Le acque, durante tutti e due i transiti, sono agitate e le onde prodotte dai motori, dai motorini e dai motoroni s’incrociano con la corrente di marea in entrata oppure in uscita dalla laguna, mettendo talvolta in difficoltà soprattutto i più piccoli natanti.
È la celebrazione dell’estate e i marinai nostrani, se non poeti e santi, affatto navigatori solcano il mare rigorosamente dalla metà di giugno a fine agosto e si astengono prudentemente non solo tutto l’inverno, ma in primavera e in autunno.
Dove si sono appostati i temuti tutori che tutti paventiamo? I loro scafi blu e grigi ci terrorizzano allorché ci appelliamo alla nostra confusa memoria e ripassiamo l’interminabile lista di ciò che gli ultimissimi decreti hanno stabilito che dobbiamo avere a bordo. Ci mancherà certamente qualche cosa e, se anche così non fosse, ciò che potrà esser interpretato da uno sarà diversamente applicato dall’altro.
Eppure alzare inutilmente un’onda di due metri davanti a un natante di soli quattro metri non è reato, anche se per me è sicuramente un sacrilegio.
Questa ostentata prepotenza può accadere anche a molte miglia dalla costa quando gli inesorabili piloti automatici, che sanno tracciare la rotta perfetta di una traversata da un porto a un altro, prevalgono sugli incapaci armatori che si compiacciono di sfiorare la piccola vela che lotta con le “bave perse” mentre lei è capace di avanzare solamente con la propulsione del vento.
Ecco emergere proprio da questi incontri le profonde radici che alimentano l’atavica insofferenza dei velisti verso i motoscafisti, anche se debbo onestamente confessare che ho assistito a qualche episodio, raro in verità, di ineccepibile etichetta nautica, in cui, sebbene lontani dalla costa, l’attento pilota interrompeva la planata e rispettava, passando rigorosamente a poppa, la fragile rotta di un velista.
All’inverso però non mi è mancato di veder tagliare a tutta manetta il campo di una regata quando il vento sfiorava appena i cinque nodi e, ancor oggi, non mi vergogno affatto di aver sfoggiato la mia ampia conoscenza di tante parolacce e la capacità di riuscire così velocemente a concatenarle.
Purtroppo le nostre abitudini nautiche sono così limitate nel tempo che ci perdiamo gran parte dell’anno nel restare all’ormeggio, se non addirittura in secco sull’invaso, e aspettiamo i grandi caldi per uscire tutti assieme, in massa. Ricordo che Piero Ottone ci narrava che i popoli nordici gioirebbero dei nostri inverni per intraprendere ben più facili navigazioni di quelle che abitualmente affrontano con qualsiasi tempo.
Eppure quasi tutti noi (onestamente mi ci metto anch’io), abbiamo scelto, tra le migliori marche d’importazione, le migliori cerate idonee alla navigazione d’altura, abbiamo acquistato libri e manuali che c’insegnano a navigare con il cattivo tempo, di notte e in ogni circostanza, anche la più sfigata.
I nostri stivali di gomma sono calibrati per le peggiori bufere, i cappellini e i berretti di pura lana idrorepellente che ci siamo comprati nella boutique della darsena ci preserveranno anche dalle gelate artiche. Ma d’inverno … andiamo a sciare o a vedere la partita, finché non scoppia nuovamente la prossima grande estate e allora sì che usciamo tutti … in processione. Buon vento.
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