Fino a sentenziare che “rosso di sera, buon tempo si spera“ ci arrivano tutti, anche i più terricoli terrazzani e fra essi avevo udito con le mie orecchie qualcuno che ostentava di sapere anche che “se il cielo é rosso di mattina il brutto tempo s’avvicina“.
Si potrebbe istituire una pubblica tenzone tra quelli di mare e quelli di terra per scoprire chi di loro custodisca il maggior numero di massime e quindi si dimostri essere più capace di conservare e tramandare la saggezza indispensabile per vivere prudentemente in armonia con l’ambiente che lo circonda.
Chi si avventura per mare, anche se fosse solo quello davanti a casa mantenendosi ridossato e a poche miglia dalla costa, potrebbe ugualmente aver bisogno di conservare nella memoria i proverbi che ci derivano dalle tradizioni marinare.
Sarà quindi opportuno conoscere che “Se a calma notte il mare brontola a riva, al largo o marinar la barca va giuliva“; non ci resta che provare per crederci poiché, oltre a questo, possono concorrere a complicare la vita del marinaio tanti altri segnali atmosferici e quindi bisognerà sapere che “Quando le stelle son troppo scintillanti, sta certo che il vento forte ti sta davanti“ oppure “Stelle ingrandite e luminose assai annunciano cambiamento ai marinai“.
Sappiamo tutti che la notte in mare crea maggiore apprensione rispetto al navigare di giorno, per cui ci sono molte altre massime che assistono il navigante quando la visibilità manca. Sempre di notte il marinaio dovrà sapere che “Stelle moltissime in ciel filanti, di vento e pioggia son segni parlanti” oppure “Ciel senza nubi e pallide stelle al marinaio annunciano procelle“.
Non crediate che manchino le previsioni diurne per cui sarà bene che chi è solito navigare con la luce del giorno si svegli molto presto e verifichi che “se l’alba verde a te apparirà, da questo lato il vento arriverà“ e così, soprattutto per me che temo le raffiche di bora, mi tornerà utile memorizzare che “Vento da nord propizio al marinaro, se l’orizzonte scorgi netto e chiaro” anche se forse si adatterebbe meglio alla circostanza un orientamento più a nord-nordest, comunque vale quasi per tutti che “quando lo scirocco è chiaro o la tramontana è scura, puoi metterti in mare senza aver paura“.
I pescatori veneti, ultimi eredi della Serenissima, posseggono un repertorio di massime dialettali che è inesauribile, dal quale ho tratto e conservato quelle più significative e pittoresche che ho prontamente trascritto sul mio libro di bordo.
“Luna culcada, mariner in pie; luna in pie, mariner culcà” ( se si corica la luna stai allerta…..e viceversa); “dò calighi fa una bora, tre fa una piova” ( caligo – dal latino caliginis – è la nebbia per veneziani, triestini, ferraresi, piacentini e romagnoli e la numerazione dovrebbe riferirsi al perdurare in giorni ) se poi la previsione viene vista dalla parte di Trieste o addirittura dall’Istria il dialetto istro veneto ci suggerisce che: “co la furlana alza le cotole, el tempo sciarissi (ndr. quando sul Friuli il cielo si rasserena …).
Ecco che fra la gente di mare, forse più ispirata da suggestivi scenari della natura, compaiono le riflessioni sui casi della vita e sgorgano altri adagi che nulla hanno a che fare con la meteorologia: sono pragmatiche considerazioni su “chi gà bon vento navighi, chi ga bezi fabrichi“ (i bezi sono i soldi che servono per costruire ) e già per i Latini l’andar per mare era diventato uno stile di vita, tant’è che sentenziavano “prora et puppis est vivere” (cioè che fra la prua e la poppa vale la pena vivere) confortati dal poeta Orazio che a ciò aggiungeva “coelum non animum mutant, qui trans mare currunt” poiché, come avviene ancor oggi per tutti gli appassionati “chi attraversa i mari vede mutare cielo ma non l’animo“.
Per lungo tempo avevo pensato che le rime più note fra i marinai fossero quelle che mio padre mi ripeteva fin da piccolo, anche se non credo lo facesse per infondermi una particolare educazione culturale, quanto per trasmettermi simpaticamente la sua conoscenza pratica di quando era stato comandato a reggere il timone di una barca durante la prima guerra mondiale. Ho scoperto molto tempo dopo che la sua recitazione s’interrompeva quasi alla fine della filastrocca originale, che invece conclude l’ultima rima con una massima arcinota, che non sospettavo uscisse da questo contesto, anche oggi, ripensandoci bene e spero che anche voi lo condividiate, calza alla perfezione.
PERCHE’ LA NAVE
NON SI PERDA
Risponda al rosso il rosso,
al verde il verde avanti pur:
la nave non si perde.
Se sulla rotta rosso e verde appare,
mano al timone a dritta tieni il mare.
Se il verde mostri
mentre il rosso vedi,
accosta sulla dritta e il passo cedi.
Se alla sinistra il verde tu rilevi
dritto alla via,
ché manovrar non devi.
Non incrociar la rotta a un veliero
se dubbio va d’abbordo ancor leggero.
Se raggiungi in tua rotta nave
in mare sei tu che per passare
devi manovrare.
Se v’è neve, foschia, o nebbia folta,
sii cauto e lento ed i segnali ascolta.
Quando a proravia
alcun segnal tu avverta, ferma:
poi avanza adagio stando allerta.
Tu dagli eventi prenderai consiglio
pronto e sicuro in subito periglio.
E ricorda che all’uomo dice Iddio:
“Aiutati che allor ti aiuto anch’io “.
E come di consueto …..buon vento.