Odissea di un lettore che purtroppo sbaglia a partire nel periodo delle restrizioni
In un articolo pubblicato recentemente sul nostro magazine online vi abbiamo raccontato la vicenda di un armatore di Portisco che, di ritorno dalla Francia, è stato bloccato dalle autorità marittime fuori dal suo marina e spedito in quarantena dopo aver richiesto ed espletato la Libera Pratica.
Un nostro lettore ha voluto raccontarci la sua travagliata esperienza commentando direttamente l’articolo sopra citato, simile a quella che ha visto protagonista l’armatore sardo e tutt’ora in via di sviluppo. Sì, perché questo signore ci scrive da Tropea, dove è attualmente bloccato per via delle disposizioni della capitaneria di porto. Una vera e propria Odissea che non sembra trovare il lieto fine.
Il racconto è cosi avvincente che lo riportiamo integralmente.
Finalmente a marzo 2020 ho 20gg di tempo per compiere il “giro” e, con mio figlio 30enne e la mia compagna, vado a prenderla a Porto San Giorgio, nelle Marche. Il 5 marzo dopo una giornata di treno arrivo, ma si sa le barche son come le donne, costose e mai pronte.
Dopo alcuni giorni, risolti i problemi col cantiere, pronti! Si può partire. Ahi, ahi è cominciato il “decreto”, nuova telenovela italiana.
Un giovedì parto, destinazione Monopoli, Puglia, 240 miglia, 2notti e 2 giorni di navigazione. Comincio con il chiamare la capitaneria di porto competente; posso andare ma serve la “libera pratica sanitaria”??? Devo chiamare il “non so cosa” competente del ministero della sanità, mi danno il numero e niente, al telefono mi sfanculano….pazienza torno indietro.
20miglia +20 di ritorno a porto santo Stefano. Un paio di giorni, è di già il 16 marzo, finalmente parto, mi faranno la pratica, da richiedere da 4 o 12 ore prima del l’atterraggio.
Stiamo a bordo una settimana in porto e scendiamo il meno possibile, giusto per far la spesa un paio di volte.
Chiamo la capitaneria di roccella ionica e mi dicono che posso andare ma non sanno se non mi dovranno multare … chiamo la questura di Catanzaro, non sanno che pesci prendere … mi dicono di chiamare il numero 1530, numero emergenza capitaneria….! Non mi perdo d’animo, chiamo la regione Calabria: convengono con me, essere valido il motivo di rientro per motivi di lavoro, ma non possono darmene certezza, mi consigliano di chiamare il numero verde covid regione Calabria … prova te che provo anche io …. non rispondono.
Comunque alla fine tutto bene, possiamo andare. La mattina del trenta, oltrepassato lo stretto di Cateno De Luca, a sei ore di distanza chiamo Tropea, prima l’autorità che non risponde e di seguito la gestione del porto. Ok, potete venire, basta non scendiate, avvertiamo noi la capitaneria.
Atterriamo alle 15 e troviamo in banchina l’ormeggiatore e la capitaneria. Documenti, modulo fresco et voilà: io posso transitare, forse, ma l’equipaggio no. Multone da 533 cadalauno a l’equipaggio con obbligo di quarantena, ariforse, dove?
Io posso ripartire con la barca, ma da solo non mi sentirei ne capace ne al sicuro e l’equipaggio? Il giorno seguente torna in banchina la cp e mi fa il verbale anche a me! Altri 500. Posso partire? Posso atterrare senza altre multe?
Non si sa. Al momento 2 aprile sono ancora qui!
Dicevamo che il 5 marzo sono entrate in vigore le misure straordinarie per contenere la diffusione del Covid-19 sull’intero territorio nazionale, misure che hanno effetto transitivo sul regolamento nautico e che quindi vieta il diporto se non per ragioni prettamente lavorative (leggi il nostro articolo). Ma ormai lui è già salpato e, dopo 240 miglia, due giorni e due notti di navigazione, sta per approdare a Monopoli.
Nella città di Domenico Modugno, però, non sanno dargli le informazioni necessarie per chiedere la Libera Pratica, al numero di telefono che gli viene dato e che dovrebbe corrispondere a una sezione competente del Ministero della Salute non risponde nessuno e, poiché non può certo “volare”, il nostro lettore è costretto a tornare a Porto Santo Stefano, in Toscana, dopo 20 miglia di navigazione.
In realtà, il nostro intrepido armatore avrebbe dovuto definitivamente rinunciare a quella che si sarebbe poi rivelata un’ Odissea quando era già stato respinto la prima volta a Monopoli e non ritentare la sorte. Meglio ancora se avesse subito annullato il viaggio il 4 marzo, quando il decreto nazionale era stato appena annunciato dal premier Conte: quel giorno lui ha preso il treno ma, in teoria, non avrebbe potuto nemmeno spostarsi dal proprio domicilio senza una ragione che non fosse o sanitaria o professionale.
In attesa di sapere quando il nostro Ulisse farà ritorno alla sua Itaca, ci permettiamo di dirgli che la soluzione per evitare questa Odissea c’era eccome: prima di partire, avrebbe dovuto leggere i nostri articoli su The International Yachting Media! Si sarebbe risparmiato miglia e denaro e, sopratutto, sarebbe stato al sicuro.
#Restaacasa
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Perdonatemi, se però leggo bene l'inizio del racconto, credo che il signore sia partito il giorno 12 Marzo ... cioè largamente dopo che il primo decreto fosse stato firmato (giorno 8 se non erro).
Questi i pezzi da cui faccio tale deduzione :
"Il 5 marzo dopo una giornata di treno arrivo, ma si sa le barche son come le donne, costose e mai pronte. Dopo alcuni giorni, risolti i problemi col cantiere, pronti! Si può partire....Un giovedì parto, destinazione Monopoli "
Quindi pur comprendendo l'odissea seguita alla partenza, credo che bastasse fare come molti di noi che hanno evitato di spostare la propria barca.
Io dovevo trasferirla per poche miglia partendo il giorno 8 e arrivando il 9, ma ho evitato visto che si doveva "rimanere a casa".
Magari sbaglierò , ma credo che siamo davanti ad un caso di "bhè, parto lo stesso" a cui poi ha fatto seguito una non chiara burocrazia italica.... Se fosse come dico io, allora i disagi non nascerebbero dalla burocrazia bacata (che li ha amplificati) ma avrebbero la loro genesi dal "parto lo stesso, tanto... cosa vuoi che sia... la mia barca è una motivazione valida con cui spiegare perchè mi sposto".
Non sarà questo il caso, ma so di molti che proprio perchè iniziava il divieto hanno deciso di fare dei lavoretti o dei trasferimenti che ,anche se non programmati per quei giorni, tornavano utili in quanto erano un bel modo per impegnare il tempo invece di stare a casa.
Nel caso mi fossi sbagliato chiedo scusa, ma il racconto lascia supporre che la partenza sia avvenuta ben 4 giorni dopo il primo decreto.