Per chi frequenta il levante ligure è risaputo che uno degli appuntamenti da non perdere è la Sagra del pesci di Camogli, arrivata quest’anno alla 66esima edizione. A differenziarla dalla miriade di sagre nate egli ultimi anni non è soltanto la decennale longevità, fu voluta dall’avvocato Filippo De Gregori che nel 1952 propose la sua creazione. Da allora è stato un continuo crescendo che ogni seconda domenica di maggio rinnova l’appuntamento per migliaia di persone. Quest’anno, il momento clou sarà domenica 14 maggio. In questa giornata saranno cucinate tre tonnellate di pesce in tremila litri d’olio per servire circa 30mila porzioni di frittura.
Il tutto avviene nell’enorme padella in acciaio, con un diametro di quattro metri (e con un manico lungo sei!) che occupa la piattaforma appositamente costruita in piazza Colombo, e appoggiata su ponteggi con base nel porticciolo del borgo. Per poter però dire di aver partecipato a tutta la sagra è necessario essere presenti dalla sera prima, quando viene celebrata la ricorrenza di san Fortunato, il patrono dei pescatori. In questa circostanza, otto baldi volontari si portano in groppa i quattro quintali della statua del santo, che si conclude poi con i tradizionali falò, cui viene appiccato il fuoco alle 23. Tradizione vuole che le pire siano realizzate dai due quartieri di Camogli, il Porto e il Pinetto, con pezzi di legno ottenuto da vecchie barche, mobili dismessi e vari altri manufatti giunti a fine vita.
Per entrare a fondo nella cultura gastronomica genovese, però, è consigliabile, anzi potremmo dire obbligatorio, anche un giro per le numerose, ma spesso difficili da trovare, trattorie cittadine. Qui si riesce a mangiare da signori, ma con una spesa contenuta, che difficilmente supera i 30 euro e spesso si accontenta di 15 (non ci dimentichiamo che i genovesi, almeno per tradizione e luogo comune sono oculati nelle spese, e i luoghi dove mangiare devono tenere fede a questa immagine). Le trattorie, si diceva, sono sempre la scelta migliore per provare l’ars mangiandi zenese, attenzione però che in molte di queste non si può prenotare, chi arriva mangia, e alcune di esse non hanno neanche l’insegna all’esterno!
La base per partire con le esplorazioni culinarie è il Marina Porto Antico, punto baricentrico per scoprire Genova, con in più la possibilità di assaporare il raro gusto che fa dormire nella propria barca prima di andare alla scoperta di una città. Il gusto cioè di avere il proprio albergo navigante disponibile direttamente nel cuore della destinazione da scoprire.
A dieci minuti di passeggiata dalle banchine, ci si addentra in vico Caprettari, uno dei carruggi più noti del centro storico, anche per la presenza dell’Antica Barberia Giacalone, una bottega di barbiere storica (e assolutamente funzionante) con vetri colorati, specchi e finiture Art Decò in perfetto stile liberty in cui tutto è rimasto com’era nell’anno della sua nascita, il 1882. Vale la visita anche se non dovete avere nulla a che spartire con il figaro locale. A soli 30 metri di distanza, al civico 10R, si incontra la Trattoria della Raibetta: un’istituzione per i genovesi e una certezza per i turisti. In un palazzo del 700, con arredi in stile rustico e sotto le volte di mattoni a vista si gusta la cucina tradizionale. La frittura di pesce non tradisce mai e i consigli sul piatto del giorno sono sempre di grande soddisfazione per chi si fida. In più, la possibilità di scegliere cosa bere tra oltre 200 etichette di vino.
Ambiente studiatamente “vecchio” e cucina nel solco della tradizione anche alla trattoria Sà Pesta, realizzata in un antico deposito del sale, è famosa per la farinata e le torte di verdure. Anche l’orario è da tempi che furono: Chiuso la domenica; lunedì, martedì e mercoledì ci si mangia solo a pranzo e a cena è aperto dal giovedì al sabato. Il menù è tipicamente genovese, con le immancabili trofie al pesto, le acciughe ripiene, lo zemino di ceci.
Se vi sentite ancora più esploratori provate a trovare Mangiabuono. Vi diamo un aiuto, è in Vico Vegetti 3R, a due passi da piazza san Bernardo, ma occhio non c’è insegna e, ovviamente, non è assolutamente possibile prenotare. Anche qui la cucina è tradizionale e di ottima qualità. Il locale è piccolo e nella buona stagione si trova qualche tavolo sulla strada. Lo stile è perfettamente il linea con lo spirito ligure con il menu scritto a mano.
Altro locale storico sempre attivo e apprezzatissimo ancora oggi e, quasi letteralmente, a due passi dagli ormeggi di Porto Antico. All’Antica Friggitoria Carega, dal 1942 in via Sottoripa il bancone è in bella vista, il muro è da sempre piastrellato bianco e da sempre qui si ordina e se non si porta via si mangia per strada, i posti seduti si contano su una mano. Irresistibile però l’offerta: fritti misti di pesce, baccalà in pastella, cuculli e frisceu, pizze e farinate, pesce in umido. Locale da sempre amato dai genovesi, come dimostra anche la foto di Fabrizio De Andrè con il figlio Cristiano, davanti al bancone, conservata dentro il locale e che qui vi riproponiamo. Attenzione perché la spesa potrebbe stupirvi: con 10 euro di investimento andate via estasiati.
Infine, per togliervi almeno per un po’ la voglia di cucina genoese, ma rivista in chiave più nuova, dedicatevi un pasto alla Trattoria dell’Acciughetta. Impossibile predire che cosa troverete quel giorno in tavola: il menù cambia quotidianamente perché le pietanze sono cucinate con ingredienti sempre freschi, comprati nei mercati del sestriere. Le immancabili acciughe sono sante o a braccetto, fritte, marinate e in mille altri modi tutti da gustare. Tra i primi piatti, i ravioli Presidio Slow Food al tocco genovese e le trofie integrali “all’Acciughetta”. A differenza delle altre destinazioni l’atmosfera è qui più… attuale. Passato e presente hanno trovato un ottimo punto di equilibrio e la giovane gestione rende molto piacevole la permanenza.
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