di guardia, cosa che naturalmente mi fece molto piacere: Straulino non era tipo da congratularsi tanto facilmente”.

 

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