Dopo dieci anni di crisi, per la portualità turistica italiana è arrivato il momento della ripresa. È il punto di partenza della nostra conversazione con Roberto Perocchio, presidente di Assomarinas, l’associazione italiana dei porti turistici in seno a Confindustria. Con Roberto Perocchio abbiamo parlato del rilancio del settore, a partire dagli spunti sollevati dal Piano del mare pubblicato di recente in Gazzetta ufficiale, che traccia le linee per la crescita della portualità turistica nei prossimi tre anni. Oltre a ciò, il nostro paese ospiterà un appuntamento molto prestigioso per rimarcare il momento molto florido in cui si trova il settore: stiamo parlando della Conferenza mondiale dei porti turistici organizzata da Icomia, l’organizzazione mondiale dell’industria nautica, che ogni due anni sceglie uno Stato diverso per questo vertice che riunisce gli stakeholders di tutto il mondo. Dopo le ultime due edizioni tenutesi nel 2021 a Dubai e nel 2023 in Portogallo, l’appuntamento del 2025 si terrà nel mese di ottobre a Venezia.
L’intervista a Roberto Perocchio è la prima di una serie di conversazioni e approfondimenti sulla portualità turistica italiana, che proseguiremo nelle prossime settimane.
Roberto Perocchio, il Piano del mare varato dal governo traccia le linee per lo sviluppo della portualità turistica. Siamo in un momento favorevole per il settore?
«La ripresa della portualità turistica italiana è un processo in atto da circa tre anni. Dopo la pandemia del covid-19, il giro d’affari del settore è ripreso grazie soprattutto al desiderio di ritrovare gli spazi all’aria aperta e alle vacanze di prossimità. Ciò ha favorito il ritorno di migliaia di imbarcazioni nei porti turistici, migliorando il livello di occupazione. Nello specifico, le nostre statistiche hanno registrato nel 2021 un aumento del 7%, nel 2022 del 5% e nel 2023 del 3%. Ci aspettiamo che la crescita continui anche nel 2024, proprio grazie al fatto che l’utenza nautica italiana ha ritrovato la voglia e la motivazione di andare per mare e di fare turismo nautico. Il Piano del mare ha tenuto positivamente conto di tutto ciò, invitando a incentivare la riqualificazione dei porti turistici esistenti e il recupero delle aree dismesse dei porti commerciali per ottenere nuovi posti per la nautica da diporto».
Com’è invece la situazione dell’utenza straniera?
«Dall’estero, in Italia abbiamo soprattutto una componente di super yacht che navigano intorno al mondo per fare charter di alta gamma, e che sempre più spesso scelgono la nostra penisola per fare una tappa. Il fenomeno riguarda soprattutto Sardegna, Sicilia e Campania, scelte come destinazioni intermedie prima di proseguire verso l’Egeo. Questa tendenza, insieme alla crescita generale delle imbarcazioni sotto i 24 metri e all’aumento del noleggio di catamarani, sta contribuendo a favorire l’incremento dei transiti nei porti turistici italiani».
In questo clima positivo, ci sono anche elementi che vi preoccupano?
«L’unica ombra è la debolezza delle famiglie medie italiane, meno inclini alla spesa rispetto al passato. Non possiamo nascondere che nel 2008, prima della crisi finanziaria globale, nel nostro paese si immatricolavano 4.000 barche nuove all’anno, mentre nel 2022 ne abbiamo contate appena 242, contro 3.800 cancellazioni. Nel lungo periodo di crisi che i porti turistici italiani hanno attraversato, dal 2010 al 2020, sono state oltre ventimila le imbarcazioni cancellate dai registri nazionali. Ciò ha portato molti porti turistici a investire nella ricerca della clientela straniera, che significa compiere maggiori sforzi nel marketing e nella partecipazione a fiere internazionali. Si tratta di una componente ormai indispensabile per rendere sostenibile l’attività dei porti turistici, anche nel periodo di picco estivo».
