Una volta c’era il 3DL, poi è arrivato il 3Di, ora è il momento del 3Di Race. In ogni caso North Sails indica la strada nella ricerca nel campo delle vele. Il 3Di lo abbiamo già potuto vedere ampiamente utilizzato nel ondo della Coppa America, Volvo Ocean Race e sui Maxi. Ora la missione è estenderne l’utilizzo a fasce ben più ampie di velisti.
Ad Alessio Razeto, direttore vendite di North Sails Italia, abbiamo chiesto di raccontarci nel dettaglio questa evoluzione.
Sono entrambi opera di “inventori” svizzeri, frutto dell’incredibile mondo della Coppa America e degli enormi investimenti che questa comporta.
Il 3DL è arrivato nel 92/93, il 3Di quando nasce?
Nel 2004 quando Alinghi ha iniziato a sviluppare questa tecnologia in privato, pensando di usarla nella Coppa successiva. Per poterla sviluppare ha chiesto aiuto ai nostri tecnici e l’accordo è stato che avremmo partecipato allo sviluppo, ma con opzione di acquisto della tecnologia.
Tecnicamente cosa cambia?
3DL e 3Di sono entrambi prodotti realizzati su uno stampo maschio che si modella in positivo a seconda del disegno, per cui non c’è uno stampo fisso. Ogni volta viene rimodellato e viene creato da martinetti idraulici che muovono la superficie di un materiale flessibile. Il 3DL è un sandwich, ossia viene messo su un film la fibra che viene distesa secondo le linee di carico, un altro film viene sovrapposto e poi vengono laminati sottovuoto. La grossa evoluzione del 3Di è che il filo viene, tramite una macchina che si chiama spreader, reso un filamento uniderezionale applicato su un tape di Dynema molto sottile, 6 micron (tanto per dare un’idea, i nostri capelli sono 20 micron). Questi nastri vengono poi preimpregnati di resina.
In pratica fa tutto lei: prende il filo lo ritorce lo applica sul nastro di Dynema e poi lo preimpregna di resina. A questo punto sia ha il materiale base. Questo tape viene orientato da un plotter che li stende e li taglia: i nastri potrebbero essere lunghissimi anche se in realtà si usano corti, 60-70. cm. La disposizione e la composizione di questi tape è la parte centrale del nostro studio: in base a come orienti le pelli avrai un risultato finale sulla vela.
Come avviene l’applicazione sullo stampo?
Viene steso sullo stampo quando è un tape bagnato e umido e non catalizzato. Poi viene fatto il sacco del vuoto e tramite una lampada a infrarossi viene catalizzato. Quello che si ottiene è un monolite di pura fibra unidirezionale, la fibra usata in modo unidirezionale è il modo più efficace possibile: lavora direttamente lungo i carichi e, non essendo un laminato, durerà di più. Non può essere oggetto di delaminazione.
Si possono usare diverse fibre?
Può essere carbonio, Kevlar o Dyneema, ma la vera rivoluzione è proprio il modo in cui si utilizza, l’efficacia con cui viene posizionata all’interno della membrana. Oltretutto non ci sono più materiali “inutili”.
In che senso?
Nel senso che non ci sono materiali che non contribuiscono direttamente alla struttura. Nel 3DL e in tutti gli altri laminati ci sono le fibre tenute in posizione da dei materiali che sono delle pellicole e dei nastri che non sono necessari alla struttura in termini di forma ed efficienza. Sono lì per tenere fermo il tutto. Nel 3Di non servono. Quindi a parità di peso puoi avere molto più materiale che tiene rigida la membrana, o se l’obiettivo primario è la riduzione del peso, puoi decidere di avere una membrana molto più leggera.
Cosa cambia in termini di durata?
Il 3Di non si delamina, ma o si rompe o si deforma. In linea generale si può dire che ha un 30% in più di durata rispetto al 3DL, anche se è sempre difficile dirlo con certezza perché dipende dall’impiego. La vela da regata pura non nasce per durare, ma per dare il massimo della prestazione in poco tempo. Quando si parla di crociera ed “endurance”, quindi navigazione impegnative, è tutto un altro discorso.
Interessante, ce lo spiega meglio?
