Libera Pratica, scatta l’obbligo: il primo precedente a Portisco
Diciamocelo, questo Coronavirus ci ha proprio colto in contropiede. Nessuno era preparato di fronte a un fenomeno così “democratico” (nel senso che ci riguarda tutti quanti) e, quando una cosa accade per la prima volta, si crea inevitabilmente un precedente.
In certe situazioni il precedente fa giurisprudenza, come nel caso di Sergio Contu, titolare di un’azienda sarda che produce charter, protagonista di un episodio che dimostra come l’emergenza Covid-19 abbia preso tutti alla sprovvista, toccando qualunque ambito, anche quello nautico.
Il signor Contu, reduce da una trasferta in Francia dove aveva ritirato uno yacht, stava rientrando al Marina di Portisco (Sassari), in cui ha sede la sua società, quando, poco prima dell’approdo, gli è stato comunicato che non avrebbe potuto entrare in porto sino all’espletamento della Libera Pratica.
Questo è infatti l’iter stabilito dall’ultimo decreto emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: le imbarcazioni da diporto e le navi arrivo in un porto, a meno che non stiano rientrando da un uscita giornaliera, devono chiedere la Libera Pratica.
Come da prassi, bisogna fissare a riva la bandiera gialla, quella corrispondente alla lettera Q, e rimanere in attesa di ricevere l’ok per attraccare dall’autorità marittima che, nel caso di Contu, è stato concesso dalla Capitaneria di Porto Torres.
Non bisogna assolutamente confondersi con la “bandiera di quarantena”, (a scacchi giallo e nera) corrispondente alla lettera L che va appunto esposta solo se siamo realmente sotto quarantena.
Che cos’è la Libera Pratica
Per chi non lo sapesse, la Libera Pratica è un documento rilasciato dalla capitaneria del porto di arrivo in cui si dichiara che l’equipaggio è in perfette condizioni di salute e quindi ha il permesso di ormeggiare e sbarcare.
Il rilascio della Libera Pratica, detta più precisamente Libera Pratica Sanitaria (LPS), alle navi e alle imbarcazioni in arrivo nei porti nazionali autorizza la nave o l’imbarcazione stessa a iniziare tutte le operazioni di sbarco e imbarco di passeggeri e di tipo commerciale.
La Libera Pratica deve essere richiesta da tutte le navi o le imbarcazioni in approdo nei porti nazionali provenienti da Paesi che non fanno parte dell’Unione Europea, provenienti da Paesi sottoposti a ordinanza sanitaria e di qualsiasi provenienza per giustificati motivi di carattere sanitario.
La richiesta di Libera Pratica va presentata all’Ufficio destinatario, ovvero all’Unità Territoriale dell’Ufficio di Sanità Marittima Aerea e di Frontiera e per i Servizi Territoriali, attraverso tutti i mezzi di comunicazione rapida disponibili: radio, fax, telegramma, fonogramma, telex o posta elettronica non certificata.
Tutto bene quel che finisce bene (o quasi)
Increduli e basiti, Contu e il socio che viaggiava insieme a lui si sono visti recapitare il modulo da compilare per mano (sarebbe meglio dire “per guanto”) di due ormeggiatori che, a bordo di un tender, erano andati incontro allo yacht ormeggiato fuori dal marina, indossando rigorosamente una tuta di sanità.
Gli operatori li hanno quindi sottoposti alla rilevazione della temperatura corporea per verificare la presenza o meno di un possibile contagio da Coronavirus, ma non era finita lì: una volta messo piede a terra, Contu e il suo socio sono stati spediti in quarantena per due settimane.
Insomma, Contu rischiava di restare ormeggiato fuori dal suo stesso marina, ora invece si ritrova in isolamento tra le quattro mura. E, suo malgrado, ha creato un precedente. Che fa pure giurisprudenza.