Nautica: #10yearschallenge

Imperversa in questa settimane la moda social di rapportarsi, con l’aiuto di una foto archiviata, a come si era 10 anni fa (#10yearschallenge). Più magri, più belli, con il taglio di capelli diverso e magari anche un altro stile nel quale non ci si identifica più.

E se al posto di una persona questa tendenza venisse seguita dal mondo del mare, che foto dovremmo postare? E che rimpianti o gioie dovremmo sentire facendo un simile paragone?

Come è ben noto a tutti gli operatori del settore e non, proprio 10 anni fa, la nautica del nostro paese veniva travolta da una delle crisi più profonde dal dopoguerra, arrivando a toccare il fondo nel 2013.

Se in una parola descrivessimo il primo sentimento che proviamo a guardare quella vecchia foto, sarebbe certamente orgoglio. Si perché dopo quell’ultimo anno che chiudeva un lustro in cui l’apprensione e il dubbio per il mercato erano sulla bocca e nella testa di tutti, l’Italia della nautica si è rimboccata le maniche e ha incrementato anno dopo anno il suo fatturato, incrementando la produzione d’imbarcazioni da diporto del 33%.

I cantieri navali italiani rappresentano un eccellenza del nostro paese, si stima infatti che circa il 31% della flotta navale mondiale, i super yacht (Imbarcazioni sopra i 30 metri), sia made in Italy. La partecipazione al PIL nazionale, stando agli ultimi dati forniti, si aggira intorno al 2%, non poca cosa rapportato ad altri settori in cui il Belpaese spicca storicamente in Europa e nel mondo.

L’indotto che si crea attorno al mondo del mare è notevole, basti pensare che il numero delle PMI, vertiginosamente calato durante lo tsunami economico è in fortissima ripresa. Servizi, artigianato e industria, dal 2016 hanno ripreso lentamente e con grande forza le redini dell’economia del mare, arrivando quasi a 200.000 addetti nel settore.

E allora, guardando velocemente questa fotografia vecchia 10 anni, che pensieri potrà mai avere la Signora Nautica? Probabilmente speranza e fiducia, la prima, guardando al domani, non potrà mai fare a meno della seconda che invece, grazie alla grande conoscenza dei propri mezzi, ci ha fatto arrivare fin qui nonostante la forte tempesta.

E se in inglese, questa banale tendenza social chiama il confronto con il proprio passato “challenge”, vorrà dire che nei prossimi 10 anni, chi guarda al passato, ha il dovere di affrontare una sfida, per confermare quanto di buono fatto finora e per migliorarsi. La consapevolezza di parlare di un’eccellenza italiana non deve mai abbandonarci.

 

Diego Ruggiano

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