L’hydrofoil in carbonio vola letteralmente alle Olimpiadi di Tokyo e sembra l’enorme ala di un albatro, al timone del catamarano Nacra 17 c’è Ruggero Tita, davanti la prodiera Carolina Banti; un altro oro per l’Italia della vela si aggiunge. La vittoria ambita c’è, nonostante la sesta posizione del duo velico misto all’ultima tappa. Si è fatta attendere ventuno anni questa vincita speciale: l’oro alle Olimpiadi l’Italia della vela non lo vedeva dai tempi australiani dei giochi di Sydney nel fatidico anno 2000. Chi vince e chi no: il secondo posto va, quasi come agli Europei, ai britannici stavolta in composizione Regno Unito. Ma c’è prima l’Italia con 35 punti e in coda i teutonici che rischiano la squalifica pur toccando la medaglia di bronzo con 63 punti.
Ruggero Tita era già un enfant prodige, trentino, da ragazzetto padroneggiava l’Optimist sul lago di Garda come nessun’altro, una dozzina d’anni appena ed è subito convocato nel team della nazionale. Poi le regate sui mari del pianeta, l’esperienza con Luna Rossa, la partecipazione ai giochi olimpici di Rio. Ad aiutarlo, più grande di cinque, troviamo Carolina Banti, 34 anni, che apprende anche lei la vela in acque lacustri, ma molto più a sud in Hobie Cat sul lago di Bracciano. Il sacrificio è così come lo racconta Tita alla tv pubblica: «È stato un lavoro costruito in 5 anni. Siamo fieri di quanto abbiamo fatto. Un’emozione grandissima. Il campo di regata si adattava bene alle nostre capacità». E Carolina Banti concorda: «È stata premiata la nostra costanza , ci siamo trovati fin dall’inizio in barca. Il nostro punto di forza e che siamo super coordinati e sincronizzati. Ci sono stati anche momenti difficili ma abbiamo sempre dato il massimo».
Gli azzurri hanno avuto il controllo delle regate Nacra 17 su ampio raggio, ottenendo un primo posto nelle 12 prove di qualifica iniziali, l’ultima gara è stata soltanto questioni di dettagli, e il sesto posto è bastato per l’oro.
La grande altra vittoria è quella che fa cadere il pregiudizio, perché la vittoria oltre che mero orgoglio nazionale è la vittoria di un equipaggio misto. Finalmente l’agonismo unisce i due generi diversi dell’umanità, li coordina in team e ne pareggia le capacità atletiche per competere. È tanto: per esempio negli scacchi esiste un Campionato del mondo femminile e uno maschile, non si capisce però il motivo per cui i due generi non debbano affrontarsi. Il Nacra 17, progettato nel 2011 appositamente per l’equipaggio misto, ha visto l’aggiunta dell’hydrofoil soltanto nel 2020 in vista delle Olimpiadi di Tokyo, è un progetto Morelli & Melvin, che cercarono «un piano velico più potente», derive ricurve, per dare vita a un multiscafo lunghezza fuoritutto di circa diciassette piedi. La vela torna a fare sognare l’Italia con un oro meritatissimo alle Olimpiadi.
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