Pesca sostenibile: secondo una ricerca, il mare tornerà in salute fra 30 anni, a patto che…
Nella prima metà di questo 2020 che si è appena concluso, quando mezzo mondo è stato rinchiuso in casa per l’emergenza pandemica, la natura si è in parte riappropriata del suo posto centrale sulla Terra. Per il mare, invece, il discorso si fa più lungo e complesso, tanto che ci vorranno trent’anni prima che le acque del mondo tornino al loro antico splendore.
Lo sostiene il Marine Stewardship Council che, nella ricerca Rebuilding Marin Life, pubblicata sulla rivista Nature e ripresa da The Guardian, rivela che gli oceani saranno nuovamente in salute nel 2050. Ma perché ciò avvenga è necessario modificare l’attività ittica.
Dopo vari studi condotti sullo stato di conservazione dell’habitat marino, un team di scienziati guidati dal professor Carlos M. Duarte della King Abdullah University of Science and Technology in Arabia Saudita, hanno asserito che l’ecosistema degli oceani potrà tornare in salute se verranno attuate adeguate misure contro il cambiamento climatico, inquinamento e la pesca eccessiva, sottolineando l’assoluta importanza che detiene un approvvigionamento ittico sostenibile.
Contro una pratica smodata dell’attività ittica
La pratica smodata dell’attività di pesca è tra le problematiche più gravi che minano la salute degli oceani e la correzione di questo comportamento irresponsabile da parte dell’uomo rientra tra gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, da raggiungere entro il 2030.
La soluzione è quella proposta dal Marine Stewardship Council, organizzazione internazionale non profit responsabile del più importante programma globale di certificazione di sostenibilità ittica, che premia le pratiche di pesca sostenibili e incentiva le aziende e i retailers ad approvvigionarsi attraverso la pesca sostenibile.
Il programma di certificazione MSC si basa su tre principi fondamentali:
Stock ittici sostenibili – La pesca deve lasciare in mare abbastanza risorse per far sì che lo stock possa riprodursi e l’attività di pesca possa così proseguire nel tempo.
Riduzione al minimo dell’impatto ambientale – La pesca dev’essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto, consentendo a piante e animali marini di prosperare.
Efficace gestione della pesca – La pesca dev’essere gestita dalle aziende in modo responsabile e nel rispetto delle leggi vigenti.
Per ottenere la certificazione, le aziende di pesca nominano un ente accreditato, indipendente ed esterno, che valuta la loro attività in relazione agli standard MSC. L’iter prevede una pre-valutazione, una valutazione completa e un controllo annuale.
In sede di valutazione, l’ente utilizza i requisiti di certificazione MSC, che definiscono il processo e la metodologia per certificare l’azienda di pesca. Questi requisiti assicurano che lo standard sia applicato in modo paritario alle attività di pesca in tutto il mondo, indipendentemente dalle specie, dal metodo di pesca, dall’ambiente e dalle dimensioni.
Pesca sostenibile e impatto sul mercato
La salute degli oceani, sempre secondo l’indagine MSC, ha una grandissima rilevanza anche di carattere economico.
Ricostituire gli stock ittici su scala globale, infatti, aumenterebbe del 15% la resa della pesca, che si tradurrà in 53 miliardi di dollari di profitti per l’industria globale ittica.
“Pescare responsabilmente, riducendo l’impatto e tutelando gli ecosistemi, è la chiave necessaria per raggiungere tali obiettivi“, ha spiegato Ilaria Vielmini, Fishery, manager di MSC Italia.
“Abbiamo osservato un trend positivo per quelle risorse ittiche la cui pesca è gestita in modo responsabile – ha sottolineato Ilaria Vielmini – È evidente che le attività di pesca, che hanno efficaci strategie di cattura e stock monitorati scientificamente, hanno una miglior prospettiva di recupero”. La strada è quella giusta, ma da qui al 2050 è ancora lunga.