Da non dimenticare c’è poi il problema della direttiva europea Bolkestein e dell’imminente scadenza delle concessioni demaniali marittime…
«Da sempre, Assomarinas e Confindustria Nautica sostengono che i porti turistici vadano esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva Bolkestein, e siamo lieti che questa nostra istanza sia stata accolta all’interno del Piano del mare. La legge speciale sui porti turistici (DPR 509/1997) prevede delle procedure specifiche per il nostro settore rispetto alle altre concessioni demaniali marittime e l’articolo 37 del Codice della navigazione impone di rinnovare i titoli in base al migliore utilizzo dell’area demaniale: ciò basterebbe per garantire la continuità agli attuali titolari di porti turistici, che hanno sempre gestito le strutture al meglio. Oltre a ciò, c’è il tema della non scarsità della risorsa, previsto dalla stessa direttiva Bolkestein come criterio di esclusione dalle gare pubbliche: come è emerso dai recenti lavori del tavolo tecnico sulla mappatura del demanio marittimo, istituito presso la presidenza del consiglio dei ministri, c’è ampia disponibilità di specchi acquei sia nelle acque interne che in quelle marittime, tale per cui è possibile garantire la concorrenza avviando nuove imprese senza espropriare quelle esistenti. In definitiva, ci aspettiamo che sulla Bolkestein il governo faccia chiarezza al più presto per garantire la continuità gestionale delle strutture per la nautica da diporto».
Per favorire lo sviluppo economico del settore, cosa chiedete invece al governo?
«Abbiamo più volte invitato a indirizzare alcune risorse del Pnrr alla portualità turistica, per aiutarla a uscire dal decennio di crisi. Dopo anni di difficoltà, molte strutture hanno bisogno di rinnovare gli impianti elettrici, i pontili e le scogliere, e dato che si tratta di investimenti privati di interesse pubblico, ci sarebbero tutti i presupposti. Inoltre sarebbe necessario, come scrive anche il Piano del mare, migliorare la competitività fiscale dei porti turistici: abbiamo molti contenziosi in materia di Tari e di Imu ed è urgente cambiare le regole esistenti. Nello specifico, non è giusto che i porti turistici paghino la tassa sui rifiuti se sono autonomi nella loro gestione, né è corretto che i terminal crocieristici siano esenti dall’Imu e le strutture per la nautica da diporto no».
Le richieste hanno incontrato ascolto?
«Per ora, sul fronte del Pnrr abbiamo ottenuto alcuni fondi in materia di transizione energetica e accessibilità ai disabili, che hanno permesso per esempio a molti porti di avere accesso agli incentivi per l’installazione degli impianti solari: si tratta di una panacea per strutture come le nostre, con tanto spazio libero a disposizione, per ottenere una maggiore efficienza energetica e minori costi a beneficio dell’utenza. Perciò posso dire che su questo tema abbiamo lavorato bene e confidiamo che possano aprirsi a breve altri capitoli di finanziamento».
In conclusione, come vede il futuro della portualità turistica italiana?
«La vedo all’insegna del rilancio e della sostenibilità, e ci sono già dei casi concreti che lo dimostrano: dopo gli anni della crisi, la ripresa ha infatti consentito di riprendere in mano molti progetti rimasti congelati a causa di fallimenti o difficoltà economiche».
Qualche esempio?
«Il porto turistico di Ospedaletti, in Liguria, ha avviato un progetto di rilancio con il completamento di una nuova area destinata agli yacht superiori ai 24 metri; a Genova è partita un’importante operazione di recupero del waterfront di levante per convertirla alla portualità turistica; a Piombino è stato realizzato il nuovo progetto del Marina Arcipelago Toscano, recuperato dagli spazi dismessi del porto commerciale, con 200 posti barca già pronti e altri 300 in arrivo. Altri esempi interessanti sono poi al Porto Mediceo di Livorno, dove esisteva un vecchio progetto del gruppo Azimut Benetti che è stato ripreso in mano di recente grazie alla situazione positiva del mercato, e al porto di Cagliari, dove ha finalmente visto la luce un progetto di riconversione del bacino ovest alla nautica da diporto, con il coinvolgimento del gruppo Molinas che è una delle realtà più forti del settore. Infine ci tengo a segnalare il porto turistico da 500 posti barca Sant’Agata di Militello, in Sicilia, quasi completato grazie a fondi regionali e che dovrà avviare la fase di ricerca del nuovo gestore, e il Molo San Cataldo a Bari, dove l’Autorità portuale è finalmente riuscita da avviare i lavori esecutivi della trasformazione di una parte del porto commerciale del capoluogo per ricavare 400 posti per la nautica da diporto. Insomma, c’è tutto un fiorire di iniziative – finalizzate soprattutto a riconvertire spazi di porti commerciali a usi nautici, come raccomandiamo da tempo – che ci rende ottimisti».