Parabordi? Dove li metto quando e in che modo? Domande banali eppure, proprio perchè non sempre ce le si pone, si rischia di causare danni allo scafo. I parabordi una volta messi, sembrano per molte barche una manovra fissa con nessuna possibilità di regolazione. Da qui a diventare quasi inutili ce ne vuole, ma qualche volta accade e sono dolori.
Intanto partiamo dalla domanda più semplice. La risposta lo è altrettanto. Sempre, ogni volta che accostiamo, occorre avere i parabordi pronti. Non in pozzetto o in un gavone, ma esposti ben prima di avvicinare una banchina o un posto barca, prima di entrare in porto se le condizioni del mare lo permettono altrimenti nelle acque più protette dell’approdo ma prendendoci il tempo necessario per prepararci.
Come? Partiamo dal nodo. Se il parlato è anche chiamato nodo del parabordo una ragione ci sarà. Si tratta infatti di un nodo semplice che funziona bene quando è in trazione quindi, in questo caso, sotto il peso del parabordo. Una volta eseguito lo si può “rinforzare” con una sicurezza, eseguendo un parlato ganciato oppure un mezzo collo.
Ma attenzione. I mari sono pieni di parabordi che galleggiano liberi e felici. La ragione sta prima di tutto in nodi sbagliati, ma anche nel fatto che quando ci si preparara si lavora lasciando penzolare il parabordo all’esterno. Se per comodità (in questo modo si prende la misura dell’altezza senza tentativi) e con estrema attenzione si può fare, viceversa quando si ritirano consigliamo di issarli sulla coperta e poi sciogliere il nodo.
E ora la domanda che richiede la risposta più articolata. Dove metterli? Intanto partiamo dall’idea che la parte da proteggere è quella più larga dello scafo. In una barca dalle linee più classiche dovremo metterli al centro, in una dalle linee più moderne con un baglio massimo arretrato saranno più spostati verso poppa.
Una volta protetta la parte più larga, sperando che la nostra dotazione non si limti a soli 4 parabordi, possiamo fissarne altri verso prua e verso poppa. Almeno uno però, e se siamo in equipaggio e con qualche parabordo in più anche due, li teniamo a disposizione in pozzetto durante le manovre di accosto o ormeggio per fissarli successivamente.
L’altezza standard, soprattutto se si entra in un posto con altre barche ai lati e sperando che gli ormeggiatori non ci stiano affiancando a uno yacht a motore di 30 metri dalle murate altissime, è quella che vede la testa del parabordo corrispondere con il bottazzo o la base della falchetta. Troppo bassi sarebbero inutili, troppo alti rischierebbero, anzia quasi certamente salterebbero verso l’alto alle prime compressioni che si generano con la risacca.
Ma se troppo alto, come si vede nella foto qui sotto, è veramente improbabile che capiti di doverlo mettere, basso o molto basso è invece molto frequente.
E questo accade sia che si entri in un ormeggio classico, perchè magari affianco abbiamo una barca più bassa, oppure, molto più frequentemente, quando accostiamo alla banchina del carburante o all’inglese in qualche porto.
In definitiva, avere i parabordi fissi e pensare che vadano sempre bene è la cosa più sbagliata. Se conosciamo in anticipo quale sia la situazione all’ormeggio, possiamo regolarli di conseguenza. Altrimenti li esponiamo ad una altezza standard e poi una volta presa visione dell’ormeggio li regoliamo velocemente.
Una accortezza. Per quanto possibile, cerchiamo di legare i parabordi ai candelieri o alle draglie in corrispondenza del loro passaggio nei candelieri. Certo non è sempre possibile, ma le draglie, con il tempo subiscono il peso del parabordo manifestando alla lunga una certa…rilassatezza.