Il pesce serra ha sempre gradito temperature miti, vede come suo focolaio di diffusione i mari meridionali, dove da sempre è preda gradita e oggetto di moltissime tecniche di pesca.
Ormai da anni è un predatore presente in maniera massiccia in tutte le acque italiane, quindi, cerchiamo insieme di scoprirne il perché dell’espandersi del suo areale e quali sono i trucchi per insidiarlo a traina.
Solo in rari casi, infatti, il pesce serra ha visto un’analisi oggettiva dei fattori che hanno fatto di lui uno dei più grandi protagonisti, in positivo e in negativo, di molte storie di mare del nuovo millennio che avanza.
Personalmente, ebbi i primi contatti con questo pesce trenta anni fa, quando pescando nelle acque dell’isola di Lampedusa, più volte cercando di portare a guadino qualche bella cattura tra spigole e occhiate, improvvisamente qualcosa di veramente prepotente e velocissimo aveva la capacità, in qualche frazione di secondo, di strapparmi quasi la bolognese dalle mani e portarsi via in un baleno pesce e finale lasciandomi esterrefatto e…a bocca asciutta.
Provai stupore misto a incredulità qualche ora dopo quando, cercando di recuperare un cefalo di circa 4 etti, ancora una volta apparve una grossa schiena di un predatore e mi venne strappato il pesce a qualche metro dalla scogliera dove pescavo.
Lo stupore vero lo provai nel momento in cui, cercando di recuperare la lenza ancora in acqua, qualcosa di misterioso fece gravare il suo peso sulla vetta della mia canna.
Mi accorsi, infatti, che ciò che era rimasto attaccato all’amo era la testa e qualche cm del corpo del cefalo, il quale era stato letteralmente tagliato a metà in un decimo di secondo da quella furia come con un colpo di macete.
Conoscendo bene l’effetto sulle loro prede delle dentature di altri predatori come ricciole, lecce e spigole capii subito che non si trattava di niente di ciò, ma piuttosto di un predatore biologicamente legato a quelle calde acque del sud del Mediterraneo.
Il giorno dopo, con una rapida indagine tra i pescatori professionisti del luogo, seppi che si trattava di un pesce di cui tanto avevo letto e sentito parlare in mitiche storie di pesca alle Azzorre e nelle splendide coste delle isole di Capo Verde: il pesce serra!
Da quella lontana avventura all’isola di Lampedusa, l’iniziale curiosità per questa preda è diventato un vero interesse e ho girato moltissimi posti alla ricerca di questi grandi e combattivi predatori.
La presenza di questi pesci, infatti, si faceva sempre più massiccia nei periodi estivi o in zone dove durante l’anno, per fattori antropici, la presenza di acque più calde era possibile (basti pensare ai moltissimi porti dove il più scarso rimescolamento delle acque rispetto al mare aperto fa sì che la temperatura media durante l’anno sia più alta).
La grande regolarità nel ritornare puntualmente in alcuni periodi dell’anno e in determinate zone, fece pensare inizialmente che non si sarebbero catturati nel futuro pesci serra in altri periodi e in altre luoghi.
Queste erano località di caccia dove, in condizioni di mare particolari o in orari ben stabiliti del giorno o della notte, i grossi branchi di serra arrivavano per le loro scorribande facendo letteralmente impazzire tutti i pesci preda che, disgraziatamente per loro, gli passavano davanti.Ovviamente questi spot erano sempre posti ad alta disponibilità alimentare, zone quindi dove la presenza di molti cefali, aguglie, occhiate e salpe (tanto per dirne alcuni) già attraevano altri grandi predatori quali spigole, lecce e barracuda con cui il serra entrava spesso in competizione alimentare. In particolare il barracuda, contemporaneamente ai serra, cominciava a fare il suo ingresso nel panorama della pesca sportiva nelle zone più settentrionali del mediterraneo e non di rado, utilizzando le stesse esche, battute di pesca mirate al serra vedevano nel carniere qualcuno di questi esemplari.
L’effetto “tropicalizzazione ” del Mediterraneo, che vede un progressivo riscaldamento delle acque, ha tra le sue cause tanti fattori biologici e sicuramente anche dei fattori antropici, effetto serra in primis. Infatti, l’uomo con le sue molte attività (gas delle automobili per esempio) immette nell’atmosfera molti gas, appunto detti “serra”, i quali assorbono molto di più i raggi solari rispetto ai normali gas disciolti in essa. Questo ha causato in parte un innalzamento medio della temperatura del globo e, di conseguenza, un innalzamento della temperatura di molti mari tra cui il Mediterraneo.
Bisogna ricordare comunque che non sono solo questi fattori che comportano un cambiamento del clima, infatti il pianeta Terra non ha mai smesso di modificarsi e di evolvere verso altre situazioni climatiche. Se si pensa che nei millenni il nostro pianeta ha visto cambiamenti molto più che drastici, temperature a volte altissime ed ere glaciali in cui i mari erano completamente ghiacciati, non può certo sconvolgere qualche grado di aumento della temperatura del Mediterraneo!
Nei milioni di anni che ci hanno preceduto tutti i sistemi ecologici, e di conseguenza gli esseri viventi, hanno dovuto in maniera più o meno graduale adattarsi ai cambiamenti del clima e alle sue conseguenze.
E’ su questo che a volte bisognerebbe riflettere, non dimenticando che facciamo parte anche noi di un sistema ecologico in continua trasformazione e che spesso anche la pesca, che è parte integrante della nostra vita, dovrebbe adattarsi ai cambiamenti che il pianeta ci propone.
Quindi perché non imparare nuove tecniche e cercare nuovi stimoli in questa “nuova” preda che il pesce serra rappresenta? Non dimentichiamo che, anche se in alcuni giorni è la causa della sparizione di prede pregiate che noi cerchiamo, i combattimenti con il pesce serra in canna spesso lasciano di stucco molti pescatori veterani delle pesche tradizionali. Esso, infatti, durante il combattimento è in grado in pochi attimi di sprigionare una forza inaspettata che si esprime in lunghe fughe e salti spettacolari che si presentano ad ogni strike.
La tecnica che in assoluto dà i migliori risultati è la traina con il vivo.
Questa è una pesca sicuramente tanto affascinante quanto impegnativa; basti pensare che per iniziare la nostra battuta e ottenere un numero sufficiente di pesci esca spesso ci dobbiamo cimentare in pesche molto leggere per portare nella vasca del vivo un po’ di cefali, occhiate o aguglie che siano.
Sicuramente parlare di tecniche e di finali per la pesca del pesce serra con il vivo non è compito facile e spesso va fatto dopo aver ben conosciuto le zone e le abitudini dei pesci in loco, comunque, nel corso di futuri servizi, cercheremo di dare delle valide indicazioni per avere la meglio su questo pesce tanto bello.
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