Pesca al calamaro, tecnica trucchi ed astuzie di Maurizio Pastacaldi

Capitan Pastacaldi mostra soddisfatto un bel calamaro catturato al tramonto.

Per la gioia dei palati abbiamo voluto, con l’articolo precedente, suggerire a tutti i lettori come preparare una gustosa ricetta dove la materia prima è il calamaro “nostrale”… Noi amanti del mare e del mondo alieutico non possiamo certamente andare ad acquistarlo al super market.

Fin dalla notte dei tempi i calamari erano insidiati con la classica tecnica a “senna”. in poche parole si tratta di una lenza a mano di grosso diametro bobinata su tavolozze di sughero dove all’apice come esca c’è l’immancabile piombo rivestito armato con una corona d’arpette affilate. Da qualche anno a questa parte però, grazie anche a delle esche dal “Sol Levante”, la pesca di tale cefalopode è alla portata di tutti dove la tecnologia e l’inventiva “made in Japan” hanno preso il sopravvento sulla pratica e la tradizione mediterranea.

La pesca al calamaro  “In Pratica”

E’ bene chiarire che ogni fascia costiera del nostro paese ha una stagionalità e una propria realtà che deve essere scoperta per avere il risultato sperato sia con l’aiuto di un buon “fishfinder” sia da una discreta dose d’esperienza vissuta. In ogni caso possiamo però asserire che durante l’arco della giornata, i calamari prediligono stanziare nelle vicinanze del pesce foraggio come sugarelli, alose, boghe, su fondali attorno ai 40 metri; mentre durante l’alba o il tramonto merita insidiarli su fondali meno profondi attorno ai 20 metri.

La pesca al calamaro si pratica in deriva, con canna e mulinello e a seconda dello scarroccio, utilizzando un piombo terminale più o meno grande per scendere facilmente sul fondo; comunque compreso tra i 50 ei 150 grammi di peso. Anche il multifibra in bobina è una pedina fondamentale per il successo; grazie al minimo diametro e alla speciale trama si riesce facilmente sia a far scendere le esche sul fondale che ad avvertire, non avendo elasticità, le abboccate dei nostri amati cefalopodi.

Si raccomanda di dotare il mulinello solo di multifibra di primissima qualità nel diametro compreso tra i dieci ed i quindici centesimi di diametro. Il classico metodo per unire gli artificiali “Squid/oppai” alla lenza madre in fluorocarbon è con un’asola derivata da un nodo “dropper loop”. Ma questo sarà un approfondimento che faremo in un prossimo articolo.

Le esche “oppai”

Sono dei piccoli artificiali a forma di goccia, spesso realizzati in materiale soffice, ricoperti da una garza colorata dalla lunghezza di circa 7 centimetri; vanno montati in serie sulla lenza in modo di aver più opportunità di abboccata. Il nostro consiglio, per non rimanere spiazzati, è di mettere più colori… Oltre a montare da soli il suddetto calamento, sugli scaffali esistono “Kit pesca” pronti all’uso in modo per chi non ha tempo o voglia ha subito lo ha portata di mano.

All’ancora si pesca il calamaro

Dopo queste belle parole di pura tecnica è bene sapere che questo simpatico cefalopode gioia e delizia dei nostri palati vive a stretto contatto di chi frequenta la rada…

Diportisti ed in particolare velisti amano vivere il mare e mettersi alla fonda per trascorrere serate a godersi la pace e la serenità lontano dai luoghi comuni. Non si sa per come non si sa per cosa ma le luci, i rumori e quel che sia fanno si che la catena alimentare inizi a popolare attorno alle nostre imbarcazioni ed anche i calamari sono in questa comunità.

Il nostro consiglio, quando siamo alla fonda, per chi non è assatanato di pesca del cefalopode è quello di mettere un paio di canne schierate (canne semplici da bolentino ad azione ripartita con vetta sensibile) utilizzando il calamento di “oppai” e lasciarle in pesca nel periodo compreso tra il tramonto e l’alba su un fondale di almeno una dozzina di metri di profondità.

 

Il dettaglio dei cromatofori di un calamaro.

Ognuno a bordo deve continuare la classica vita ed ogni tanto dare un occhio alla vetta della canna .. La sensibilità di quest’ultima sarà il campanello d’allarme delle abboccate. Il leggero moto ondoso amina le esche rendendole micidiali per tutti i cefalopodi della costa come polpi, seppie e calamari.. Le zone e la stagionalità giocano un ruolo fondamentale; i mesi autunnali sono i più proficui ma due cannette schierate non precludono certamente la vita di bordo quindi … buon calamaro a tutti!!

Il calamaro in pillole

Vive in profondità tra i 20 e 250 metri e di notte sale in superficie in cerca di cibo. Ha il corpo fusiforme ed allungato con ai lati due ampie pinne rettangolari. Le sue dimensioni sono comunemente comprese tra i 15 e i 25 centimetri, ma spesso si possono trovare “big” esemplari che possono raggiungere fino 60 centimetri di lunghezza. Il calamaro è munito di 10 tentacoli provvisti di 4 o più serie di ventose disuguali. Si nutre per lo più di pesci, molluschi e piccoli crostacei.

Ultima precisazione, in diverse zone d’Italia il calamaro viene erroneamente chiamato totano; questa diatriba ha confuso il popolo alieutico, ma basti ricordare che il totano a differenza del calamaro, oltre ad avere per il palato dei pescatori caratteristiche organolettiche meno pregiate, ha un corpo più allungato, con una pelle fluorescente scura, tentacoli e pinne laterali differenti, una superiore mole, con esemplari record da oltre 30 chilogrammi di peso. Viene pescato solitamente in profondità abissali.

 

Il tramonto momento topico per le catture.

 

 

 

Maurizio Pastacaldi

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