Per prendere una mano di terzaroli ci si porta in andatura di bolina. Un dogma, una verità assoluta stampata a fuoco su tutti i manuali di vela.
Eppure, nella pratica, situazioni in cui non si possa, oppure non si voglia orzare per prendere la bolina, se ne verificano spesso. Come fare quindi? Partiamo dall’infrangere il tabù: prendere i terzaroli in poppa si può fare. Ce lo dice l’esperienza vissuta in mare e il conforto di marinai esperti che ci raccontano come, su barche e in condizioni diverse, riducono randa rimanendo su andature portanti.
Ma come per la manovra classica, che nei prossimi giorni torneremo a trattare sul nostro Magazine, anche in questa variante vale sempre il principio di anticipare il più possibile la manovra. Prendere i terzaroli, comunque lo si faccia, quando vento e mare sono ormai di burrasca, è molto più complicato e faticoso di quanto non lo sia quando, come si usa dire, per la prima volta ci si domanda: “Ma non sarà il caso di prendere una mano?”. Se questo dubbio si affaccia, è il momento giusto per agire.
Se siamo di poppa, quando le sensazioni fisiche sono più attenuate rispetto a quando si risale il vento, occorre prestare molta più attenzione per non farsi sorprendere da un rinforzo osservando soprattutto come si trasforma lo stato del mare e i dati degli strumenti.
“Orzare e mettermi di bolina? Ma non ci penso nemmeno”. Omero Moretti, decine di migliaia di miglia in Mediterraneo e oceano con oltre 30 traversate atlantiche alle spalle, sembra quasi sorpreso della domanda. “Quando navigo in poppa in oceano – ci dice – ho due ritenute sul boma. Dovrei toglierle, cambiare andatura, mettermi a saltare sulle onde stressando equipaggio e barca. Ma perchè? Per ridurre non uso nessuna tecnica particolare. Freya, la mia barca, è un Sun Odyssey 51, piuttosto classica, con le crocette quasi per nulla acquartierate. Quindi quando devo ridurre lasco la randa fino ad appoggiare sulle crocette che ho ricoperto con sezioni di tubi di plastica, lasco drizza e tiro sulle borose. Non ho il circuito diretto quindi la trazione è sulla balumina ma la randa scende. A volte vado all’albero e aggancio il mezzo marinaio al carrello più alto e poi tiro usando un anello che ho fatto con una cima passata in un foro del terminale del mezzomarinaio”.
Se è vero che Omero tende per carattere a rendere tutto semplice, è anche vero che dietro a questa manovra ci sono alcune specifiche tecniche e alcune accortezze: crocette quasi ortogonali, protezioni realizzate con tubolari che impediscono alla randa di bloccarsi, carrelli invece di canestrelli. “E’ vero, ora con i carrelli sono un signore – conferma il navigatore – ma anche con i canestrelli facevo la stessa cosa”.
Il problema dell’orientamento delle crocette è il punto critico per Pasquale De Gregorio, navigatore solitario che di prese di terzaroli ne ha fatte in tutte le condizioni e a tutte le latitudini: “Sulle barche moderne, con crocette molto angolate, tenersi in poppa non è una buona idea, rischi di incastrare le stecche e spaccare qualcosa. Io quando devo ridurre, lo facevo anche su Wind (la barca con cui ha fatto il giro del mondo in solitaria, ndr), orzo un po’ portandomi al lasco e poi inizio la manovra sfruttando anche i movimenti della barca, con la randa che pompa e a fasi alterne è più scarica e soprattutto più lontana dal sartiame. Certo non è una manovra che riesco a fare in 2 minuti, ci vuole un po’ di tempo, ma in oceano ad esempio era spesso obbligata perché non potevo nemmeno orzare fino alla bolina con il vento e il mare che mi ritrovavo di poppa. Questa manovra la facevo sino a 35 – 40 nodi di vento. Oltre questa velocità ammainavo la randa direttamente”.
“Come sarebbe a dire se prendo i terzaroli in poppa. Certo, mica posso tornare indietro e mettermi di bolina o fermare la barca per ridurre”.
Per Andrea Mura, che la vela la concepisce in modo decisamente più agonistico rispetto a Moretti e De Gregorio, quella di fare una riduzione in andature portanti è una necessità dettata dall’istinto del regatante: non fare mai nulla che rallenti se non obbligati da questioni legate alla sicurezza.
“Posto che le condizioni del mare mi permettano di orzare fino alla bolina – ci racconta – per me si tratta di una gran perdita di tempo. Bisogna però che l’inferitura della randa sia in perfette condizioni. Io mantengo i carrelli costantemente lubrificati con spray al teflon o vaselina. Inoltre ho predisposto dei “tira mure”, delle cime armate sui diversi punti di mura che lavorano come dei cunningham e su cui posso esercitare una grande trazione per far scendere l’inferitura. Le borose sono separate, qundi lavoro mollando drizza, poi cazzando i tira mure sull’inferitura, poi le borose, poi ancora sull’inferitura. Magari ci metto 15 minuti ma la manovra la faccio così.”
Insomma i terzaroli in poppa si prendono. Ma anche questa non è una manovra che si improvvisa a prescindere dal tipo di barca e di situazione concreta. Ce lo hanno detto tre grandi navigatori in modo diverso. Proteggere le crocette, mantenere lubrificati i carrelli, se necessario orzare fino al lasco, predisporre cunningham o semplici mezzi marinai. Ognuno ha trovato la sua soluzione.
Una cosa che tutti sconsigliano, con espressioni più o meno colorite, cui ci associamo, è quella di cercare di cazzare la randa al centro e tenere il fil di ruota. Se il vento è forte il rischio che si parta in straorza e si sdrai la barca è molto concreto. Se il vento è molto leggero…sicuramente riusciamo a cazzare la randa in centro ma è altrettanto certo che non abbiamo bisogno di prendere terzaroli.