Finalmente ieri l’oceano ci ha regalato la bellezza del navigare con il vento in poppa. Poca aria, una decina di nodi da Ovest pieno, ma sufficienti per tirare su il gennaker e filare via con il sole in faccia su un bel mare calmo. Il gennaker, come lo spinnaker, non è una vela facilissima per i timonieri poco esperti: richiede molta attenzione e piccoli aggiustamenti continui del timone in un equilibrio tra direzione del vento, rotta e onda. E’una vela leggera, armata sul tangone dal lato sopravento ed è facile farla “sgonfiare” se non si sta attenti a tenerla con il giusto angolo al vento.
Siamo stati fortunati, in questa tratta di oceano non è difficile che le alte pressioni creino vento da Nord-Nord Est rendendo la navigazione una lunga e faticosa bolina che spesso nemmeno consente di arrivare a Gibilterra, ma costringe a ripiegare a Cadice o addirittura in Portogallo aspettando tempi migliori. In qualità di marinaio dovrei essere molto più scaramantica di così e non nominarlo nemmeno il vento da Levante, finchè non sarò in Mediterraneo, ma ormai mancano poco più di 350 miglia e voglio essere ottimista.
Mia mamma, che non è mai salita su una barca ma, come tutte le mamme, prova a capire la vita che sua figlia ha scelto, mi ha fatto a questo proposito una domanda interessante: ma se quando andate verso i Caraibi avete il vento in poppa, come fate ad avercelo in poppa anche quando tornate? Sembra banale, ma è una domanda che si fecero i primi navigatori/esploratori, centinaia e forse addirittura migliaia di anni fa, e che ha una risposta che ha condizionato non poco la storia del mondo.
Ogni mare ha delle sue caratteristiche– correnti, venti prevalenti, salinità, linee costiere – che ne determinano in gran parte la navigabilità nelle diverse stagioni e con diversi tipi di imbarcazioni. Gli antichi, dai Fenici in Mediterraneo ai Polinesiani in Pacifico, avevano una conoscenza dettagliatissima di queste condizioni, e le sfruttarono per navigazioni che hanno dell’incredibile, se pensiamo all’assenza di strumenti e alle caratteristiche delle imbarcazioni. Per quanto riguarda l’Atlantico, nel tardo 1400 e per buona parte del 1500 i navigatori europei, Colombo, Cabral, Dias, de Gama, sfruttarono proprio queste conoscenze per compiere le loro navigazioni esplorative e commerciali, sempre con il vento in poppa. Le navi dell’epoca infatti non potevano risalire il vento, con le loro vele quadre, ed era fondamentale trovare rotte che consentissero non solo di andare, ma anche di tornare. Colombo sfruttò gli alisei dell’emisfero boreale, che soffiano da Nord Est alla latitudine delle Canarie e da Sud Ovest sopra il 30° di latitudine (più o meno, perchè capita spesso di bolinare sia andando che tornando, ma questa è un’altra storia…). Cabral e de Gama dimostrarono che il modo migliore per arrivare al Capo di Buona Speranza era spingersi fino al Brasile per poi agganciare i venti occidentali che portano in Africa. Negli altri oceani la storia è forse ancora più affascinante, e ricca di imprese davvero epiche.
Se siete curiosi, queste storie sono raccontate in un bel libro scritto da John Mack, un inglese professore di storia con un attento occhio antropologico e artistico. Il libro si chiama “Storia del Mare”.

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