La navigazione nello Stretto di Messina è parecchio insidiosa, c’entrano soprattutto la profondità marina e il traffico generato dai traghetti. Scopriamo insieme il da farsi
Lo Stretto di Messina custodisce in sé le storie omeriche dell’Odissea e, quanto alle difficoltà di navigazione, c’è chi lo compara in qualche modo a Capo Horn.
Non a caso dallo Stretto di Messina ci passò il timoniere Ulisse, scegliendo l’attraversata fra Scilla e Cariddi, due località (oggi) turistiche, che segnano rispettivamente l’estremità dello Stivale e della Sicilia. Il “Nessuno” narrato da Omero, temeva i terribili gorghi di Cariddi e un mostro marino di stanza a Scilla. Oggi, chi naviga da queste parti teme piuttosto i traghetti, le navi passeggeri e gli aliscafi.
Insomma l’impresa di attraversare lo Stretto, non è proprio alla portata di tutti e richiede d’informarsi al punto giusto su insidie e perigli che questo breve tratto di mare nasconde. Da mettere in conto ci sono anche le correnti, i venti e i gorghi, che insieme complicano la navigazione fra Calabria e Sicilia. Portate attenzione, perché anche attraversare lo Stretto con un’imbarcazione a motore non è una cosa facile. Conta soprattutto il traffico, che congestiona quel miglio e mezzo di mare nel punto più stretto fra il siculo Capo Peloro e Torre Cavallo, nei pressi di Scilla.
Prima di vedere come affrontare le insidie dello Stretto, cerchiamo quindi di capire più tecnicamente a cosa sono dovute.
Il braccio di mare fra l’Isola e il Continente è largo circa un miglio e mezzo a nord e si allarga fino a otto miglia nel punto più ampio a sud, fra Punta Pellaro in Calabria e capo d’Alì sulla sponda opposta.
A creare le forti correnti e i famigerati gorghi è certamente la differenza di profondità dei fondali fra i due versanti. A nord, il fondo del Tirreno si abbassa gradualmente raggiungendo circa 1.000 metri intorno alle Eolie. Verso sud, nel versante Ionico, l’abbassamento è più repentino, toccando i meno 800 a ridosso della costa calabrese e i meno 2.000 al largo di Catania.
Questa differenza di profondità fra i fondali è la causa di veri e propri travasi di acqua fra i due versanti che abbastanza regolarmente, ogni sei ore, cambiano direzione provocando correnti che possono arrivare anche a 5-6 nodi. Il video che proponiamo è stato girato sulla punta siciliana, esattamente sotto il pilone di Capo Peloro, e dà un’idea della potenza della corrente.
Il fiume di acqua che va da sud verso nord si chiama “montante” ed è una corrente più lenta e profonda della “scendente”, che invece corre più veloce, da nord verso sud, e più in superficie. Ma non basta, ci sono anche le cosiddette correnti di deriva e di marea. Le prime sono di solito disposte da da nord a sud , soprattutto lungo la costa calabrese, e hanno una intensità di circa un nodo, quelle di marea, che come dice il nome cambiano direzione a seconda delle maree e possono raggiungere anche i 4 – 5 nodi. Infine, molto a ridosso delle due sponde, ci sono le cosiddette controcorrenti.
Occorre quindi tenere conto di questi movimenti quando si entra nello stretto, soprattutto la loro direzione, perché una corrente di 4 nodi contraria può non solo fermarci se navighiamo a vela, ma anche ridurre drasticamente la nostra velocità se navighiamo a motore facendo impennare i consumi a parità di miglia da navigare.
Al copione messo in scena dalla natura, dobbiamo aggiungere un altro protagonista, ossia il vento, con i suoi salti e cambi d’umore, frequenti soprattutto con il bel tempo quando non c’è un flusso d’aria prevalente.
Fissato il quadro generale come lo affrontiamo? Diciamo che in linea di massima, con vento da nord verso sud, che solitamente spira nello stretto lungo l’asse del canale, se entriamo dal Tirreno verso lo Ionio possiamo navigare con andature portanti lungo la costa della Calabria a circa mezzo miglio di distanza, oppure molto sotto costa la Sicilia per sfruttare le contro correnti. In tutti i casi si deve fare attenzione ai gorghi che con mare calmo sono ben visibili. Sono presenti soprattutto davanti alle due punte e davanti al lungomare di Reggio Calabria. Questi mulinelli, soprattutto se stiamo navigando molto lenti con poca spinta, possono causare bruschi cambi di rotta non voluti.
Nello stretto di Messina, come già detto, non è raro incontrare salti di vento o raffiche improvvise. Oppure, all’opposto, cadere in improvvisi buchi di vento. In quest’ultimo caso una corrente, anche non fortissima, può farci abbattere la prua e imprimere alla barca uno scarroccio incontrollato.
Le raffiche improvvise sono più probabili sotto Messina e scendono proprio dalle alture che sovrastano la città. In questi casi possono essere molto più forti e di direzione diversa da quella del vento con cui si navigava pochi istanti prima.
Per quanto detto fino ad ora risulta evidente che sono le variabili quelle che possono mettere in difficoltà chi affronta lo Stretto. Tutto sommato la navigazione è più semplice quando ci sono condizioni di vento fresco con una direzione ben precisa, che riduce le incertezze e le possibilità di salti.
Ad aiutarci nella pianificazione, soprattutto a prendere la decisione se e quando affrontare lo stretto, ci sono le tabelle delle correnti disponibili nel sito www.correntidellostretto.it.
Ma come sempre accade in mare, l’ultima parola non è mai la nostra e a volte lo Stretto decide che non si passa. Soprattutto lo scirocco può alzare un’onda ripida e dura, tale da imporre un cambiamento di programma. In tutti i casi piacevole, se si decide di fermarsi a Messina, nel marina del Nettuno, che sorge sulla dritta appena entrati nel porto commerciale, oppure ancora prima di entrare, sulla costa calabrese.
Con maestrale forte si scende verso sud agevolmente ma se si deve risalire i bordi dovranno essere il più possibile sotto costa siciliana dove si è più ridossati. In tutti i casi è bene consultare con anticipo la tabella delle correnti.
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Complimenti bell'articolo utile e interessante! Da mezzo siciliano quale sono vorrei aggiungere un aspetto "tecnico"... non si attraversa lo stretto senza munirsi di una copiosa cambusa di ARANCINE!!! E ricordatevi che in Sicilia si deve sempre arrivare dal Mare!
Aggiungerei a completamento dell'ottima scheda che i travasi di acqua dal tirreno allo ionio e viceversa sono generati dallo scostamento temporale delle maree tra i due mari: questo spiega il periodo di 6 ore delle correnti.
Nell'articolo non avete accennato alle regole di separazione traffico che sono vigenti sullo Stretto di Messina