Il 3Di viene dalla Coppa, inizialmente il prodotto è stato applicato alla regata pura, quello che si è capito nel tempo è che si riesce a realizzare una vela laminata sottovuota tramite somministrazione di calore con il Dyneema.
Col 3DL era impossibile?
Si, perché il Dyneema a 50-60° di temperatura, che è la temperatura con cui laminiamo le vele 3DL, cambia le sue proprietà in poliestere, quindi regredisce. Con il 3Di questo non è più un problema perché il supporto è già preimpregnato di resina e le temperature che si raggiungono sono anche più basse. A quel punto si è aperto una scenario grandioso: realizzare monoliti in un pezzo unico su stampo in Dyneema che è comunque una delle fibre più longeve conosciute.
Abbiamo iniziato a lavorare sui superyacht da crociera dove i carichi, lo spazio all’interno di avvolgitori, boma ecc. sono un problema. Abbiamo quindi applicato il 3Di non tanto per la regata ma per la crociera. Piano piano si è poi scesi verso mercati più ampi e anche con meno criticità: i carichi su un 50 piedi sono ben diversi da un superyacht. Ora stiamo arrivando a usare questo materiale, che dal nostro punto di vista non è stato ancora sfruttato appieno, anche altrove…
E qui entra in gioco il 3Di race?
Con il 3Di Race si apre lo scenario a barche che fanno attività di regata non estrema, non esasperata, tra i 20 e i 40 piedi: le club race, gli invernali. Per barche che non vogliono modificare l’attrezzatura perché le vele le stresserebbero. È un prodotto che ha la sua caratteristica principale il fatto di essere in kevla, quindi non mettiamo carbonio. Per come viene usato il kevlar nella tecnologia 3Di è già ampiamente sufficiente per avere la stabilità di forma che noi richiediamo. Oltretutto il kevlar ha un buonissimo rapporto con il “flex” con quello che può essere il maltrattamento a bordo. E quindi ha una durata decisamente superiore.
I prezzi cambiano molto?
Il 3Di race è un po’ più caro di un analogo prodotto in 3DL, +10% al massimo. Il costo comunque dipende dai casi perché varia in relazione dalla quantità di fibra. Il 3Di è di per se molto più tenace, se ne può quindi usare di meno, il che significa meno costi. Il Dyneema è componente essenziale di tutto il 3Di. Sui superyacht abbiamo usato anche del carbonio unito al Kevlar. Nel 3Di Race, come dicevo, il carbonio sparisce.
Quali son i “plus” del 3Di Race?
Prima di tutto la stabilità della membrana. Quello che forse non viene detto abbastanza è che una membrana indeformabile non esiste, ci vorrebbero le vele in acciaio. Quello che si ottiene con il 3Di race è la più alta indeformabilità possibile, almeno secondo i nostri test. E’ quindi una membrana molto stabile, visto che quello che manda avanti una barca non è il materiale ma la forma della vela. Pensate agli aerei: se l’ala ha la forma sbagliata puoi metterci anche il carbonio ma non decolleranno mai. In secondo luogo la longevità, per quello che dicevamo prima: è un monolite e non un laminato. Infine per l’ampiezza del range di utilizzo. Un jib leggero che di solito arriva fino ai 10 kn ora arriva a 13/14. Non dover cambiare fiocco può far vincere una regata. Con il 3Di non ci sono troppi problemi ad andare fuori range.
Il 3Di Race è difficile da regolare?
Non sono difficili, non bisogna essere dei superesperti. Però, a differenza di tutte le altre membrane molto più elastiche, è molto reattiva alle regolazioni: se, ad esempio, dai più drizza del necessario sulla vela l’effetto è importante. E’ facile sbagliare la regolazione perché sono molto sensibili. Però, in termini di regolazione, hanno anche un grande vantaggio…
Quale?
Visivamente sono facili da capire, da “leggere”, rispetto alle membrane trasparenti. Il cambiamento è molto più evidente. Ad esempio, facendo riferimento alle linee di forma è pazzesco vedere come la forma va avanti appena tesi la drizza. E’ facilmente percepibile anche per un profano.
Per il 3Di Race dobbiamo aspettare ancora molto?
E’ stato lanciato ora. In Italia non abbiamo ancora barche che lo usano e neppure campioni di tessuto. Negli Usa le prime barche lo stanno utilizzando.
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