Sono in molti a chiedersi: “Perché sulle barche tutto ha un suo nome, spesso strano e completamente diverso da quello che potrebbe avere a terra“? Una questione che spesso è anche fonte di grande ilarità tra i “terricoli”, basti pensare alla famosa frase “Fantozzi! Cazzi quella gomena!”
La risposta è piuttosto semplice, sulle navi a vela bisognava gestire centinaia di diverse manovre, velocemente e in sicurezza. Ecco allora che qualsiasi oggetto, parte dell’imbarcazione o azione, doveva avere un nome specifico. Bisognava farsi capire al volo, magari nel mezzo di una tempesta. Urlare comandi come: “Fantozzi tiri quella corda“, non avrebbe avuto molto senso: quale corda? Ne avrebbe avute davanti agli occhi ben più di una. E non tirare (che può essere confusa con altre parole “normali” del vocabolario italiano, come ad esempio girare), ma cazzare (cioè tesare, riferito alle scotte).
Tanto per capirci: la gomena era in origine un grosso cavo di canapa, lungo 200 metri. Quando non erano ancora in uso le catene serviva per l’ormeggio sull’ancora dell navi. Ora viene usato per l’ormeggio in banchina o per il rimorchio, a sempre nel caso di grandi imbarcazioni. Era anche un’unità di misura, corrispondente ad un decimo di miglio (182 metri) ma attualmente è in disuso.
Altri esempi? La formaggetta indicava il pomo appiattito all’estremità delle aste delle bandiere e degli alberi (per non far ristagnare l’acqua e per motivi estetici) e si chiamava anche galletta. Ora indica più genericamente la parte orizzontale superiore degli alberi.
La bigotte sono invece casse di bozzello in legno a forma sferica schiacciata, al suo interno ci sono tre o quattro fori per passarvi i cavi che devono essere tesati. Un sistema di due bigotte costituisce una sorta di paranco e serve a mantenere tesate le manovre dormienti (quindi fisse) come ad esempio le sartie degli alberi delle navi armate in maniera tradizionale. Ora (nel caso delle sartie) il loro lavoro lo fanno gli arridatoi (da, arridare, tendere in modo che non vi sia imbando sulle manovre dormienti).
Ultimo esempio? Assuccare, anche senza saperlo, lo abbiamo fatto tutti. Significa stringere una legatura o un nodo che si sono allentati. In passato significava anche accostare un oggetto ad un altro e riunirli con legature strette. In senso figurato, sulle navi, significava anche fermare una persona e obbligarla a compiere qualche lavoro a bordo.
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